Mercury Diesel 6.7L, il motore compatto che parla italiano

Mercury Diesel 6.7L, il motore compatto che parla italiano

Mercury Diesel 6.7L, il motore compatto che parla italiano

Motori marini

16/02/2018 - 15:51

Mercury ha presentato in anteprima mondiale al Salone di Genova lo scorso settembre il nuovo motore diesel da 6,7 litri.

Quello che si fa di solito in queste occasioni internazionali è di fornire notizie approfondite e dettagliate sul nuovo prodotto, tralasciando come scontate notizie più importanti sullo scenario, sulla storia e sulla evoluzione, sui comportamenti, sulle strategie, sulle scelte che portano finalmente alla presentazione. Non è bene! Perché un singolo modello, un singolo prodotto sono come la punta di un iceberg; niente, cioè, a fronte di tutto quello che la supporta. E ci spieghiamo meglio: possiamo farlo dall’alto di una esperienza giornalistica che ci ha reso partecipi, e talvolta protagonisti, della storia della nautica degli ultimi settanta anni. Anni nei quali siamo stati testimoni di evoluzioni e progressi che consideravamo impossibili. I motori diesel nel diporto nautico erano, alla fine della prima metà del secolo scorso, solo dei piccoli entrobordo in linea d’asse tradizionalmente alimentati con iniettori comandati da una singola pompa meccanica. Mercury con i suoi motori a benzina, entrobordo e fuoribordo, aveva già una fama ed una reputazione, oltre che un ampio mercato senza concorrenti. Poi il diesel leggero comincia a farsi strada prepotentemente nell’automobile in Europa e sale in barca con il piede poppiero. A questo punto Mercury ha due possibilità: progettare un motore diesel o stabilire accordi, fare campagna acquisti: sceglie la seconda strada e acquisisce il diesel marino BMW (si, proprio la casa tedesca di auto) che porta in dote anche un accordo esclusivo con la italiana VM. Due piccioni con una fava, insomma, perché la culla dei diesel leggeri è l’Europa, ed in particolare la Germania e l’Italia, e perchè con prodotti di origine europea Mercury acquisisce anche i mercati europei, principali utilizzatori del diesel nautico. Eravamo a Genova quando Roger Miller, vice presidente della Mercury Marine, presentò alla stampa i primi Mercury diesel: ed eravamo a Shengen, nel 1996, quando le linee VM dedicate alla Mercury consentirono la conferma del diesel italiano adottato dalla Mercury. Il fatto che nel frattempo la VM era passata sotto il controllo della Detroit Diesel americana non era un fatto negativo per far accettare anche nell’area nordamericana i prodotti diesel Mercury.

Nel frattempo l’elettronica saliva pesantemente a bordo del diesel: il primo iniettore elettronico fu presentato a Genova proprio dalla Detroit Diesel.

Al Salone di Dusseldorf del 2000 scende in campo la VolksWagen (lo slogan era “i motori VW hanno imparato a nuotare”) e quindi Mercury sceglie, per la sua gamma alta di diesel, di utilizzare i motori tedeschi e rafforzarsi sui mercati europei.

Nel frattempo però non trascura il mercato americano con una joint venture con Cummins: eravamo nel 2007 a Charleston, sede della Cummins, a provare il primo Joystick al mondo. Se ci pensate il joystick è una invenzione meravigliosa che consente di variare per ognuno dei due motori, ed indipendentemente dall’altro, direzione, senso e potenza, che un computer gestisce in modo da consentire alla barca qualsiasi movimento, traslazione o rotazione. Quella provata a Charleston era applicata a motori entrofuoribordo, ma sarebbe stata presto estesa ai POD, presentati a Miami nel 2006 e realizzati in collaborazione con la tedesca ZF. Il POD ha, agli effetti della spinta, più o meno le stesse caratteristiche del piede poppiero: ma, a differenza di quest’ultimo, ha una collocazione più centrale nello scafo e, soprattutto, consente l’utilizzo di potenze più elevate del gruppo propulsore. Nasce così l’esigenza Mercury di disporre di un motore evoluto, compatto e potente. L’orientamento verso la tecnica italiana ritorna prepotente e quindi Mercury si accorda nel 2015 con FPT.

Chi è FPT? E’ la ditta del gruppo Fiat che costruisce i diesel conosciuti in tutto il mondo, prima che con l’attuale sigla, come AIFO, poi IVECO. Il fatto che il gruppo Fiat assorba la americana Chrysler per Mercury porta solo bene ai fini commerciali, anche perché sono molte le innovazioni tecniche che Fiat ha introdotto nei diesel, soprattutto nel campo della gestione elettronica e nel controllo della combustione con il “common rail”. Tanto per ricordarlo il common rail è un condotto che porta agli iniettori il combustibile a pressione molto elevata e controllata da una pompa elettrica, anziché meccanica collegata al regime del motore, il che consente di stabilire, mediante controlli elettronici dei soli iniettori, una iniezione a pressione costante variandone l’inizio e la durata, nei tempi e nelle quantità: ne derivano emissioni ridotte che consentono di rispettare i limiti che man mano si vanno riducendo. Un motore pulito quindi

Hanno messo circa due anni a mettere a punto la versione per il diporto, che vale la pena di considerare sotto molteplici aspetti, anche quello estetico. Perché il 6.7 è proprio bello: ed è uno dei giudizi che abbiamo espresso quando lo abbiamo visto per la prima volta. Dicemmo allora che, se fosse stato possibile e compatibile, avremmo scelto una copertura del vano motore trasparente. Parleremo ancora di questa tendenza stilistica che Mercury ha rivelato nelle sue scelte e che risponde all’amore del bello, caratteristico dello stile italiano. Bello perché è compatto e sobrio nelle volumetrie e nei colori: un volume di meno di un metro cubo (110x87x85 cm) per un peso totale di 730 kg, capace di sviluppare un massimo di 550 CV, un CV per ogni 1,33 kg.

Il motore viene offerto, a costi ovviamente da concordare volta per volta con Mercury, in tre diverse potenze, 480, 500 e 550 cavalli ottenibili in linea d’asse con riduttori ZF. Per il 500 ed il 550 CV sono anche disponibili le versioni POD

Il motore base da 6,7 litri è un sei cilindri in linea che, come abbiamo visto in precedenza, è il più bilanciato e “rotondo” dei motori: turbocompresso e postraffreddato, con 4 valvole per cilindro, rispetta i limiti imposti da EPA Tier 3, IMO Tier 2, RCD 2. Ha a 1900 giri/min il suo picco di coppia: può essere fornito per impianto elettrico a 12 o a 24 Volt.

A questo punto dovremmo ancora parlare dei motori fuoribordo, ma non vogliamo dire tutto e riserviamo ad una seconda puntata una analoga esposizione dedicata al fuoribordo Mercury.

Alfredo Gennaro

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