La nautica e la febbre del foil
Da qualche anno le barche a vela hanno riportato alla ribalta il foil, un’ala. Questo perché una superficie alare immersa in un fluido con un angolo d'incidenza e una qualche velocità, è in grado di generare una spinta perpendicolare alla superficie stessa. Avete mai fatto l’esperimento del cucchiaio? Un cucchiaio messo sotto al rubinetto aperto con la parte convessa (cioè incurvata verso l’esterno) se libero oscillerà con forza verso il getto invece di allontanarsene. La forza di attrazione è quella che gli inglesi chiamano lift: la portanza.
L’uomo ha imparato a usare questa forza e a servirsene in molte occasioni. A noi chiaramente viene subito in mente l’areoplano ma prima, spesso, lo mettiamo in relazione alla barca: probabilmente il foil più antico è il remo, poi la vela, il timone, la deriva. Lo scafo stesso, se ben immerso, sottoposto alla forza laterale espressa dalle vele, resiste allo scarroccio creando una forza contraria essendo esso stesso proprio come il cucchiaio convesso. Questa forza è rilevante tanto che l’idea di poter sollevare la barca dall’acqua non è nuova.
Nel 1950 Gordon Baker progettò e costruì una barca a vela capace di alzarsi sui foil con circa 13 nodi di vento e di viaggiare a una velocità doppia di quella del vento (true wind speed). L’utilizzo moderno dei foil nella vela ha però un’altra origine: nel 1985 su un trimarano F27 apparvero derive curve e più avanti a “J” per dare spinta verso l’alto agli scafetti che al lasco tendevano ad immergere la prua, facendo aumentare la resistenza e rendendo difficile il governo. Da lì si arrivò per gradi ai così detti “baffi di Dalì” appendici laterali che controllano scarroccio e momento sbandante, fino ad arrivare agli odierni AC che volano sospesi tra i foil in acqua e quelli in aria.
Per le barche a motore, invece, il 1906 fu l’anno X, l’inizio della avventura. Un ingegnere italiano, Enrico Forlanini, prima e uno molto famoso americano poi, riuscirono a ottenere mezzi a sostentamento alare, aliscafi di piccole dimensioni e grande velocità nonostante i motori di ridotta potenza rispetto a quelli attuali. La barca di Forlanini raggiunse i 37 nodi con 60 cavalli di potenza mentre quella di Graham Bell e Casey Baldwin raggiunse i 62 nodi con due motori aerei da 350 HP l’uno, 700 hp totali.
Dato che conosciamo il peso di HD-4, lo scafo americano, che era 5.000 chili, potremmo supporre che per spingerla a 62 nodi senza foil sarebbero stati necessari 1300 HP, quasi il doppio: capiamo ora meglio l’enorme potenziale dei foil nel trasporto marittimo veloce. Nonostante questi e altri tentativi americani, sono stati i russi che, sfruttando l’immensa quantità di acque interne, hanno potuto sviluppare aliscafi semplici ma di grandi prestazioni per la navigazione sui fiumi e sui laghi, arrivando a disporre di una flotta di grande tonnellaggio costruita nei cantieri locali.
Quando un aliscafo si libra sull’acqua è veramente uno spettacolo, si vede che sforza prima del decollo (take off) poi a un tratto si libera dalle catene e parte veloce e stabile, sì stabile perché le ali mitigano anche i movimenti della barca sul piano trasversale come su quello longitudinale. La larghezza, l’altezza, il peso non contano più: vola. Utilizzare la configurazione ad aliscafo è letteralmente mettere le ali come ce le avevano i calzari di Mercurio e poter trasportare 150 passeggeri a 100 km/h. Non sempre è possibile mettere le ali a una barca: se la velocità è sufficiente, le ali saranno relativamente piccole e il risparmio di carburante sarà cospicuo, circa la metà di una imbarcazione planante delle stesse dimensioni alla stessa velocità.
Viceversa, se la velocità di progetto è bassa allora il foil non conviene, l’attrito delle ali gli sarebbe fatale. Riguardo alle varie configurazioni d’ala, esse si distinguono soprattutto per la loro capacità o meno di determinare superficie e incidenza che, altrimenti, vanno regolate da un autopilota con un sensore di altezza. Proprio come un aeroplano, l’aliscafo ha un approccio diverso alla sicurezza e alla navigazione in generale e come l’automobile l’aliscafo si presta facilmente a essere autonomo o guidato da remoto. Da vecchio marinaio mi chiedo che gusto ci sia e, soprattutto nelle competizioni veliche, auspico non si mischino barche con i foil e barche senza, perché sono attrezzi troppo diversi. Il progresso però non si ferma.
Michele Ansaloni