Patente nautica

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Patente nautica: Confarca risponde al nostro editoriale

Editoriale

24/07/2018 - 12:58

Riceviamo e pubblichiamo la lettera firmata da Marco Morana, Vicesegretario nazionale sez. nautica Confarca. Si riferisce al nostro editoriale dal titolo "Patente nautica: meglio il modello anglosassone o il latino?" - https://www.pressmare.it/it/comunicazione/press-mare/2018-07-06/patente-nautica-15297 - pubblicato lo scorso 6 luglio. Sull'argomento PressMare e Confarca hanno concezioni diverse, posizioni diametralmente opposte, tuttavia è una replica che concediamo con piacere perché riteniemo che il confronto fra idee pur diverse possa essere la base di un dibattito costruttivo per il bene della nautica e di tutti noi.

Domani sarà on line la nostra replica

 

Gentile Direttore,

è da tempo che seguo con particolare interesse la testata da Lei diretta, apprezzandone contenuti e completezza d’informazione con cui viene quotidianamente notiziata l’utenza nautica.

Tuttavia, chiedo di poter esprimere l’opinione mia e della Confederazione che rappresento (la Confarca) su un articolo pubblicato lo scorso 6 luglio (dal titolo “Patente nautica: meglio il modello anglosassone o il latino”), auspicando di portare nuova linfa a un così importante dibattito.

Nel mondo, come è stato fatto notare, esistono due filosofie pubbliche sulla responsabilità penali e civili: quella latina e quella anglosassone. Mentre la prima predilige la sicurezza limitando la libertà nell’agire dell’individuo, la seconda predilige la libertà a discapito però della sicurezza. Dire quale sia la migliore non saprei, ma farei molta attenzione a indirizzare gli italiani a scegliere un modello di tipo anglosassone. E di seguito mi soffermerò sulle motivazioni.

In effetti l’Italia è il Paese delle licenze, delle autorizzazioni, in cui lo Stato deve essere supervisore delle nostre volontà. E per chi è liberale come me, ciò può dar fastidio. Tuttavia, è facile cadere nel tranello di confondere il liberismo con il libertinismo.

Le motivazioni, per un Paese latino come il nostro, sono da ricercare quindi nella nostra cultura. Siamo un popolo molto estroverso e incline alle scorciatoie: scagli la pietra quell’italiano che almeno una volta nella vita non abbia cercato o usufruito di una scorciatoia…

Per farci capire l’importanza dell’utilizzo della cintura di sicurezza in auto, oppure del casco in moto per la nostra personale sicurezza, è stato necessario imporre delle norme apposite, anche per non gravare maggiormente sulle spese sanitarie dello Stato.

Se nella nautica inglese non è obbligatorio avere alcuna patente nautica per il diporto, il motivo a mio avviso non è puramente liberale, ma di coscienza e cultura: chi ha navigato nei mari del Nord sa benissimo che, sia per le maree, sia per le condimeteo avverse, in mare va chi sa andare. E non ci sono avventurosi o spregiudicati, perché lì le onde fanno paura anche da riva, prima si fa la gavetta e poi si pensa a mettersi alla conduzione, se non addirittura al comando di una barca!

Da italiano e patriota quale mi ritengo di essere, credo che il nostro popolo abbia tante virtù e pregi ma, per non essere demagoghi e ipocriti, dobbiamo ammettere che non siamo come gli inglesi: in Inghilterra si predilige più il senso civico collettivo che l’interesse privato, basta guardare la pulizia delle città: le strade sono più pulite degli interni delle case! Da noi invece strade sporche e case pulite!

Seguendo le indicazioni della nostra Guardia Costiera, tra le più presenti nel mondo in proporzione alla nostra estensione territoriale, in effetti non si permetterebbe mai il ripetersi di un evento simile a quello registrato nella regata del Fjastnet del 1979, passato alla storia come il peggior disastro marittimo mai registrato; e meno male, visto che vi furono ben 18 morti tra cui tre soccorritori…

Per quanto concerne le patenti nautiche, sicuramente le scuole nautiche – titolate alla preparazione dei candidati per il conseguimento delle abilitazioni – devono essere inquadrate come aziende imprenditoriali. E questo vale per qualsiasi attività in Italia, vale per i giornali o per l’editoria in genere, per chi costruisce ponti e strade, per chi vende il pane, addirittura per gli ospedali, ma non per questo dobbiamo evitare di mangiare o curarci se serve. La professionalità ha un costo, e su questo bisogna farsene una ragione anzi, occorre diffidare dei prezzi bassi quando si parla di formazione!

L’Italia è l’unico paese europeo (visto che l’Inghilterra non lo è più ormai) ad avere la patente nautica obbligatoria per motori con potenza superiore a 40 cv!

Patente nautica non è sinonimo di sicurezza in mare: nessuno può affermare che con la patente nautica diventeremo un popolo di bravi marinai, ma sicuramente si ridurrebbe il numero degli incidenti. Le statistiche della Guardia Costiera parlano chiaro: i sinistri maggiori avvengono a poche miglia di distanza dalla costa, e con natanti dove non vi è l’obbligo di patente nautica.

E non bisogna cadere nell’errore di pensare che tanto capitano pochi incidenti durante l’anno: se facessimo una proporzione tra numero di unità navali in acqua rispetto ai 2 mesi estivi di maggior afflusso in mare e paragonassimo i sinistri in mare a quelli automobilistici (considerando i milioni di veicoli che per tutto l’anno circolano nelle strade), il risultato sarebbe spaventoso!

Condivido di far pagare chi sbaglia e, seppur non condividendo in pieno la totalità della riforma del codice della nautica appena entrata in vigore, le sanzioni sono aumentate abbastanza.

A sgonfiare il fenomeno “nautico” non è certo una patente ad hoc, bensì le politiche anti-turismo e anti-settore che sino ad oggi abbiamo dovuto subire, senza che mai i Governi precedenti abbiano pensato al nostro Paese come una passerella sul mare. E in effetti, il danno per l’economia delle nostre coste, della filiera che produce imbarcazioni, vanto del Made in Italy e dunque del Paese, è stato enorme! Basti pensare che con il solo indotto la nautica potrebbe produrre 120.000 posti di lavoro…

La patente nautica non deve essere vista come un disincentivo, ma come un incentivo alla formazione e alla sicurezza. È normale vivere in un Paese che permette ad un sedicenne di scorrazzare vicino alla costa a 30 nodi di velocità, con un’unità navale su cui è montato un 40 cv (magari elaborato a 70), senza conoscere alcuna norma circa la sicurezza dei bagnanti e della navigazione?

Quando fu introdotta la norma sul casco per i ciclomotori 50 cc, ci fu una ribellione dei costruttori dei piccoli motoveicoli, i quali sostenevano che la legge avrebbe rovinato le loro produzioni: oggi sappiamo che ciò non è avvenuto, e sappiamo anche che con quella norma abbiamo salvato la vita a milioni di ragazzi.

Pertanto, confidiamo che la patente nautica diventi ben presto obbligatoria per qualsiasi potenza di motore su cui è installata un’elica. Concludo infine questo mio intervento citando uno dei nostri poeti contemporanei, che con una frase riassume la necessità di formazione e sicurezza, principi che cercano di diffondere da sempre le scuole nautiche Confarca:

 "Sul mare non è come a scuola, non ci stanno professori. Ci sta il mare e ci stai tu. E il mare non insegna, il mare fa, con la maniera sua."  - E. De Luca

Porgendole i miei più cordiali saluti

Marco Morana - Vicesegretario nazionale sez. nautica Confarca

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