Salone Nautico di Genova

Salone Nautico di Genova

Viva l’Italia, viva il nostro Salone Nautico di Genova

Editoriale

28/05/2020 - 11:07

Quello dei saloni nautici è uno degli argomenti caldi che sta animando l’ambiente degli addetti ai lavori, che con le loro aziende ne sono normalmente protagonisti. Dopo la raffica di cancellazioni o posticipi che ha riguardato i boat show di primavera, ora l’attenzione è spostata su quelli di settembre, che apriranno l’anno nautico 2021: si faranno o non si faranno? Sull’argomento abbiamo già scritto, disegnando i probabili scenari, un paio di settimane fa.

Nel frattempo sono accadute un paio di cose non da poco, che danno ulteriore spazio alle riflessioni. La più evidente e roboante, perché divenuta di pubblico dominio, della quale vi abbiamo dato conto su PressMare, è la fronda che i 20 principali produttori mondiali di superyacht - Abeking & Rasmussen, Amels, Baglietto, Benetti, Bilgin Yachts, Burger, CRN, Delta Marine, Feadship, Heesen Yachts, Horizon, Lurssen, Nobiskrug, Oceanco, Perini Navi, Royal Huisman, Sanlorenzo, Silver Yachts, Turquoise Yachts, Vitters Shipyard, Fincantieri – riuniti sotto l’egida dell’associazione SYBAss, hanno messo in atto di comune accordo con gli otto maggiori società di brokerage - Burgess, Edmiston, Fraser, IYC, I.CO, Nothrop&Johnson, Ocean Indipendence, Yachtzoo – anch’essi associati col nome di LYBRA.

A spanne valgono numericamente oltre la metà delle barche che si espongono ogni anno al Monaco Yacht Show, al quale, hanno messo nero su bianco, nel 2020 non parteciperanno. “Non abbiamo visto ancora un piano per rendere sicura la prossima edizione – dicono gli espositori - e stante la situazione del 2019, in termini di logistica e organizzazione, non pensiamo che il MYS sia un posto sicuro per noi che dovremmo lavorarci e tantomeno per i nostri clienti, che dovrebbero venire a vedere le barche.”

Un duro colpo, che Informa, la società organizzatrice del salone monegasco, pare abbia incassato senza che ciò intaccasse la sua granitica volontà di andare avanti: il Monaco Yacht Show 2020, hanno detto, si farà. Sì, ma come? Definire lo spazio espositivo angusto e arrangiato è assolutamente corretto: Port Ercule è un porto unico come esclusivo è il Principato che gli fa da cornice. Nessun altro posto al mondo sa di yachting e di lusso come Monaco e ciò ha sempre fatto passare in secondo piano ogni sua incongruenza tecnica rispetto a ciò che dovrebbe essere una rassegna nautica. Anche in tempi normali fare la pipì o mangiare un panino dentro al salone, può diventare un’impresa, la folla è ovunque, le file una costante. Ci associamo ai “ribelli”: impensabile affrontare l’edizione 2020 del MYS, con il solito layout, con la solita organizzazione, con il solito afflusso di gente.

Immaginiamo che, al di là delle dichiarazioni più o meno pubbliche, ovviamente, si stia trattando. Innanzi tutto, perché venendo a mancare i protagonisti di cui sopra, oltre a perdere circa il 60% delle barche esposte e quindi il 60% del fatturato, verrebbe a mancare il gotha della cantieristica e di chi fa il mercato, e questo sarebbe un duro colpo per la rassegna. I “ribelli” per come la vediamo noi, hanno il coltello dalla parte del manico, perché un MYS senza di loro sarebbe come fare un mondiale di Formula 1 senza la Ferrari, la Mercedes e la Red Bull: possibile? Molto improbabile.

Altro argomento meno evidente, perché finora non ha avuto una ribalta mediatica, ma non meno ingarbugliato, è quello del Cannes Yachting Festival. Anche di questo, dei problemi legati alla logistica della rassegna, abbiamo già scritto. La splendida location di Vieux Port, di fronte alla città vecchia, dove inizia la Croisette, il suggestivo lungomare di Cannes che pulsa di ricchezza e jet set, che è stata certamente il punto di forza del salone francese, oggi è ciò che lo mette in discussione. Come per Monaco, fare un salone nautico a Cannes è sempre stata una cosa abbastanza arrangiata, dove da sempre si scontano gli spazi angusti dell’esposizione che si svolge tutt’attorno al porto della città. Tutto molto bello e suggestivo, ma è impensabile che il Festival, se si farà come proprio recentemente hanno ribadito gli organizzatori, potrà essere lo stesso di sempre. Anche in questo caso gli espositori ancora non hanno visto un piano, non hanno ricevuto nessuna indicazione o comunicazione che spieghi il progetto dell’edizione 2020.

