Barche usate, le schede di Gino Ciriaci: Vagabond 47

Barche usate, le schede di Gino Ciriaci: Vagabond 47

Barche usate, le schede di Gino Ciriaci: Vagabond 47

Barca a vela

15/03/2025 - 11:11

VAGABOND 47, Cantiere Velmare di Donoratico (Livorno)

Perché parlare di barche non più in produzione? Facile: perché ancora si trovano, perché sono richieste da chi vuole barche comode da crociera, perché ebbero successo perché erano indovinate e non seguivano nessuna moda, ma dovevano essere facili da condurre.
Molte di queste barche hanno avuto un sicuro successo e di queste parlerò anche prossimamente; oggi cominciò dal Vagabond 47 perché gradevoli e simpatiche, senza fare alcun rapporto con le barche a vela di oggi, di cui vengono esaltate la velocità massima raggiunta, ma che sono meno pratiche per i velisti a cui interessa più la barca da crociera o una barca – casa.
Non dimenticando poi che le barche di una volta costano molto meno di quelle di oggi e, a volte, sembrano anche meno durevoli proprio per i loro sistemi di costruzione, a volte più delicati.
Ma questo vale anche per i cabinati a motore.
Alla base di tutto questo c’è il fatto che una barca rispecchia la moda corrente, del momento in cui fu pensata e costruita. Considerando poi che le mode cambiano oggi molto più rapidamente di quanto avveniva una volta, si rischia di trovare un mercato del nuovo invaso da modelli simili ma a volte non giustificati da particolari caratteristiche.

VAGABOND 47

Mi è facile scriverne: conosco questo modello da molto tempo perché ne ho visti e periziati tanti, perché quando fu lanciata sul mercato dal 1974 e fino al 1981 ebbe successo per buoni motivi.
Questa barca però se la si cerca negli annunci ha un difetto: è difficile trovarne, come capita molto spesso alle barche di successo.
Eppure piace ancora, anche se non fa regate, anche se non è troppo invelata, anche se è più adatta ad una vera seria crociera grande o piccola.

Il Vagabond 47, progettato dall’ottimo Mauro Stefini, fu prodotta in 63 esemplari, tutti a ketch e uno solo a sloop : e questo dimostra la validità della scelta di una barca a due alberi, cioè di un ketch.
Va anche detto che in quell’epoca e fino ad oggi sono stati costruiti molti ketch, soprattutto all’estero, dove per la crociera si preferiscono barche con la velatura più frazionata, non con un unico albero cioè che comporta velature molto alte e più faticose.
Alla sua uscita il Vagabond 47 fu indicato, abbastanza per errore, come motorsailer soltanto perché aveva un motore finalmente utile che poteva andare dagli 80 ai 120 HP. In questa barca, gli alberi un po’ più corti, ma di poco di uno sloop, sono pensati per una velatura frazionata e ben più facile da gestire, anche da persone di una certa età.

La velatura comprendeva un fiocco e anche una trinchettina, oltre ad una randa di maestra ed una di mezzana, con due alberi passanti appoggianti in chiglia: questa soluzione teneva ben conto della sicurezza.
Il pozzetto era centrale e aveva un accesso all’interno verso prua e uno verso poppa, per cui, in pratica, si avevano due zone di vita separabili: questo era molto apprezzato da chi voleva poi portare degli ospiti a bordo.
Gli interni comprendevano due cabine doppie a prora e una singola con un bagno, una grande dinette con divani a dritta e divano a sinistra, una buona cucina e una cabina di poppa con cuccetta matrimoniale e il divano con tavolini a dritta, il tutto servito da un altro bagno.
Considerando anche che la larghezza massima è di metri 4,32, si vede subito che lo spazio interno c’è ed è ben tagliato.

L’immersione era di metri 1,80 e i serbatoi dell’acqua sono di litri 1.400 in totale, cosa che permette finalmente buone crociere, potendosi anche lavare ogni giorno, contrariamente a molte barche che hanno serbatoi terribilmente piccoli.
Inoltre la lunghezza era di metri 14,20 e il serbatoio del gasolio aveva una capacità di circa 650 litri: tutto questo spiega perché è una barca definibile da vera crociera.

Sottolineo che c’è il bulbo integrato nello scafo, che pesca metri 1,80, cosa che permette di avvicinarsi abbastanza anche alla costa; da notare anche il timone sostenuto da uno skeg che pesca meno del bulbo: questo comporta che in caso di incaglio nella sabbia o negli scogli il timone non sia necessariamente coinvolto.
A questo proposito faccio notare che oggi sono di gran moda i bulbi assai profondi e i timoni sospesi, per cui, in caso di incaglio la carena ne risente (e si frattura) nella zona del bulbo e ne risente anche il timone e il suo asse.
La costruzione era in resina monolitica e robusta.
Aggiungo una nota: la barca aveva almeno due zone prendisole all’esterno ed era protetto tutto lo scafo da un’ alta battagliola: cosa assai apprezzata da chi ha bambini a bordo.

Tra l’altro essendo una barca a due alberi, in caso di poco vento si poteva sfruttare ogni refola con una vela di strallo – a volte nota come carbonera – che veniva montata dalla testa d’albero di mezzana ed era murata in coperta vicino all’albero di maestra.
Questo tipo di velatura permetteva di non aver bisogno di un autopilota perché bastava regolare fioco e randa di mezzana perché la barca continuasse tranquillamente sulla rotta scelta.
Faccio anche notare che avendo un bulbo non troppo profondo e anche abbastanza corto, la barca virava con dolcezza, cosa gradita in crociera, non improvvisamente come capita con le attuali barche, più pensate forse per le regate di triangolo.
Perché il Vagabond 47 ebbe un notevole successo, come peraltro hanno avuto altre barche italiane e straniere armata a ketch? Perché erano barche da vera crociera, ideali anche per viverci, quando il proprietario non abita sul mare ma ha bisogno di una barca – casa al porto più vicino, non dimenticando che il Vagabond 47 aveva da 8 a 10 porti letto e nessun oblò a murata, una volta giustamente e saggiamente considerati pericolosi.

Se trovate un Vagabond 47 in vendita non lasciatevelo sfuggire!

Se volete altre informazioni se ne trovate una in vendita, potete sempre telefonarmi al 335/7021640, utilizzando il mio servizio di consulenza telefonica, come faccio ormai dal 1974.

E ringraziate Pressmare che parla anche di barche da non dimenticare.

Arch. Gino Ciriaci, consulente tecnico, storico e perito nautico.

©PressMare - riproduzione riservata

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