Miami – Mauro Micheli e Sergio Beretta, fondatori di Officina Italiana Design, sono partiti a fine gennaio per gli USA dove rimarranno a lavorare presso gli uffici del Gruppo Ferretti fino a maggio. Con loro, due designer del team, Laura Avogadri e Andrea Catucci, new entry dello studio che da oltre 25 anni porta avanti lo stile della tradizione Riva. A Miami per una pausa dalla quotidianità, per ricercare nuovi stimoli e nuove idee. OID dal 1994 è legata al marchio dei celebri cantieri Riva che, proseguendo nel solco della secolare tradizione, continua a creare stilemi di design e a fare di queste imbarcazioni un sinonimo di eleganza, status e perfezione: un vero ambasciatore del Made in Italy nel mondo. 10 domande per capire cosa significa trasferirsi e lavorare “fuori porta”.
Da quanti anni e perché vi trasferite a Miami?
SB: Per noi significa in primis vedere cose nuove e aprire la mente, perché c’è un clima internazionale, con clienti importati americani e non. È anche una maniera per stare vicino a un mercato diverso da quello europeo. Gli americani sono molto più pratici, per loro la barca non è un oggetto di show off, la usano per divertirsi e come mezzo di trasporto. Negli Hamptons, dove c’è molta ricchezza, un Riva trova la sua perfetta collocazione. E poi ammettiamolo: il trasferimento è anche un modo per rigenerarsi con la piacevolezza del clima. Il sole e il mare ci danno molta carica ed energia.
Perché uno studio italiano, patria del design che tutti invidiano, sente la necessità di andare in USA e trovare stimoli?
M.M. In Italia siamo circondati dalla bellezza, persino il più piccolo paesino ha un chiesa dove trovare opere d’arte magnifiche: un quadro del Correggio o di Piero della Francesca. Tutte queste cose meravigliose, sembra assurdo, ma in un certo senso “appesantiscono il cervello”… A Miami tutto questo non c’è, c’è sole e c’è il mare. Si è più disposti a liberare la mente, anche dalla bellezza, per ricrearla ex-novo.
Anche a Miami e in altre città statunitensi però vi sono musei e mostre di cui voi siete assidui frequentatori….
M.M. Vero. A Miami c’è tanta arte contemporanea… e questo è super-stimolante per noi. Nel nostro approccio creativo, l’arte (classica e contemporanea) ha sempre un ruolo primario, da essa riceviamo impulsi importanti in fatto di equilibri. Nei nostri periodi di permanenza negli USA visitiamo sempre mostre e collezioni; in questo periodo stiamo seguendo per esempio Tony Lewis, Shahryar Nashat, Nairy Baghramian e Alicia Kwade.
In quanti andate del team e perché?
M.M. Siamo convinti che passare un periodo a Miami faccia bene a tutti e quindi apriamo la possibilità a tutti i designer dello studio. Non è un obbligo deve essere un piacere, foriero di esperienze. Quest’anno oltre a noi due si sono uniti Laura Avogadri, che ci segue dall’inizio dell’avventura americana (siamo al sesto anno) e con la quale c’è un’ottima intesa, e Andrea Catucci. Andrea si è unito al nostro team l’anno scorso. Una figura di riferimento importante che mi affianca con un confronto quotidiano; è molto competente a livello progettuale. È approdato nella nautica nel 2003, lavorando per importanti cantieri italiani; in studio mi dà un supporto completo..
Casualmente vi trasferite proprio quando inizia Miami Boat show. Che cosa rappresenta per voi questo salone?
S.B. Un bel momento di confronto e di stimolo che arricchisce la permanenza negli Stati Uniti.
Gli ultimi successi Riva da voi disegnati sono nati anche grazie a questi impulsi positivi?
S.B. Certo, il nuovo Riva 130 annunciato in conferenza stampa al salone di Miami è nato proprio qui, come primi schizzi e prime idee. È uno yacht realizzato nel solco della tradizione Riva, e anche se è un 40 metri, gli stilemi sono gli stessi; è in linea con una serie di yacht di cui fanno parte 90’ Argo, 100’ Corsaro e 110’ Dolcevita.
A livello di design cosa vi stimola di più qui a Miami?
M.M. L’arte sicuramente, il design in generale, ma anche le auto. Noi che disegniamo barche guardiamo molto al car design. Qui in America ci sono automobili tutto sommato molto anonime, con tratti e segni che un designer europeo non userebbe mai. Ma anche questo è uno stimolo e da linee discutibili possono nascere nuove idee.
Il 50 metri Race è una creatura concepita in Italia o negli USA?
M.M. Riva 50 metri è super-concepita in Italia. È una barca che avevo nelle corde io e l’ho sottoposta al Comitato di progetto Ferretti. Volevo fare qualcosa di diverso, semplificare le forme al massimo per differenziarla dal trend odierno. Non è una barca facile: è nata per staccarsi dal coro, da quello che fanno gli altri cantieri, è una vera e propria navetta. Bello sapere che la seconda unità è già stata venduta…
Beh le linee sono state apprezzate da tutti, è stata premiata anche ai recenti Boat International Design & Innovation Awards 2020 in Cortina D’Ampezzo nella categoria “Outstanding Exterior Motor Yacht”.
S.B. L’abbiamo saputo appena atterrati a Miami. La notizia ci ha riempiti di orgoglio. Crediamo che Race sia uno yacht realmente elegante, con tanti dettagli sottolineati dai migliori materiali e dalla migliore qualità costruttiva. È uno yacht con personalità. Uno yacht per connaisseur.
Progetti per il futuro?
M.M. È stato appena annunciato uno yacht di quasi 90 piedi, Folgore, che va a sostituire il Domino, una barca uscita nel 2009 in piena crisi finanziaria globale eppur di grande successo; Folgore parte da lì e possiede una moltitudine di valori aggiunti. La vedrete presto… Arriveranno anche altri nuovi progetti, di cui ancora non possiamo parlare. Però possiamo dirvi cosa ci ha richiesto di recente l’avv. Alberto Galassi: “Provate a fare una barca curiosa”. Ovviamente è da intendere nella sua accezione positiva, ossia una barca fuori dagli schemi Riva… Beh ci stiamo provando … In fondo è un nuovo stimolo, una cosa divertente. Quando l’avremo pronta, gliela faremo vedere. Chissà, magari sarà prodotta e potremo dire che sarà nata proprio qui a Miami!