Le barche piccole, i natanti: una passione che non tramonta

11/12/2022 - 13:45 in Barca a motore by Press Mare

Fino al 1960 il legno era l’unico materiale per costruire barche da diporto e da pesca: ricordo ancora i gozzi e le barche da pesca con la vela latina o, come nel dopoguerra, spinte da un motore della Topolino, che si sentivano venire da lontano per il loro classico rumore scoppiettante, spesso non attenuato da una marmitta (che costava parecchio).

Eravamo al vero inizio della navigazione da diporto, nata in Italia nel ‘800, ma che era riservata a pochi: tra queste barche le più diffuse, perché più economiche, erano le derive, mentre i cabinati erano riservati ai benestanti.

Il gozzo cornigiotto a vela latina San Pietro del 1936 (Foto P. Maccione)

Erano barche d’epoca, ancor oggi usate e restaurate, alle quali sono dedicate dei raduni dove tutte fanno la loro bella figura, lontane dalle barche di oggi, forse meno pratiche di quelle più recenti, come un armadio di legno della nonna, ma belle perché classiche.

Fiart Conchita, la prima barca in vetroresina realizzata in Italia

Alla fine degli anni ‘60 nacque la possibilità di costruire barche in vetroresina e la nautica si sviluppò rapidamente, dapprima con le derive e con piccole barche a motore, e subito dopo con cabinati a vela o a motore. Così la costruzione in legno si ridusse piano piano, anche se oggi esistono ancora dei cantieri di costruzione di barche in lamellare, in compensato, ma anche a fasciame longitudinale, tuttora richieste.

Cantieri di Baia Pascià e Califfo

Dal dopoguerra in poi fino a pochi anni fa, si sviluppò una nautica particolare: si trasformavano lance di salvataggio delle navi, gozzi e barche aperte con la poppa a specchio, tutte normalmente in legno, che venivano trasformate in cabinati da diporto, spesso con le mitiche vele auriche e bompresso: l’ho fatto anch’io, come qualche amico.

Non solo: ma nacquero dei fornitori di barche in scatola di montaggio, di solito in compensato marino, economiche e facili da costruire anche da parte dei dilettanti, spesso studenti o comunque persone che non disponevano di grandi possibilità economiche.

Autocostruzione

Tra questi fornitori di scatole di montaggio non dimentico la Sibma Navale, uno dei costruttori di allora più importanti di barche a vela in kit.

Poi, per il diffuso benessere, è stata lentamente abbandonata la faticosa strada del fai-da-te con il legno e molti sono passati ad allestire in casa dei gusci in vetroresina: ma i risultati qualche volta sono stati deludenti, perché non si trasforma facilmente a fine settimana un impiegato in un costruttore di barche.

I risultati li vedo ancora oggi, quando faccio dei sopralluoghi di perizia a barche di serie allestite e rifinite in modo strano: qualche volta sono state acquistate ed allestite, ma senza conoscenza della costruzione nautica. Poi, anche questa strada, grazie all’aumentata disponibilità economica, venne abbandonata a favore dell’acquisto di barche usate, già pronte.

Il Golden Lion del 1973

Le barche a vela dal 1960 a oggi sono state spesso presentate sulle pubblicità come barche da crociera che vincevano le regate. Così si è sviluppata l’illusione della vela agonistica sia nei cabinati che nelle derive, esaltandone le velocità raggiungibili (a volte), non l'attitudine a navigare con la famiglia: un vero slogan a volte discutibile, ma sempre attraente.

Le derive che vedo oggi in Italia sono utilizzate solo per regate o molto meno usate per semplici uscite giornaliere. Ma prima vi fu il periodo delle derive e dei gommoni (piccoli come erano allora) utilizzati per fare della navigazione lungocosta dormendo a bordo o in una tendina da campeggio posta a terra. Era nato quello che fu erroneamente chiamato yachting camping, che però non era definibile come yachting, perché si parla di barche di pochi metri di lunghezza e non si parla di camping perché la tenda, a volte, era un telone che copriva la barca, spesso non tirata a terra.

Questa forma di navigazione ormai è riservata a ben pochi, perché in una deriva infatti non c’è molto spazio, il bagaglio deve essere ridotto a ben poco e si vive nello spirito dei campeggiatori di allora: non amanti delle comodità ma portati alle gite turistiche a godere il mare con semplicità.

Aloa 26 commercializzato nel 1976 da Azimut

Questo tipo di utilizzo spartano delle barche si è lentamente trasformato, così come si è passati a terra dalla tenda alla roulotte e poi al camper, mentre nelle barche siamo passati dalle derive “abitabili” ai cabinati anche piccoli, che in pochi metri di lunghezza avevano due cuccette, un cucinino e un bagnetto, ridotto alla sola tazza del W. C.; era l’epoca dei natanti da metri 4,99 poi da metri 7,50. Oggi, per fortuna sono natanti le barche fino a 10 metri di lunghezza.

Le prime barche piccole a vela o con il fuoribordo erano trasportabili sul tetto della macchina, poi con i carrelli, poi solo sul camion, non essendo carrellabili, per la loro lunghezza. Era una nautica semplice e familiare, ingenua e pratica, che serviva per avvicinarsi al mare, per stare al sole, pescare o navigare lungo costa dalla mattina alla sera.

Questo modo di utilizzare i natanti è ancora oggi vivo, soprattutto il sabato e la domenica, in cui tante barche si ritrovano sulle spiagge vicine o a qualche scoglio a poco distanza dal porto.

Barche lungo i Fossi di Livorno 

Guardando la foto dei canali di Livorno si vede una sfilata di natanti a motore all’ormeggio, (non a vela a causa dei ponti), natanti che la domenica verso mezzogiorno, in parte, si trovano all’ancora alle secche della Meloria, dove ne conto spesso più di cento! E altrove sul mare d’estate? Un deserto senza barche, salvo quando da un Circolo velico escono le derive con i ragazzi che vanno ad allenarsi o a fare una regata.

Dalle prime barche in vetroresina a quelle di oggi sono passati circa 70 anni: quanta strada ha fatto la nautica da diporto!

Derive sul lago di Garda

Non dimentico che gli italiani amano molto le mode e hanno grande inventiva, apprezzata ovunque, legata anche alla crescente disponibilità economica che spinge non a guardare indietro ma ad andare avanti, da cui la necessità di barche più comode, più eleganti, forse a volte pensate e utilizzate per stare all’ormeggio e abitare sfruttando i grandi saloni o i pozzetti, più che a navigare. Insomma a volte la barca è richiesta come una villa al mare con ogni comodità e, come tale, presentata.

Non per niente le riviste di nautica, a volte, mostrano molto gli interni, su cui si dilungano: c’è la possibilità che le barche vengano presto reclamizzate e poste in vendita con riferimento ai metri quadri di superficie dei saloni, come case in vendita?

Non dimentico quello che mi viene spesso detto: la barca sostituisce la casa in affitto al mare; può essere vero, ma non per tutti. Tornerò presto sull'argomento natanti.

Gino Ciriaci

 

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