Igor Lobanov, il designer del sogno che diviene yacht

27/04/2023 - 07:24 in Yacht Design by Press Mare

Igor Lobanov, plurilaureato. In matematica, prima, poi in car design a Torino e poi alla Coventry University in Gran Bretagna. Un master in transport design, e poi nel 2003 il grande incontro quello che dà la svolta e che cambia la vita. Igor Lobanov inizia così la sua carriera di yacht designer conoscendo l’armatore di un superyacht che dalla strada dell’automotive lo porta direttamente sulla rotta del mare. Alquanto bizzarro per un designer che nasce a Ufa, a 1350 km a est di Mosca e a 2000 km dal Mar Nero. “La prima volta che vidi il mare avevo due anni. La seconda ero già un uomo di 24 anni.

Igor e Yulia Lobanov

Nel 1998 ho fatto il mio primo viaggio in Europa e ho capito che volevo ancora studiare. Mi sono informato contattando Bertone, Pininfarina e altre aziende leader del settore e alla fine ho scelto lo Ied di Torino”, racconta il progettista. Nel 2007 fonda lo studio Lobanov Design prima a Mosca e oggi, dal 2016, con base a Barcellona, dove vive con sua moglie Yulia, un’artista, che alimenta l’amore per il bello di Lobanov. Pressmare l’ha incontrato per capire come riesce a fondere nei suoi progetti nautici questa variegata formazione e creare progetti un po’ onirici, un po’ scultorei e al contempo dinamici. Per cantieri molto diversi tra loro come Fincantieri, Oceanco, Mangusta, Arcadia e The Italian Sea Group che hanno nel loro DNA la voglia di stupire.

Jubilee, Oceanco 110 metri

PressMare - Igor, la sua storia è relativamente recente. Parafrasando il titolo di una serie televisiva possiamo parlare di un “metodo Lobanov”?

Igor Lobanov - I primi progetti importanti si focalizzano sicuramente sull’exterior design e lo sviluppo dello yacht e del suo lifestyle. Pesando la barca dal punto di vista della sua architettura, ma anche degli scenari di vita, come gli armatori vogliono vivere il loro yacht. Mangusta 104 Rev è stata l’occasione per sperimentare una progettazione olistica pensando agli esterni unitamente agli interni.

Il cantiere ci chiese un progetto armonico e non ci siamo tirati indietro. E il risultato è stato sotto gli occhi di tutti. Arcadia per esempio l’ha notata… e da lì è nata con loro una nuova collaborazione. Mangusta in effetti ha misure comparabili a quelle di un Arcadia. Ma non posso affermare che siamo in grado di fare qualsiasi stile. Noi abbiamo il nostro, che è un mix di contrasti, rappresentazione della vita vera. Uno stile un po’ eclettico che è piaciuto anche ad Arcadia.

 

St.Princess Olga, Oceanco 85 metri

PM - Come affrontate il progetto?

IL - Procediamo per step e iniziamo con bozzetti a mano per determinare gli spazi e capire dove inserire i vari elementi del progetto e creare forme. Ma poi passiamo alla raccolta degli oggetti che ci piacciono e che possono entrare in questi spazi, dando subito un contrasto delle cose chiare e scure, pesanti/sottili-leggere, e creare i contrasti di forme, tessuti, texture. Dal bozzetto e dalla raccolta, passiamo al 3D. Prevedere uno schema non è semplice però, perché progettare è un processo spontaneo.

PM - Ha disegnando progetti importanti per Oceanco, il primo nel 2013 - l’85 metri St.Princess Olga - e il secondo nel 2017, Jubilee, 110 metri vincitore di numerosi premi. Nel tuo portafoglio vi sono yacht e concept, che rompono schemi e molto grandi. Cosa significa passare dalle grandi dimensioni a quelle più piccole?

IL - Disegnare uno yacht più compatto (perché un 30 metri non è esattamente piccolo) non è più semplice rispetto a fare uno yacht grande. Anzi spesso è anche più difficile.

Mangusta 104Rev

La decisione di andare su dimensioni diverse è venuta dopo 5 anni di lavoro su Jubilee che ho disegnato nel 2010. C’è voluto un anno poi a trovare il cliente, e poi siamo riusciti a vararla alla fine nel 2017. Insomma sono passati sette anni. Fino al 2017, nessuno mi conosceva. Ho capito che dovevo fare tanti progetti, di serie, così che i nostri clienti potessero aumentare insieme alla produzione di barche (dai 30 metri ai 40/50 metri). Creare un portafoglio vario di progetti per un designer importante. Con barche di taglie e tipologie diverse.

PM - Le linee curve sono un tratto distintivo dei suoi progetti. Quale la loro derivazione?

