Operativo dal 2018 a Pesaro, a Nord della costa marchigiana, il Cantiere Rossini è un hub specializzato nel refit e nella manutenzione, programmata e non, di yacht tra i 30 e i 55 metri.
La struttura, che si trova all’interno del porto canale di Pesaro, su un’area di circa 15.000 mq, è facile da identificare arrivando da terra e soprattutto navigando in Adriatico.
Il “merito” è dei due svettanti hangar da 70x22 metri ciascuno, inconfondibili per chi osserva la costa dalla barca, grazie alla forma e al loro rivestimento esterno, tali da renderli un vero e proprio punto cospicuo. Sono ricoperti da pannelli di alluminio, con forme e colori che richiamano gli squali e il mare. La loro unicità è sottolineata anche dagli interni: alti 28 metri, hanno ciascuno una struttura portante totalmente realizzata in legno lamellare di abete che rende il colpo d’occhio dei loro complessivi 3.000 metri quadri coperti, addirittura spettacolare.
Ovviamente sono fatti apposta per contenere grandi yacht - fino a 55 metri di lunghezza, trasportabili grazie a un sistema di movimentazione con travel-lift da 560 tonnellate - e sono all'avanguardia per efficienza energetica e sostenibilità: sono dotati di sistema di riscaldamento geotermico e di sistemi di aspirazione separati per polveri e solventi.
Ancora da segnalare per il Cantiere Rossini, la banchina da 130 metri lineari attrezzata anch’essa per ormeggiare yacht fino a 55 metri di lunghezza, poi la moderna palazzina con gli uffici amministrativi e tecnici, quindi i magazzini, i vasti piazzali, ma anche un servizio di concierge supportato da un’agenzia marittima che garantisce assistenza personalizzata, aiutando i clienti con una vasta gamma di attività che vanno dal disbrigo delle pratiche burocratiche fino alla ricerca di alloggi per gli equipaggi che seguono le loro barche durante i mesi di fermo dentro al cantiere. Alla direzione della struttura c’è Alfonso Postorino, che abbiamo intervistato, manager di grande esperienza maturata in realtà quali Benetti, Cantieri di Pisa, Amico & Co, ISA Shipyard, fino ad approdare all’attuale incarico come co-fondatore del cantiere pesarese. Con lui analizziamo mercato, metodo, filiera e prospettive.
PressMare - Pesaro e l’Adriatico: essere qui è un limite o un vantaggio competitivo per un cantiere di refit?
Alfonso Postorino - Non è una penalizzazione. Intercettiamo il traffico naturale dell’Adriatico e quello delle unità che iniziano o concludono qui la crociera. Quando i lavori valgono centinaia di migliaia di euro, qualche miglio in più non spaventa: qui arrivano imbarcazioni anche da Turchia, Baleari, Costa Azzurra e anche da più lontano. L’80% forse anche più, della nostra clientela è internazionale.
PM - Perché un armatore o più spesso un comandante, sceglie Cantiere Rossini?
AP - La leva principale è la fiducia, non (solo) il prezzo. Qui trovano esperienza unita a una struttura giovane — il cantiere ha messo a terra la prima barca sette anni fa — con personale tecnicamente preparato e organizzazione efficiente. Un 50 metri, in stagione invernale, qui è tra i clienti principali del Cantiere; in cantieri più grandi, dove si lavorano anche 70–80 metri, rischia di essere “uno dei tanti”. Va da sé che l’armatore qui da noi si senta maggiormente considerato
PM - Quanto pesa il vostro approccio internazionale?
AP - Molto. La proprietà è estera, l’AD è inglese. Tra il 70–80% del personale — inclusi operatori di banchina e piazzale — parla un inglese molto buono, fluente. È una scelta strutturale, filtriamo i curricula del personale che assumiamo anche su questa competenza. Considerando appunto che i clienti sono quasi tutti stranieri, il fattore linguistico li mette a proprio agio.
PM - Chi scegli il cantiere dove portare lo yacht a fare dei lavori, l’armatore o il comandante?
AP - Prevalentemente il comandante. L’armatore entra in scena soprattutto quando si toccano layout interni o modifiche esterne/strutturali; altrimenti delega al comandante o allo yacht manager. Ci scelgono anche perché Pesaro è una cittadina turistica, molto viva d’estate ma attiva anche d’inverno, quando mantiene una certa vivacità, pur restando tranquilla e sicura: un contesto che gli equipaggi apprezzano per i periodi di fermo delle loro barche.
PM – Diamo un po’ di numeri per inquadrare meglio Cantiere Rossini?
