Giornali, social e tv, gioiscono dei successi economici dell’industria nautica spesso senza interrogarsi su dove la nautica sta andando o dove vorremmo che andasse. Da qui nascono alcune difficoltà nel valutare le attività di cui la nautica si compone, se sono cioè a favore o contro corrente rispetto al main stream.
Una di queste attività, genericamente valutata molto positivamente, è il charter cioè il noleggio della barca, a vela o a motore, per le vacanze. Sul charter emergono due principali punti di vista, uno legato al successo economico di questa attività e l’altro legato al profilo di alcuni di questi nuovi “nautici”.
Da una parte c’è chi dice: un gruppo di persone affitta una barca, paga e fa quello che vuole. Dall’altra c’è chi si lamenta che attraverso il charter siano comparsi sulla scena nautica così tanti neofiti che si rischia di spogliare la vacanza in barca dell’anima romantica (cavalleresca in regata, contemplativa in crociera, ma sempre soggetta alle bizzarrie del clima) che l’ha resa famosa.
Non voglio ovviamente generalizzare. La maggior parte dei charteristi è in gamba ma, come spesso accade, sono i più caciaroni che si fanno notare. Questi ultimi sono assidui del party. All’ancora in rada, fin dal tramonto iniziano con l’aperitivo cui seguono abbondanti libagioni, mentre la musica martella nelle loro orecchie e in quelle meno abituate dei vicini. Quando poi l’immancabile temporale estivo, durante la notte, speda l’ancora dal fondo i nostri charteristi caciaroni, presi alla sprovvista, iniziano col loro quarantasei piedi a carambolare per la baia salpando qualche ancora e tenendo svegli tutti i convenuti. Gridando vociando, sbattendo, e litigando spargono panico e zizzania.
Quella appena raccontata è fiction, scenetta similvera un poco esagerata, se vogliamo, rimane il fatto che il charter attira equipaggi parzialmente sprovvisti della competenza tecnica e dell’affiatamento di cui dispone un normale equipaggio famigliare, questa anemia di sale nelle vene, viene a galla appena la situazione si fa critica. Chi affitta la barca per una settimana ha attese più vicine alla frequentazione della nave da crociera che allo yachting, attività quest’ultima che unisce sport, avventura, esplorazione e perizia tecnica in un unicum troppo difficile e complesso per la maggior parte dei vacanzieri che vogliono fare le vacanze in barca senza passare per un lungo apprendistato.
Per chi lo voglia, il modo più divertente e proficuo di superare il gradino dell’apprendistato sarebbe quello di frequentare una tall ship o nave cadetti dove un equipaggio vero, a partire dall’esempio, insegna ai vacanzieri come si fa il marinaio. Sicuramente i momenti conviviali potrebbero essere molti, in modo che non manchino gli incontri, i tuffi e le libagioni senza le quali non vi è vacanza memorabile, ma tutto va condito in salsa nautica in modo che apprendimento e divertimento vadano di pari passo.
L’arricchimento culturale dovuto all’apprendimento, questa vera e propria evasione dal proprio status, nella mente del saggio, Ë infatti la meta vera delle vacanze più di quanto non lo siano Ibiza, Porto Cervo o Mykonos.