Luna Rossa, incontro con Carlo Borlenghi, fotografo ufficiale del team

Sport

20/12/2024 - 13:43

Raccontare la storia di Luna Rossa dalla sua prima campagna di America’s Cup a quella appena conclusa a Barcellona, senza scrivere una singola riga, è possibile: basta mettere insieme le innumerevoli foto scattate da Carlo Borlenghi in questi lunghi 24 anni per ottenere una cronistoria del team che dice più di mille parole.

Fotografo ufficiale di Luna Rossa dal 2000, ha immortalato le sei campagne di Coppa America e i suoi protagonisti con immagini di grande impatto, che hanno contribuito ad accrescere la fama del team facendone un’icona della vela a livello internazionale.

Partito da Bellano per fotografare gli amici che regatavano sul Lago di Como, Borlenghi è arrivato ai vertici dello yachting photography conquistando un posto d’onore al tavolo dei grandi maestri, come i leggendari Beken of Cowes, ai quali si è ispirato. «All'inizio cercavo di copiarli», dice, «ma le mie foto erano sempre brutte al confronto. Continuavo a dire: ma dove sbaglio, qual è la differenza? Poi ho capito che fotografavamo due epoche diverse e che dovevo fare l'opposto di quello che facevano loro, perché io sono di un'altra generazione e dovevo cercare di trovare un sistema per rendere la vela viva e moderna. Allora mi sono attrezzato con i teleobiettivi, entravo nell'azione, rappresentavo questo sport con uno spruzzo, con una vela che volava via, una persona che lavorava… e ho cambiato, ho rivoluzionato il metodo di fotografare rispetto alla generazione precedente».

Vincitore di numerosi premi a carattere internazionale, dopo 30 anni di attività non ha mai smesso di inventarsi, stupirsi, esplorare. E questo entusiasmo si traduce in foto potenti, fresche, originali, che giocano sulla luce, sul taglio, sulle emozioni per cogliere un aspetto sempre diverso e mai banale. «La cosa più difficile di questo lavoro», spiega, «è inventare una foto nuova ogni anno. Passo l'inverno a riguardare quelle della stagione precedente. Una volta le stampavo e le ritagliavo con la forbice, adesso col computer è molto più facile e mi permette di memorizzare una nuova prospettiva. Il problema è che anche se so di preciso cosa voglio, non in tutte le regate ti si propone la situazione ideale. Non sei in studio che accendi la luce e fai le foto. Il meteo ti dà questo, e tu devi prendere quello che ti dà».

Il suo legame con la Coppa America ha origini lontane e nasce nel 1983 - ben prima dell’arrivo di Luna Rossa - con la sfida di Azzurra, il primo yacht italiano in America’s Cup. «Non sapevo cosa fosse la Coppa America, in Italia non si sapeva», ricorda. «Un anno, lo Yacht Club Costa Smeralda di Porto Cervo ha organizzato questa sfida per la Coppa America e quando sono rientrato con l'aereo di Azzurra in Sardegna, l'aeroporto di Porto Cervo era una cosa impressionante. Noi della vela non siamo abituati al tifo del calcio e vedere tutta quella gente che ci aspettava mi sembrava una cosa incredibile, come se fossero arrivati Maradona e Messi insieme. E invece era un team velico che aveva partecipato a una regata che non aveva neanche vinto. Però il trucco è rimanere sempre con i piedi per terra. Perché il giorno che tutto questo finisce, devi saper andare avanti ugualmente. Io sono sempre stato molto modesto. Sono uno del lago: se c’è lavoro, bene. Se non c'è, vado a pescare. La filosofia di vita di uno del lago è così. Non è che hai bisogno di tanto, no?».

Dopo così tanti anni a fianco del team italiano, Carlo Borlenghi fa a tutti gli effetti parte della grande famiglia di Luna Rossa e ne condivide le gioie e le delusioni. «Grazie al mio carattere riesco entrare facilmente in sintonia con le persone, in tutti i dipartimenti. Quando copri l’intero evento, poi, è bellissimo perché vivi con loro per tanti mesi e ti senti in famiglia. Io sono un po' distaccato rispetto alle emozioni, perché non puoi commuoverti o essere triste quando stai facendo le foto. Per cui, quando loro gridano o piangono perché la barca ha perso o ha vinto, io resto neutro: scatto e basta. Dopo, quando riguardo le foto, mi capita di emozionarmi, ma in quel momento non posso». 

Sempre allegro, amante della buona cucina, delle macchine veloci e delle barche, che insegue aggrappato a un gommone o affacciato al portellone di un elicottero, Carlo a casa sta poco, uno, due mesi l’anno. «Le giornate durante le regate sono piene e passo molte ore in mare anche in condizioni di brutto tempo, quindi alla fine senti la stanchezza. Quando torno a casa, trascorro due giorni al lago per riposarmi e riconciliarmi con la vita, senza vedere nessuno, perché sono stato a lungo in mezzo a tanta gente. Al terzo giorno ammetto che comincio a scalpitare e non vedo l'ora che arrivi il prossimo evento per partire e ricominciare».

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