AP – Al momento abbiamo 27 addetti, realizziamo circa 6 milioni di euro di fatturato annuo, e riusciamo a gestire circa 35–40 commesse all’anno, concentrate fra i mesi di ottobre e giugno. Entro l’inizio dell’estate il cantiere giustamente si svuota e le barche iniziano i loro periodi di crociera.
Abbiamo una struttura che ci potrebbe sicuramente consentire di accrescere il valore del nostro lavoro. Non puntiamo però ad aumentare il numero dei contratti, perché spazi e strutture di cui disponiamo non sono tali da consentirci di farlo, ma il valore medio degli stessi aumentando la percentuale dei refit radicali, delle pitturazioni totali, di refit di interni, sostituzioni motori, tutte lavorazioni che abbiamo già realizzato ma di cui vorremmo aumentare la frequenza.
PM – Qual è la roadmap per puntare all’obiettivo di far crescere il fatturato?
AP – Al di là delle strutture, le aziende sono fatte da persone, da professionisti, tecnici, amministrativi, operai… tutti loro rappresentano un valore importante. Per questo stiamo continuando a investire in risorse umane: abbiamo inserito un direttore commerciale francese, ex comandante, residente in Costa Azzurra. È con noi da maggio e già vediamo primi risultati. Nel refit contano le relazioni e, di nuovo, la fiducia: strutture e processi sono centrali, ma l’armatore affida la barca alle persone di cui si fida.
PM - In Mediterraneo si cita spesso il “primato” della cantieristica spagnola nel refit. Condivide siano loro i leader nel settore del refit?
AP - Non del tutto. A Barcellona e Palma ci sono cantieri importanti e infrastrutture per unità molto grandi, ma per numero di cantieri e volume complessivo, l’Italia è superiore. Il nostro vantaggio chiave è la filiera che non ha paragoni rispetto ad altri paesi.
Qui dove operiamo noi, nelle Marche, abbiamo in 100 km gli stessi contractor e fornitori che lavorano per i grandi costruttori di yacht molto grandi, belli e ben fatti. Parlo del Gruppo Ferretti, di Cantieri delle Marche, di Isa Yachts e di diversi altri importanti player delle fasce di mercato più basse, comunque tutte eccellenze. È un ecosistema difficile da replicare in Spagna o Francia.
L’unico vantaggio che hanno alcuni cantieri spagnoli, penso soprattutto a MB92, è di avere una struttura molto grande che consente loro di accogliere navi da diporto altrettanto grandi, che danno modo di far crescere i fatturati.
PM – Sappiamo che in Spagna adottano anche il modello “rent the yard”: spazi e attrezzature si affittano e lo yacht manager gestisce i lavori. Voi avete provato, pensate possa essere una soluzione?
AP – Mi risulta che quel modello venga utilizzato solo da un cantiere di Palma, STP, ma non credo possa essere adottato da noi. Anzi, noi scoraggiamo il “fai-da-te”: genera solo conflitti operativi che allungano i tempi dei lavori e sviliscono la qualità del progetto o dell’intervento al quale si è lavorato. Preferiamo invece mantenere noi il controllo integrale di processo, avere una responsabilità unica e non di più aziende e soprattutto la tracciabilità delle lavorazioni, chi ha fatto che cosa, con quali materiali, in quanto tempo ecc.
PM – Sempre a proposito di refit, fra le aziende che operano nel Tirreno sembra esserci un grande fermento.
AP – Il fermento è diffuso perché il settore del refit sta crescendo ovunque, non è solo una questione geografica. Il numero delle barche e nello specifico dei grandi yacht aumenta ogni anno, per cui la crescita di unità che hanno bisogno di refit cresce di conseguenza. Ovviamente quando parliamo di refit, dobbiamo considerare tutti i tipi di lavori che può erogare un cantiere dedicato come il nostro, che vanno dai tagliandi ordinari agli interventi più importanti, quali pitturazioni, rifacimento degli allestimenti, modifiche al layout, fino all’allungamento degli scafi. È comunque innegabile che nel Tirreno ci sia un bel fermento, Ci sono progetti rilevanti in atto come il rilancio Esaom a Portoferraio oppure le iniziative a Olbia con Valdettaro e SNO. La Sardegna beneficia di agevolazioni (ZES) e di una forte spinta istituzionale per cui è sicuramente un posto fertile per far crescere la nautica. Torniamo però al discorso di prima, quello della filiera che deve supportare i lavori in cantiere. Per far funzionare bene un’azienda come questa servono le persone giuste, parlo degli ingegneri, dei tecnici ma anche di falegnami, saldatori, verniciatori ecc.. Qui nelle Marche queste professionalità si trovano sul territorio, altrove la criticità può essere proprio la loro logistica: spesso bisogna far arrivare le ditte dal continente, con relativo aggravio dei costi.
