Le qualità manovriere delle imbarcazioni sono state oggetto di ampi studi ed esperienze in sede mondiale soprattutto nel campo delle grandi navi che, per la loro natura, si presentano generalmente scarsamente manovriere e con più o meno accentuate caratteristiche d’instabilità di rotta. Tale fatto, oltre ad essere nocivo per l’efficienza della nave, influisce sulle doti di sicurezza, importanti in modo particolare con carene molto portanti di poppa e con mare di poppa. Uno dei maggiori studiosi del moto evolutivo delle navi è stato W.P.A. VAN LAMMEREN nato il 26-5-1908 a Voorburg (Olanda) e morto il 20-10-1992 a Wageningen (Olanda).
Secondo criteri moderni s’intende per manovrabilità di un mezzo navale lo studio del suo moto, nel piano se si tratta di un’imbarcazione e nello spazio se si tratta di un sottomarino, con mare calmo, cioè in assenza di forze di disturbo provenienti dal mare. Inoltre un’imbarcazione deve avere la capacità di mantenere e variare velocità e direzione per mezzo di dispositivi appositi (timoni o altro), secondo esigenze derivanti dalla natura stessa dell’imbarcazione. Naturalmente, ad un’azione di controllo necessaria per il governo, l’imbarcazione reagisce in un certo numero di maniere dipendenti:
· dalle sue caratteristiche geometriche, cinematiche e dinamiche,
· dal tipo e dal dimensionamento degli organi attraverso i quali viene esercitato il controllo,
· dalla mutua interazione tra organi di controllo e imbarcazione,
· da tutte le cause esterne perturbatrici del moto che si verificano per mare.
Lo studio della dinamica dell’imbarcazione non è completo se non è fatto insieme a quello della tenuta al mare. Il progetto dei mezzi di governo non è che una parte dello studio della manovrabilità ed è irrazionale eseguirlo indipendentemente dalla carena su cui debbono essere sistemati.
L’importanza dell’argomento, anche se ovvio, è oggi esaltata dal fatto che il raggiungimento di velocità sempre più elevate è piuttosto condizionato dalla sicurezza di controllo del percorso della imbarcazione, che non dalla possibilità di sviluppo di potenze motrici sempre più grandi. L’automazione sempre più spinta dell’imbarcazione, con la conseguente necessità di affidarsi ad un calcolatore elettronico tramite un adeguato modello matematico per il governo della rotta, dà un ulteriore impulso allo studio del problema. L’argomento, sotto il profilo idrodinamico, è uno dei più complessi. A parte il fatto che si tratta sempre di fenomeni a carattere non permanente che introducono nel problema la considerazione delle forze di inerzia, vi è da considerare che:
1 – nel moto evolutivo il vettore velocità \(V_{t}\)(Figura 1) non giace nel piano diametrale dell’imbarcazione, ma forma con questo un certo angolo δ (angolo di deriva), viene così a cessare, dal punto di vista idrodinamico, la simmetria geometrica dell’imbarcazione che diviene, in certo qual modo, un galleggiante generico, ed una tale dissimmetria viene poi esaltata dalla presenza del timone orientato con angolo α (Figura 1);
2 – l’elica propulsiva avanza in deriva, cioè viene alimentata da una vena fluida che non è orientata nella direzione dell’asse (Figura 2), per cui le sue prestazioni ne risultano sostanzialmente modificate;
3 -- nella retromarcia la superficie in pressione è il dorso dell’elica, mentre quella in depressione è la parte attiva, cioè il lembo di entrata si inverte con quello di uscita;
4 – moti secondari di sbandamento trasversale della imbarcazione, originati dalle forze idrodinamiche e di inerzia, e variazioni di assetto si sovrappongono al moto principale evolutivo, modificandone e complicandone le caratteristiche.
Angelo Sinisi