Le carene ibride: la carena semidislocante e semiplanante

Le carene ibride: la carena semidislocante e semiplanante

Le carene ibride, prima parte: la carena semidislocante e semiplanante

Didattica e tecnica

17/12/2018 - 06:20

Negli articoli precedenti abbiamo parlato della carena “dislocante”, cioè di quel galleggiante il cui sostentamento dinamico è dato completamente dalla spinta idrostatica, e della carena “planante”, il cui sostentamento dinamico, funzione della velocità, è dato per la maggior parte dalla spinta dinamica, che si genera sul fondo per effetto dell’inclinazione dello stesso con l’acqua e, per la minima parte rimanente, dalla spinta idrostatica. In quest’articolo parleremo di carene che si trovano tra questi suddetti due tipi di carene.

In fase di definizione delle caratteristiche di una imbarcazione ci si trova spesso a dover stabilire una serie di compromessi tra esigenze contrastanti tra loro. Gli elementi determinanti la scelta del compromesso più opportuno sono in genere il compito che l’unità dovrà svolgere e le condizioni ambientali in cui essa potrà trovarsi.

Figura 1: scia e fondo bagnato di una carena planante (Niels E. Sorensen)
Figura 1: scia e fondo bagnato di una carena planante (Niels E. Sorensen)

Se si ottimizza la forma di una carena dislocante, ovviamente, si ottiene una carena tonda, perché è la forma che offre minore resistenza totale all’avanzamento, e si otterrà una velocità massima consentita da tutti i coefficienti idrodinamici relativi alle forme della carena. Questo tipo di carena sarà chiamata semidislocante. Altrettanto, ottimizzando la forma da una carena planante, si ottiene una carena a spigolo e si chiamerà semiplanante. Si ricorda che una carena è in planata quando i fianchi non sono bagnati (Figura 1), cioè quando la velocità dell’acqua sotto il fondo è tale da spingere il flusso dell’acqua lontano dai fianchi. Queste due forme di carena, quindi, soddisfano due modi diversi di navigare, uno adatto alle velocità moderate, l’altro adatto alle velocità elevate.

Queste carene derivano da necessità operative. Cioè il committente chiede una velocità che, relativamente alla lunghezza e al dislocamento del mezzo, condiziona la scelta della carena che non può essere soddisfatta né da una carena tonda, né da una carena a spigolo.

A questo punto saranno l’ingombro dell’allestimento, il dislocamento e la velocità a determinare la scelta di una carena ibrida che deriverà da una tonda o da una a spigolo. Questa carena sarà una carena rispettivamente semidislocante o semiplanante.

Da un punto di vista idrodinamico un’imbarcazione risulta fortemente caratterizzata dai seguenti parametri :

- il numero di Froude: \(F_{n} = {{V} \over \sqrt{g \cdot L_{WL}}} \)

- il quoziente di Taylor: \(T_{q} = {{V} \over \sqrt{L_{WL}}} \)

- il rapporto di snellezza della carena: \({L_{WL} \over B_{WL}} \)

- il rapporto, che potremmo definire come la "lunghezza relativa al dislocamento": \(\nabla \over {L_{WL}}^3\)

dove:

Figura 2: zone regimi di velocità
Figura 2: zone regimi di velocità

V  = velocità;

g  = accelerazione di gravità;

LWL = lunghezza al galleggiamento;

BWL = larghezza al galleggiamento;

  = volume di carena;

Il numero di Froude ed il quoziente di Taylor esprimono un concetto di velocità relativa dell’imbarcazione, cioè di velocità rapportata alle sue dimensioni. La grande utilità di questi parametri stanno nel fatto che carene simili hanno comportamenti simili se fatte navigare ad ugual numero di Froude o quoziente di Taylor. In base a tale numero, si possono identificare tre zone caratterizzate da un comportamento diverso (Figura 2).

Nella prossima parte dell’articolo si parlerà della tre zone di regime di una imbarcazione e identificate nella Figura 2.

Angelo Sinisi

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