C’era una volta l’America’s Cup degli intrighi e delle spie dove tutto era permesso pur di conoscere i segreti della barca avversaria. Il caso più eclatante rimane il tentativo di fotografare la chiglia con le “ali” di Australia II nel 1983, ma la storia della Coppa è piena di episodi più o meno noti di spionaggio. Elicotteri, sub, gommoni, telescopi, minisottomarini: qualsiasi mezzo andava bene per scoprire le novità adottate dagli altri team. Il primo passo verso l’eliminazione della segretezza fu l’abbandono dell’Unveiling, l’attesissima giornata alla vigilia delle regate, in cui le imbarcazioni si mostravano per la prima volta senza veli (anche se quel punto era troppo tardi per copiare soluzioni strutturali).
Oggi il progetto trasparenza raggiunge il suo apice con il programma Recon, introdotto per la 37^ edizione dal Defender Emirates Team New Zealand per far sì che i team partecipanti condividano tutti le stesse informazioni sugli sviluppi delle imbarcazioni e che siano anche monitorati rispetto alle giornate effettive di navigazione.
Come funziona ce lo spiega Matteo Plazzi, Rules Advisor e responsabile Recon per Luna Rossa Prada Pirelli, insieme a Ivo Rovira e a Michele Melis, le due spie ufficiali del team.
«Il programma Recon», dice Plazzi, «fa sì che quelle informazioni che un tempo venivano rubate dai singoli team, vengano oggi raccolte all’interno del team stesso e condivise su una piattaforma - accessibile a tutti i partecipanti alla Coppa America (e a selezionati media) - su cui vengono caricati report tecnici, foto e video riguardanti gli sviluppi delle barche. Il regolamento prevede un Panel (Recon Management Panel), costituito da un rappresentante per ogni sindacato di Coppa, che gestisce e coordina il programma, scegliendo contemporaneamente le spie».
Ad ogni team, infatti, vengono assegnate due persone, un fotografo e un boat driver, che seguono tutte le giornate di allenamento, fanno dei report dettagliati con video e foto e poi mettono questo materiale a disposizione degli altri. «I team», prosegue Plazzi, «non possono uscire in mare o effettuare cambiamenti radicali all’imbarcazione senza avvisare i Recon; questo significa che dobbiamo condividere con loro tutto il nostro programma velico, ma non tutte le informazioni».
Esistono, infatti, dei limiti ben precisi che le spie devono rispettare e regole alle quali sono obbligate ad attenersi, «sia per motivi di sicurezza, sia per garantire uniformità nelle informazioni condivise».
Uno dei momenti più “delicati” dal punto di vista della segretezza è quello del “rollout”, quando la barca esce dall’hangar (ovviamente off-limit per le spie) e viene preparata per la messa in acqua. I Recon assistono, fotografano e filmano quest’operazione, ma rigorosamente all’interno dei “Recon square”, due rettangoli disegnati per terra che si trovano a 25 metri dal punto di posizionamento dell’albero. Inoltre, per essere immediatamente riconoscibili, indossano dei gilet con la scritta Recon ben impressa sulla schiena.
Una volta che la barca è in mare, le spie s’imbarcano su un gommone (fornito dal team) e la seguono. Riprendere imbarcazioni potenti e veloci come il prototipo Luna Rossa non è affatto semplice: «Non devono in alcun modo intralciare le manovre», prosegue Plazzi, «e dal momento che non possono comunicare con l’equipaggio e quindi sapere come e dove si sposterà la barca, devono starle sempre dietro. Vietati categoricamente incroci o manovre che possono mettere in pericolo la loro e la nostra sicurezza».
E le spie? Come si vive dall’altro lato della barricata la convivenza “forzata” con un team al quale, per lavoro, si cerca di rubare i segreti?
«È come giocare a nascondino», dice Michele Melis, “spia tecnica” e boat driver. «Il nostro lavoro è scoprire i segreti di Luna Rossa e il loro è tenerli nascosti… ognuno è bravo nel proprio campo. L’importante è rispettare le regole da entrambi i lati».
Sardo, plurilingue, ingegnere navale, Michele sceglie i punti della barca su cui focalizzarsi, posizionando il gommone nei punti strategici e indirizzando l’obiettivo del fotografo. «In parte riceviamo input dagli altri team e in parte scelgo da solo le aree dello scafo da riprendere. Ho sempre trovato il mondo della Coppa America affascinante e da ingegnere, quando mi è capitata l’opportunità di vedere gli scafi dal vivo, non me la sono fatta scappare», dice.
Ivo Rovira è un fotografo spagnolo di grande esperienza che, avendo lavorato per il team svizzero Alinghi nell’edizione del 2007, conosce bene il mondo della Coppa America e sa cogliere al volo i momenti più spettacolari e significativi di una barca in navigazione. «Dopo un periodo lavorativo che mi ha portato lontano dal mare e dalla vela, sono felice di tornare nel mondo dell’America’s Cup», dice. «Quando mi hanno offerto questa posizione l’ho presa al volo e mi sono trasferito a Cagliari con la famiglia. Per me è un’esperienza nuova e molto interessante, un modo diverso di rapportarmi con la Coppa America. Personalmente mi trovo benissimo con Luna Rossa Prada Pirelli, sono contento di essere con questo team. C’è rispetto reciproco e mi sento ben accetto».
Rientrati in banchina, i Recon hanno diritto a intervistare un membro del team (a loro scelta) sugli allenamenti appena terminati; poi Michele andrà a stilare il suo rapporto, mentre Ivo comincerà la post-produzione di foto e video da inviare e condividere.
Considerati i pro e i contro di questo programma, l’esperimento Recon può definirsi utile?
«Sapere e vedere quello che fanno gli altri è sempre utile», conclude Plazzi, «perché l’idea buona può venire a tutti, anche agli avversari, quindi ieri come oggi avere informazioni sulle altre barche aiuta, ma è anche importante non lasciarsi distrarre da questa montagna di informazioni e rimanere concentrati sul proprio progetto».