Transat Café L’OR: un momento per riprendere fiato e riflettere

14/11/2025 - 10:07 in Sport by Francesca Clapcich

Credo di iniziare solo ora a rendermi conto di ciò che Will ed io abbiamo ottenuto. È ancora tutto molto recente, ma quando mi fermo un attimo a riflettere, qui in Martinica, pochi giorni dopo aver tagliato il traguardo, comincio a comprenderlo davvero.

Gli ultimi mesi sono stati frenetici a dir poco. L'altro giorno una persona mi ha detto: “ Non ti sei davvero fermata un attimo quest'anno”, e io ho riso, perché è vero. Tra la Course des Caps, The Ocean Race Europe e ora la Transat Café L'OR, è stato un continuo susseguirsi di eventi. E questo senza contare l'Ocean Fifty Grand Prix con UpWind by MerConcept all'inizio dell'anno, che sembra ormai lontanissimo! Quindi sì, penso di aver bisogno di un po' di tempo per fermarmi, prendere fiato e assaporare appieno tutto quello che è successo.

Una campagna a doppia velocità

È difficile credere che sia passato meno di un anno da quando questo progetto è iniziato davvero. A febbraio abbiamo firmato un accordo di sponsorizzazione con 11th Hour Racing con l'obiettivo di partecipare al Vendée Globe, e da quel momento tutto ha iniziato a correre veloce.

Da quel momento in poi, si sono susseguiti una serie di traguardi importanti: il pagamento del primo acconto per la barca, la regata con Team Malizia, il trasferimento a Le Havre e poi l'acquisto vero e proprio, mentre eravamo in navigazione per la partenza della prima regata. Ogni passo è stato vissuto come un grande salto in avanti.

È stata un'esperienza intensa, ma tutti i membri del team hanno lavorato tanto, mettendoci non solo tempo e impegno, ma anche cuore ed emozioni. Quando sono in mare, lo percepisco: mi sembra di navigare per tutti loro. Non si tratta solo di me. Si tratta di rendere onore a tutte le persone che hanno dedicato ore extra, che hanno fatto uno sforzo in più per rendere possibile questa campagna. Per me è una grande motivazione e, onestamente, un autentico privilegio.

Oltre la linea

Tagliare il traguardo in Martinica è stato... diverso. Per undici giorni e mezzo, Will ed io abbiamo cercato di mantenere le cose semplici. Eravamo così concentrati che non c'era tempo né spazio per le emozioni forti, ma solo per pensare: “Ok, sta andando bene, ma abbiamo ancora 800 miglia da percorrere, poi altre 500 miglia... e ancora così”.

Non ci siamo mai soffermati a pensare: “Sta succedendo davvero”. Anche quando abbiamo conquistato il secondo posto, abbiamo pensato solo: “Continuiamo a regatare”.

Poi, poche ore prima dell'arrivo, c'è stato un forte salto di vento e improvvisamente la tensione è tornata: MACIF ha strambato e noi abbiamo pensato: “Ok, e adesso cosa succede?”. Poi il salto di vento è ritornato a nostro favore. È stata la prima volta che ho capito che era tutto vero. A quel punto, sarebbe dovuto succedere qualcosa di grave per cambiare il risultato.

Quando abbiamo superato la boa vicino al traguardo, è stato allora che finalmente mi sono concessa di provare quella sensazione: sta succedendo davvero. Felicità, sollievo, incredulità, tutto si è mischiato. Vedere il team sui gommoni, sentire le urla di gioia... è stato emozionante. Poi ho visto Lorraine McKenna, la direttrice delle sponsorizzazioni di 11th Hour Racing, che non sapevo nemmeno sarebbe venuta, che mi ha detto: “Non me lo sarei perso per nulla al mondo”.

Quel momento ha significato tantissimo. All'improvviso ti rendi conto di quante persone ti sono vicine, anche se non le vedi tutti i giorni.

Lasciare un segno

Alcune persone mi hanno detto: “Prima di questa regata non conoscevo Francesca, ma ora certamente la conosco”. La cosa mi fa sorridere. Non so se ho lasciato il segno, ma spero che questa regata abbia mostrato qualcosa alle persone.

Sono sempre stata piuttosto modesta, non mi piace dire: “Guardatemi, sono la migliore”. Ma ho fatto tanto in questo sport: due Olimpiadi, un titolo mondiale, un titolo europeo, The Ocean Race e ora un podio in IMOCA. Ho 37 anni, non sono così vecchia, ma ho un background piuttosto ampio.

Quindi, quando la gente dice che prima non mi conosceva, penso che sia solo perché non guardava al di là della propria piccola cerchia. Ci sono così tanti atleti incredibili che fanno cose straordinarie: solo perché non fanno parte della tua area ristretta non significa che non siano là, a dare il meglio di sé.

Semmai, spero che questa campagna contribuisca a mostrare agli altri velisti, specialmente a quelli che ancora frequentano le classi olimpiche, che ci sono altre strade da percorrere anche dopo quel capitolo. La vela d'altura, l'IMOCA, i multiscafi: sono mondi in cui l'esperienza, la disciplina e la passione possono portarti lontano.

E ora?

Per ora mi godrò ancora qualche giorno ai Caraibi: non è il posto peggiore per riprendersi a novembre! Poi tornerò a casa per vedere mia figlia, che si sta preparando per la stagione sciistica. Mi sta aspettando per andare insieme sulle piste e le ho promesso un grande orsacchiotto che ho preso a Le Havre.

Non vedo l'ora, di essere di nuovo solo “mamma”, di ricaricare un po' le batterie. Lei è una piccola sfera di energia che riempie la stanza di amore e caos, ed è proprio quello di cui ho bisogno in questo momento.

Dopodiché sarà il momento di ritrovarsi con il team, fare il punto della situazione e iniziare a pianificare l'inverno: cosa vogliamo migliorare, cosa vogliamo sviluppare sulla barca. Ci aspetta molto lavoro e non vedo l'ora di continuare a costruire, partendo da qui.

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