Il motore fuoribordo: conoscenza di base, le sue origini

16/04/2020 - 07:56 in Motori marini by Press Mare

Il fuoribordo, il sistema di propulsione più diffuso nella nautica da diporto, è un motore che viene installato sullo specchio di poppa della barca, in grado di spingerla ma di fungere anche da timone: i fuoribordo più piccoli sono azionabili con guida a barra, sulla quale sono inclusi il comando del gas e della marcia, quando il modello ne è dotato, mentre al crescere della potenza si utilizza un sistema remoto di governo, con timone a ruota e leva di gas e marcia.

Nelle nuove generazioni di fuoribordo, i collegamenti fra motori e telecomandi non sono più di tipo meccanico ma "by wire" ovvero avvengono attraverso un filo elettrico che mette in comunicazione le leve o manette con gli attuatori che si trovano sull'unità termica. Oltre al timone, per governare i fuoribordo, quando la loro installazione sulla barca è multipla, possono essere utilizzati anche sistemi joystick, venduti direttamente dalle costruttrici di motori fuoribordo oppure acquistabili sul mercato degli accessori.

I motori fuoribordo dal punto di vista normativo in Italia si dividono in due categorie: fino a 40.8 HP ovvero 30kW, sono quelli che non necessitano di patente per la conduzione; oltre tale soglia, quelli che necessitano di patente. Quando si tratta di fuoribordo di media e grande potenza, su barche generalmente oltre i 21-23 piedi (sei/sette metri c.a.), a volte la loro installazione avviene su bracket ovvero un supporto che può essere strutturale, resinato con lo scafo, oppure in lega di alluminio, una struttura a tralicci imbullonata allo specchio di poppa.

Un motore fuoribordo viene installato su bracket quando si vuole allontanare il motore dalla poppa della barca, allungandone in pratica la linea di galleggiamento.

I motori fuoribordo in questo modo vengono a trovarsi in una posizione più bassa e ciò genera due risultati: migliora la distribuzione dei pesi a bordo, abbassando il baricentro della barca, e migliora la presa in acqua dell’elica, che lavora in acqua più “dura”, meno influenzata dalle turbolenze generate dallo scafo in navigazione.

Il fuoribordo si compone di tre parti fondamentali: la testa, dove è contenuto il motore; il gambo, dove gira l’albero della trasmissione, che su alcuni modelli più essere richiesto di lunghezza standard, lungo o extra lungo, per adattarsi alle diverse altezze dei diversi specchi di poppa; il piede, caratterizzato dalla presenza di un rigonfiamento a ogiva, dove sono contenuti il cambio e l’albero che porta al mozzo, al quale è fissata l’elica.

I motori fuoribordo possono essere montati singolarmente oppure in accoppiamenti anche multipli: diffuse le installazioni bimotore, più rare le trimotore, eccezionali ma pur sempre nel mercato quelle da quattro motori in su, queste ultime diffuse soprattutto negli States.

Il motore fuoribordo ha dalla sua diversi vantaggi: non occupa spazio in barca; il suo posizionamento esterno favorisce la manutenzione; il suo sistema propulsivo e di governo è fra i più efficaci in manovra; grazie alla presenza del trim – sistema manuale o elettro-idraulico che serve a regolare l’inclinazione del fuoribordo rispetto allo specchio di poppa - si può facilmente influire sull’assetto della barca, adattandolo a ogni situazione di carico, velocità e condizioni meteo marine.

Nelle installazioni multiple, due o più motori sulla stessa barca, i motori fuoribordo devono avere sensi di rotazione dell’elica contrapposti, per compensare gli effetti evolutivi delle stesse sull’imbarcazione.

Quando si tratta di multiple da tre o più fuoribordo, anche l’altezza d’installazione dei fuoribordo deve essere diversa per aumentare l’efficienza delle eliche.

Da qualche anno sono in commercio fuoribordo di grande potenza che adottano sistemi di propulsione a doppia elica, Suzuki, sostanzialmente neutri in termini di effetti evolutivi e che non necessitano, dunque, di avere sensi di rotazione differenti.