Fluidità e continuità sono una caratteristica naturale per me. Non amo le linee troppo squadrate, con angoli.  Oggi il design vede oggetti dalle forme spigolose, che sembrano le rocce delle costiere. Ma sull’acqua questo non funziona, è quasi innaturale vedere oggetti squadrati. E inoltre non sono di mio gusto. Per me le barche devono essere morfologiche, ossia avere forme che ricordano quelle degli animali marini, come un’orca, con le sue linee tonde, morbide e naturali.

Mangusta 165Rev

PM - La fluidità pervade i tuoi progetti è stata ben visibile su Mangusta 165Rev in mostra all’ultimo Monaco Yacht Show…

È interessante parlare di Mangusta e Arcadia insieme. Perché tutte e due hanno un proprio linguaggio molto definitivo, molto forte. Mangusta era difficile, perché dare nuova vita, rinnovare i progetti di un marchio così forte nel panorama nautico italiano era difficilissimo. I concept di Arcadia li ho sempre ammirati perché hanno sempre lavorato magistralmente con lo spazio; il loro è un concetto upside-down. Ho sempre pensato che avessero trovato un concetto rivoluzionario, capace di offrire il doppio dello spazio in misure contenute.

PM - Che tipo di apporto pensa di dare allo yacht design?

IL - Mi piace giocare con la relatività delle sensazioni. Per esempio, con Jubilee siamo riusciti a dare la percezione di 6 ponti, quando in realtà sono solo tre. Per far sembrare una barca di 110 metri come se fosse di 140 metri, da distante. Lo stesso effetto ottico l’abbiamo inserito anche nei nuovi Mangusta di Overmarine.

Arcadia A96

Anche nell’ultimo progetto realizzato con Arcadia Yachts, l’A96, lungo oltre 29 metri con immensi volumi (oltre 400 mq), abbraccia un nuovo concetto di benessere che passa attraverso un legame autentico con la natura, ottenuto grazie a vari stratagemmi, primo fra tutti le enormi pareti di vetro scorrevoli, grazie alle quali interni ed esterni diventano un tutt’uno. Entrambi i marchi hanno un proprio linguaggio molto forte. Con Mangusta 165 siamo riusciti a dare uno spazio interno che nessuno si aspettava; a Montecarlo chi entrava nella zona armatore di 92 mq (su una barca di 50 metri) rimaneva a bocca aperta. Spero che siamo riusciti ad arrivare allo stesso effetto anche su Arcadia. Nel lower deck dell’A96, per esempio, due delle quattro cabine twin diventano quasi delle Vip grazie alla capacità di massimizzare ogni spazio disponibile, girando i letti verso l’enorme finestra. Abbiamo creato un interior con forme ovali o ellittiche e materiali naturali. Uno yacht pensato per entrare in pianta stabile nel mercato fuori dal Mediterraneo, Stati Uniti in primis, che sarà presentato a Cannes 2023.

Arcadia A96

PM - Arcadia è la sua seconda collaborazione con un cantiere italiano, che tipo di esperienza è stata? Che tipo di apporto è stato?

IL - In realtà ho avuto più collaborazioni con cantieri italiani, due refit per Fincantieri, Mangusta e Arcadia, e ora stiamo anche lavorando con The Italian Sea Group, su un 78 metri che sarà presentata l’anno prossimo. Per quanto riguarda Arcadia, aspetto di vedere la prima barca, e la loro reazione e quella del mercato. Io penso che questa barca sarà ben accettata soprattutto negli USA. Per quanto riguarda il mio apporto al cantiere preferisco lasciarlo al commento a Francesco Ansalone: “Igor ci ha portato ciò che noi volevamo, ossia un cambiamento nella direzione in cui volevamo andare. Siamo presenti sul mercato da 12 anni e questa barca per noi rappresenta non un momento di stacco, ma un momento di evoluzione importante. Igor ci ha aiutato a lavorare di più su quegli aspetti come le forme curve e anche sulla sua spinta nell’integrare maggiormente l’aspetto tecnico con il design”.

Arcadia A96

PM - Lobanov, a che tipo di armatore ha pensato quando ha disegnato Arcadia?

IL - Arcadia ha fatto un ottimo lavoro di marketing, non ha un cliente unico. Ha una serie di clienti interessati a barche che abbracciano il concetto di well being.  Dove il lusso non è ostentato, è diverso, che include concetti come essere aperti alla natura, alla flessibilità, e poter invitare una grande famiglia a bordo di una barca di dimensioni compatte.

PM - Che cosa ama di più del Made in Italy e in che modo si unisce con la sua formazione?

IL - A me piacciono le emozioni. Se stai facendo qualcosa di bello, la gente inizia a prendere parte al tuo progetto, è coinvolta. Se riesco a fare qualcosa di diverso e di speciale, gli italiani appena lo percepiscono, iniziano il lavorare in maniera differente. Il loro coinvolgimento è totale. Sono parte del team. Se riesci a dare un’emozione a un team italiano, quel progetto sarà fantastico.

Désirée Sormani

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