PM - Qui nelle Marche mi sembra si sia molto attivi sulla questione del personale, l’avviamento verso il mondo della nautica dei giovani che finiscono gli studi …
AP – Devo dire che l’Associazione Marche Yachting and Cruising, di cui fa parte anche il Cantiere Rossini, in questo senso è molto attiva. Faccio parte del board perché vedo che funziona, porta risultati, altrimenti non avrei esitato a dimettermi, come ho fatto in altre precedenti esperienze associative. AMYC è assolutamente attiva, tutti noi, compreso il presidente Maurizio Minossi, operiamo su base volontaria esclusivamente a favore degli associati: c’è un dialogo con le istituzioni che prima era impensabile, si promuovono bandi ad hoc, corsi professionali, c’è un forte link con le università della regione. Fra le diverse attività da segnalare, è stato varato da poco un corso universitario di costruzione navale, per formare project manager e uffici tecnici, ma spingiamo anche su comunicazione e marketing nautico, ambito nel quale è stato creato un altro corso di studi, un master unico in Italia e probabilmente anche a livello internazionale, che partirà la prossima primavera. Anche se le Marche restano poco note per il mondo della nautica internazionale, nonostante i numeri di Ancona e Fano, rispetto ad aree come quelle di Viareggio e La Spezia, stiamo lavorando intensamente affinché la nostra visibilità possa crescere rapidamente.
PM - Posti barca per grandi yacht: un collo di bottiglia allo sviluppo della nautica nelle Marche?
AP - Sì, è il tema critico. A lungo è mancata conoscenza del settore da parte delle autorità. Produciamo molte barche, ma poi non tornano perché non sanno dove stare; i cantieri si spostano per seguire lavori e garanzie. Oggi però il dialogo aperto dall’Associazione Marche Yachting and Cruising con l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centrale e con i Comuni, sta portando risultati: stiamo lavorando per far riconvertire alla nautica, circa 100 m di banchina nel porto commerciale di Ancona e 70 m a Civitanova Marche, che saranno dedicati ai superyacht.
PM – Qual è la situazione qui a Pesaro?
AP - Spazi saturi. Cantiere Rossini ha una concessione di 130 m (12 ormeggi per grandi yacht) impostata come marina di alto livello, per la quale abbiamo ottenuto la certificazione MaRINA Excellence, un’attestazione di qualità dei servizi portuali, turistici e ricettivi, e che attesta l’impegno per la sostenibilità e la sicurezza: in estate ospitiamo anche transiti con armatori a bordo. Fuori dalla nostra banchina gli ormeggi per barche minori sono pieni; recentemente però si è sbloccata una darsena ex-commerciale che potrà ospitare circa 100 nuovi posti fino a 25 m con pontili galleggianti.
PM - Che relazione avete costruito con la città?
AP - All’inizio serviva spiegare chi eravamo, cosa stavamo facendo: prima in quest’area, siamo nel cuore del porto, vicino a centro e lungomare, si costruivano gasiere. Il nostro è un mestiere diverso e “visibile”. Sin dall’avvio abbiamo realizzato degli Open Day, abbiamo aperto il cantiere alla cittadinanza: è stato un lavoro culturale e di pubbliche relazioni che però ha dato i suoi frutti e oggi la nostra realtà è percepita come deve essere, un’opportunità di sviluppo per la città.
PM – Ha parlato di sostenibilità. Cosa fate in tal senso nel Cantiere Rossini?
AP – Il nostro cantiere è una realtà giovane, il cui progetto è stato varato una decina di anni fa e le cui strutture sono state pensate con una tecnologia ad hoc, che ci ha consentito ridurre l’impatto ambientale nella costruzione e nell’utilizzo, durante le attività del cantiere. La struttura in legno lamellare dei nostri due grandi capannoni, la loro copertura con piastre di alluminio, leggere e resistenti all’aggressione di intemperie e del salino, sono l’aspetto più evidente, ma non è la sola. Da tre anni abbiamo abbandonato l’utilizzo del diesel per i mezzi interni del cantiere, travelift, carrelli, furgoni e oggi usiamo solo HVO. È una scelta semplice, che porta subito un contributo importante all’ambiente perché riduce le emissioni del 90% senza dover ricorrere a particolari tecnologie. Tutti i motori diesel funzionano indistintamente con il gasolio e con l’HVO. Peccato che questo tipo di carburante non sia distribuito dai distributori nei porti turistici e quindi oggi è assai difficile utilizzarlo nella nautica. Da diversi anni abbiamo ottenuto la certificazione ISO 14001, oltre alla ISO 9001 e la certificazione per la Parità di Genere (PdR 125) e redigiamo annualmente un rapporto ESG.