A seguito del "gran ribaltone" che ha portato a escludere dalle Olimpiadi di Parigi 2024 il Finn a favore di una regata offshore in doppio misto si è già scritto molto. I social media in particolare strabordano di proteste da parte di atleti traditi e delusi. Questa vicenda sta generando tanto clamore da far passare in secondo piano il kiteboarding, ampiamente annunciato come nuova disciplina ma proposto con una formula mixed assolutamente improbabile e con modalità di regata lontane sia dalla vela che dalle abitudini dei rider, tanto da venire provocatoriamente paragonati da un nostro stimato collega giornalista ai Giochi senza Frontiere. Pressmare ha voluto interpellare una persona autorevole e ben esperta della materia, Riccardo Simoneschi, presente ai lavori del WS Annual Meeting di Sarasota come membro dell'Events Committee, che dovrebbe avere - il condizionale è d'obbligo vista la gestione poco rispettosa delle regole da parte del board - ampia voce in capitolo su questi temi.
Ecco le sue riflessioni:
Ho atteso qualche giorno dalla fine del WS Annual Meeting di Sarasota per lasciare sedimentare le sensazioni a caldo, leggere i molti commenti di chi vive la situazione dall’esterno.Ho sperato di trovare nelle parole di altri quelle giustificazioni sportive che io non ho trovato da “addetto ai lavori” e che mi avrebbero potuto convincere che tutto quanto successo sia pulito, che esiste un modo di intuire il nostro sport che io, dopo tanti anni dedicati alla vela, non ero in grado di vedere ma altri si.
Volevo convincermi che il mio puntiglio a favore di voti trasparenti - unico a prendere posizione davanti al pubblico - fosse solo retaggio personale di altri tempi... che chiedere il semplice rispetto delle “regole scritte di WS” fosse un passaggio semplice e ovvio ma disatteso in buona fede.Speravo che aspettando avrei visto una reazione di plauso da parte del mondo all’operato di WS; se così fosse stato avrei potuto pensare che in fondo mi ero sbagliato, che esistevano ragioni diverse da quelle di una lobby industriale impropriamente collegata con una federazione (non quella italiana ovviamente) salvata dalla bancarotta attraverso la partecipazione , quale “socio fondatore”, della locale Consornautica (cioè una organizzazione non interessata allo sport ma alla cantieristica) sostenuta dal governo nazionale. Federazione a così forte rischio economico da dovere quasi rinunciare alle sue manifestazioni sportive principali ma comunque in grado di mantenere per anni 4/5 “lobbysti” per centinaia di migliaia di Euro, come dalla stessa candidamente verbalizzato in occasione del proprio consiglio.
Volevo dimenticare le assurdità che ho sentito durante il Council, senza che quasi nessuno abbia obbiettato con forza forse solo per paura di “perdere la sedia”. Tra tutte la più bella: “una campagna olimpica offshore costerà meno perché gli atleti potranno dormire in barca”. La più corrotta: “una campagna offshore è perfetta per tutte quelle nazioni rappresentate da piccolissime isole ”. Peccato che queste ultime non abbiano praticamente velisti se non quelli che (cosa che potrebbe far pensare ) fanno charter per i turisti e di barche da charter hanno bisogno non certo di posti alle olimpiadi.
Volevo sperare di avere sognato tutto quanto.
Speravo davvero con il cuore che mi sarei reso conto di essermi sbagliato su tutto e che tutto quanto aveva ragioni logiche, di fair play, di promozione universale del nostro sport.Che sbagliavo nel ritenermi tra i pochi a sostenere la causa delle barche olimpiche e degli atleti olimpici, della trasparenza e del rispetto dei valori, dell’universalità e della necessità di dare accesso ai Giochi ad atleti con ogni tipo di conformazione fisica perché questo era lo scopo da tutti condiviso.
Che ero io a non capire che Kite e Offshore permetteranno di raggiungere questi obbiettivi. che rappresentano la soluzione a tutti i problemi.Speravo di sbagliare ritenendo i soldi il motivo trainante di tutto, l’obbiettivo unico delle lobby economiche di cui è inutile rifare i nomi ormai a tutti noti e addirittura, arrogantemente, ammessi dagli stessi protagonisti.
Purtroppo non sono riuscito in nulla di tutto ciò.
Attendere fino ad oggi non mi è servito, anzi ha rinforzato tutte le idee che mi ero fatto, che ci siamo fatti - non sono il solo, per fortuna - e che mi fanno pensare a una storia torbida fatta di interessi personali, di lunga e premeditata pianificazione negli ultimi 4/5 anni, di personaggi usati per la loro debolezza e ingenuità e di altri rimasti in ombra a lavorare, di un Comitato Olimpico Internazionale di cui non si riesce a determinare la posizione in tutta questa storia e se ha o no la funzione del controllo, garante delle regole quando queste vengono calpestate.