I fuoribordo oggi in commercio

Oggi il mercato è detenuto sostanzialmente da sette marchi preminenti: i giapponesi Suzuki, Yamaha, Honda e Tohatsu; quelli costruiti in Nord America, Mercury ed Evinrude; un italiano, Selva. I più potenti in assoluto ma ancora affatto diffusi, sono quelli prodotti con marchio Seven Marine, recentemente entrati a far parte di Volvo Penta, da ben 676 HP.

Poi ci sono i fuoribordo di produzione cinese, come Parsun, Yamabisi, Hidea, Aiqudi ecc., solitamente allineati sulle basse potenze in termini di gamma e di primo prezzo come listini, che nonostante ciò trovano anch’essi poco spazio sul mercato. Infine, la generazione di fuoribordo new entry, quella con alimentazione diesel, fra i quali ricordiamo i COX, gli OXE, gli Yanmar. Anche in questo caso parliamo di poche unità vendute, al momento soprattutto per usi professionali.

In termini di fuoribordo elettrici, il protagonista di questa specifica nicchia è Torqeedo, soprattutto per quel che riguarda la gamma, che comprende modelli fino a un massimo di 80HP. Altri marchi oggi presenti in commercio, come Motorguide, Minn Kota, Lowrance, Garmin ecc. sono indirizzati in particolar modo all'utenza dei pescatori sportivi come motori ausiliari utilizzati su natanti fisherman per spostamenti a lento moto.

Infine, segnaliamo alcuni dei marchi che fanno ormai parte solo della storia della nautica da diporto, in quanto hanno smesso di produrre motori fuoribordo: Gale, Seagull, Carniti, Chrysler, Archimedes, Whitehead, Ducati, Piaggio, Mc-Culloch, Crescent, Tomos, West Bend, Johnson, Mariner...

Il fuoribordo: la storia

Ole Evinrude: dice niente questo nome? Per la nautica vuol dire tanto, anzi tantissimo. Si deve proprio a Mr. Ole l’invenzione del fuoribordo o meglio la prima produzione in serie di questo tipo di propulsori che la storia fa risalire al 1909, oltre cento anni fa. Erano i tempi in cui il motore endotermico era avviato a soppiantare quello a combustione esterna, quello delle macchine a vapore che ancora sbuffavano sui treni. In Italia si sperimentavano i primi voli aerei, la Fiat proponeva la Tipo 1, la Ford negli USA produceva la prima vettura popolare, il Modello T, e la diffusione del motore quattro tempi era galoppante.

Evinrude, invece, per il suo fuoribordo fece una scelta tecnologica diametralmente opposta. Anche la sua idea di mobilità in acqua era rivolta alle masse e per questo voleva che il fuoribordo rispondesse a tre requisiti fondamentali: leggerezza, semplicità e versatilità. Peculiarità che sposavano perfettamente le caratteristiche del motore due tempi, piuttosto di quelle dei motori ciclo Otto dell’epoca, mastodontici, pesanti, complessi. Dunque, la scelta del tipo di gruppo termico da utilizzare fu in un certo senso obbligata, il motore due tempi era l’ideale per un fuoribordo, che doveva avere pesi contenuti ed erogazioni di potenza significative, affidabilità e semplicità di funzionamento. Per tantissimo tempo l’idea di Evinrude fu assolutamente vincente, l’unica strada percorribile dal punto di vista tecnico nella costruzione dei fuoribordo, e contribuì in maniera determinante alla diffusione del diporto, del piacere di andare in barca in tutto il mondo, facendolo diventare un fenomeno di massa.

Oggi il mercato è cambiato parecchio, anche per via delle forti restrizioni alle emissioni nocive che man mano furono introdotte, portati al debutto in ambito fuoribordo dai costruttori giapponesi e oggi divenuti preminenti nel mercato. E’ innegabile come i due tempi di una volta per garantire la lubrificazione del motore bruciassero grandi quantità d’olio molto inquinanti ma, col progredire delle tecnologie, proprio grazie al lavoro di sviluppo e ricerca, negli anni queste si sono andate sempre più riducendo e oggi il loro livello di emissioni è assolutamente allineato se non talvolta minore, rispetto ai quattro tempi.

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