Ben più presente, anzi pressante, è invece l’attenzione con la quale gli organizzatori stanno seguendo i loro clienti, gli espositori, dal punto di vista commerciale. Fra oggi 25 maggio e il prossimo 6 luglio, pur senza sapere come e soprattutto se il salone si farà, tutti gli espositori devono pagare il proprio spazio espositivo, per taluni, i più grandi, parliamo di centinaia di migliaia di euro. Una puntata al buio che preoccuperebbe anche un giocatore professionista, figuriamoci aziende che si trovano ad affrontare tempi che non si annunciano fra i migliori.

Tutto ciò ci mette davanti a un’occasione storica, propiziata, purtroppo, da una causa grave e sicuramente di forza maggiore, come la pandemia. Se la nautica italiana vuole puntare una fiche, che lo faccia sul nostro Salone Nautico di Genova. Averlo spostato a ottobre da parte degli organizzatori, in un momento che speriamo sarà più sicuro, con meno problemi sanitari, ma soprattutto potendo contare su una location più agevole, su un quartiere fieristico che, pur con alcuni limiti, è stato comunque pensato nell’ottica di accogliere barche e visitatori, rende il suo svolgimento decisamente più probabile se non addirittura certo. Non vorremmo sembrare oltremodo cinici quanto, piuttosto, fortemente realisti perché, come si sa, è dalle grandi crisi che si possono cogliere grandi opportunità e quello che sta accadendo nell’ambito dei boat show, proprio a causa dell’emergenza sanitaria, è qualcosa di cui da italiani dobbiamo saper approfittare.

Tutti noi che lavoriamo nel settore, sappiamo che siamo stati noi, i nostri cantieri, i nostri accessoristi, i nostri porti turistici, i nostri fornitori di servizi ecc. a fare la fortuna di quello che oggi è il Cannes Yachting Festival, “il più italiano” dei saloni nautici esteri. Oltre a parteciparvi in massa, è lì che presentiamo le novità di prodotto, è lì che organizziamo le conferenze stampa ed è quindi sul Salone di Cannes che convogliamo l’attenzione mediatica di tutto il mondo, rendendolo ogni anno più forte. Sarebbe il caso di dire basta e tale decisione per l’edizione 2020 dovrebbe essere in molti casi agevolata, giocoforza, dal rallentamento delle produzioni nei cantieri, che difficilmente renderà i nuovi modelli pronti per inizio settembre.

La nostra industria degli yacht, tornata a essere compatta e dunque forte, come ha dimostrato nella gestione del lockdown e della “fase 2”, dovrebbe dare prova di maturità proprio decidendo coesa che non è più tempo di fare grandi gli altri, quando i grandi siamo noi. Il Made in Italy nella nautica è un riferimento per tutti, abbiamo i migliori designer, i migliori cantieri, la migliore filiera, dobbiamo fare in modo che il nostro Salone Nautico torni a essere inequivocabilmente il migliore, focalizzando gli sforzi di tutti in questo senso.

Sforzi che deve però fare in primis e soprattutto la città di Genova, i suoi amministratori, i suoi esercenti, i suoi taxisti, i suoi albergatori ecc. Tutti devono essere consapevoli che la loro città, portuale e industriale, non può competere con Cannes, città di villeggiatura della Costa Azzurra che da due secoli è sinonimo di lusso, così come Corso Italia, pur suggestivo, non potrà mai misurarsi con la Croisette, e se vogliono che il Nautico torni a essere grande, devono per primi rimboccarsi le maniche e lavorare per far diventare Genova quella città accogliente che non è. Non si deve speculare sul Salone ma si deve investire su di esso affinché Genova diventi davvero la capitale della nautica mondiale. La ricostruzione del ponte sul Polcevera, come hanno più volte detto sia in Sindaco di Genova, Marco Bucci, sia il Governatore della Liguria, Giovanni Toti, deve essere il punto da dove far ripartire la città per darle un nuovo futuro.

Fabio Petrone

 

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