Giulio Andreotti (che cito non per particolare simpatia ma solo per rispetto a una intelligenza affilata e molto pratica di simili dinamiche) usava dire “A pensare male si fa peccato ma quasi sempre si ha ragione.”
La storia, le motivazioni, gli interessi e i protagonisti sono ormai chiari e sono noti a tutti, nessuno escluso. Quasi tutto è in bella vista su internet. Il resto lo conoscono coloro che di queste cose si occupano da sempre. Il problema è che, data la premeditazione e l’alto livello di attenzione, sarà difficile dimostrare qualunque connessione o relazione comprovante dall’interno del mondo velico e sportivo, non privo di un certo livello di omertà. Se qualcosa cambierà potrà avvenire solo per linee esterne e con capacità di valutazione oggettive ed esterne e, in quel caso, sarà fatto epocale e forse , finalmente, efficace e rigeneratore. Per questo vorrei che si facesse mente locale sul fatto che il vero problema in realtà non è il Finn per l’offshore o viceversa. Le classi cambiano, è sempre avvenuto e continuerà ad avvenire. Non sono contro l’offshore, non sono contro nessun tipo di vela (ne mancano davvero poche di classi al mio attivo) purché di vela si tratti.
Sono contrario al modo e ai motivi per cui tutto questo sta avvenendo.E’ questo il vero problema che deve fare pensare.
Non condivido che si “impongano” discipline inesistenti facendo morire quelle in essere vanificando gli sforzi di Federazioni e Club nazionali senza gestire il rinnovamento, che le ragioni primarie per cui questo avviene siano economiche e personali e non strategiche, che si usino le Olimpiadi come esperimento invece che come momento rappresentativo del nostro sport, che si imponga maldestramente dall’alto quel che non si è capaci di generare dal basso.
Questo modo di agire non è certo “innovazione”. In ultimo, in termini di principio, non posso condividere il fatto che una federazione che si dichiara “governing body of the sport of sailing” perda la propria formale “capacità di indipendenza” a garanzia di tutti, per motivi economici e commerciali alla ricerca dei denari necessari a salvare una gestione che, giudicando da quanto la federazione stessa ha pubblicato, appare compromessa e discutibile e comunque destinata a diventare ancor più incontrollabile quando i nuovi cambi che il board cerca di attuare per la governance diventassero operativi.
La posizione di Pressmare
Queste vicende, sono più d'una e decisamente complesse, meritano successivi approfondimenti che vi proporremo, ospitando innanzitutto eventuali repliche di chi si sentisse chiamato in causa. Da parte nostra pensiamo che le recenti dichiarazioni del presidente della FFV, la Federvela francese, circa l'attività di lobbying siano tese a limitare i sospetti rivendicando la legittimità della loro azione a favore dell'evento offshore. Leggendo le riflessioni di Simoneschi, unitamente ad altri atti presenti in rete, ci pare sia esponenzialmente aumentata in seno alla Federvela mondiale la gestione disinvolta delle procedure democratiche con un approccio "Britannia rules" in nome di una loro presunta maggior capacità di rispondere alle richieste del CIO. Nel caso specifico dell'offshore, essendo i Giochi del 2024 in Francia, il CEO britannico di WS si è dovuto alleare con gli antichi nemici "mangiarane" che in quanto a senso di superiorità come noto non scherzano. Come viene giustamente indicato in queste riflessioni, i segnali forti devono arrivare dall'esterno perché WS è ostaggio di qualcuno che ne sta bloccando l'attività democratica. Pensiamo che un'azione di controllo da parte del CIO unita all'ormai nota procedura d'infrazione antitrust da parte della CEE - attivata dalla denuncia di "piccole" realtà italiane d'eccellenza - possano fermare la deriva di World Sailing.
Chiudiamo con due domande alle quali cercheremo di avere una risposta:
- qual è la ragione di esistere delle federazioni sportive in generale e in particolare di World Sailing? (America's Cup, VOR, i circuiti di vela professionistica pur sotto al cappello WS sono gestiti da organizzazioni private)
- siamo davvero certi che il CIO voglia eliminare dai Giochi Olimpici la vela come l'abbiamo vista sinora oppure viene usata da WS come scusa per imporre ogni scelta del Board? (indipendemente dalle ragioni legittime o meno chiare di detta scelta)
Continueremo a seguire la vicenda, con l'augurio di offire un piccolo ma utile servizio a tutto il movimento velico.