Futuro della pesca passa dalla riqualificazione dell'intero comparto
Durante il Convegno Progetto Mare, organizzato da Confindustria il 12 maggio 2022, Francesca Biondo, Direttore generale Federpesca, è intervenuta alla tavola Rotonda “Sviluppo della pesca e della filiera ittica”. Rispondendo alle domande di David Parenzo, Francesca Biondo ha ricordato che il valore prodotto dall’economia del mare, la rilevanza socioeconomica e l’indotto creato sono fattori indispensabili per lo sviluppo del Paese. Tra i settori che ne sono parte, la pesca ha un’importanza strategica, per la diffusione capillare sul territorio e per il coinvolgimento di due filiere chiave, marittima e agroalimentare. “L’attuale crisi internazionale ha posto all’attenzione di tutti il tema dall’autonomia strategica del nostro Paese nell’ambito della quale l’autonomia alimentare riveste un ruolo strategico di cui ancora si parla poco”. Nonostante l’Italia sia uno dei principali consumatori in Europa, la necessità di interventi strutturali per il settore è evidenziata da due dati rilevanti: la flotta da pesca italiana è tra le più vetuste in Europa (età media dei pescherecci pari a 31 anni) e oltre l’80% del prodotto consumato viene importato.
L’autonomia strategica dell’Europa non può prescindere dall’urgente approvazione di un piano strategico dell’economia del mare, che indichi le policy prioritarie necessarie per arrivare al 2050 con un’industria marittima florida, competitiva, verde e digitale.
In Italia, per la valorizzazione e la transizione del settore della pesca occorre avviare una strategia concreta per consentire il rinnovo e l’ammodernamento della flotta peschereccia italiana, per colmare gap che incidono sul soddisfacimento della domanda interna, sull’ambiente, sul costo delle produzioni, sulla sicurezza del lavoro a bordo e, quindi, sulla competitività e sostenibilità dell’intero
sistema. A tal fin sono necessari strumenti di accesso facilitato al credito per investimenti, nel rispetto dei vincoli della PCP.
È anche necessario definire misure gestionali condivise tra i Paesi che hanno accesso agli stessi stock ittici, in quanto la regolamentazione unilaterale dello sforzo di pesca può tradursi nel dumping ambientale, economico e sociale.
Infine, occorre promuovere il prodotto ittico italiano tramite campagne volte a sensibilizzare i consumatori all’acquisto e al consumo di prodotti locali, e mediante l’adozione di adeguati sistemi di tracciabilità e autenticazione degli stessi.
Rendere le imprese competitive non può più significare aumentare la quantità di prodotto pescato bensì investire sulla sua valorizzazione, sulla tracciabilità e la consapevolezza dei consumatori. Solo così sarà effettivamente possibile rendere l’industria della pesca italiana ancora remunerativa e competitiva sui mercati nazionali e internazionali.
“Il futuro della pesca passa necessariamente da una riqualificazione dell’intero comparto – h concluso Francesca Biondo - una flotta tecnicamente moderna, equipaggi preparati, gestione del settore in termini adeguati al valore della produzione, rispetto e gestione del contesto ambientale, valorizzazione del prodotto”.