Stabilità e foils sui nuovi IMOCA, i principi di funzionamento

Stabilità e foils sui nuovi IMOCA, i principi di funzionamento

Stabilità e foils sui nuovi IMOCA

Didattica e tecnica

09/10/2019 - 08:47

Grazie al contributo di Cristian Pilo, consulente e tecnico di cantiere, specializzato in progetti di autocostruzione che propone sul suo sito www.modernwoodenboat.com, presentiamo un'interessante e precisa analisi tecnica sul funzionamento dei foil sugli IMOCA 60 di ultima generazione, che occupano tutte le posizioni di vertice della Vendée Globe. Nota per il lettore: questo post è stato scritto prima della partenza della Vendée Globe.

Occorre qui entrare in un mondo completamente differente, analizzando la stabilità dinamica (non statica, per forza di cose, lo vedremo oltre) dei modernissimi IMOCA della nuova generazione, caratterizzati dall’utilizzo dei foil, ovvero appendici alari complesse immerse; queste barche partiranno tra una settimana circa per il Vendée Globe, famosa regata intorno al globo in solitaria e senza scalo, e la nuova generazione di “IMOCA-foil” costituisce un terzo circa della flotta sulla linea di partenza, a testimoniare una direzione progettuale che è stata imboccata dalla maggior parte dei team che han messo in acqua barche nuove.

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa sono gli IMOCA e come “funziona” per loro il concetto di stabilità: per farla breve sono delle barche da regate d’altura, in pratica degli skiff di 60 piedi (18 metri) larghissimi (5 metri circa), sostanzialmente piatti sul fondo,  molto invelati, ottimizzati per andare a velocità impressionanti (record sulle 24 ore superiore alle 530 miglia, a 22 nodi media circa) soprattutto alle andature portanti e al traverso; la classe è una cosidetta classe “open”, ovvero all’interno del regolamento di classe ogni progettista e skipper può farsi la barca che vuole, in questa ultima versione alcune componenti sono standardizzate per limitare i costi di sviluppo e progettazione, decisamente alti.

Veniamo a un’analisi delle appendici di queste barche: le ultime 2-3 generazioni di IMOCA avevano adottato una configurazione di appendici immerse che prevedeva due pale del timone, una chiglia basculante, due canard circa a mezzanave. Partiamo da questa configurazione e capiamone il perché.
- Due pale del timone: configurazione ormai classica per tutti gli offshore racer, facile da spiegarsi. Gli IMOCA sono, infatti, barche larghissime e quando sbandano la linea di mezzeria è ampiamente fuori dall’acqua. Un singolo timone centrale, dunque, sarebbe al massimo immerso per metà e servirebbe a poco. Da qui i due timoni ben spostati sui lati dello specchio di poppa, con una configurazione che è ormai comune a Minitransat 6,50, Class 9,50, Class 40, IMOCA e VOR 65, in pratica a tutte le barche strettamente specializzate in regate d’altura; configurazione che inizia a essere piuttosto diffusa anche su barche da crociera sportiva (se qui sia semplice moda o motivi tecnici, è un altro discorso).
- Chiglia basculante: può essere portata sopravento, questo sposta il baricentro non poco sopravento e aumenta di parecchio il braccio GZ di raddrizzamento - vedi disegno - al netto della portanza dell’ala che è orientata nel verso meno favorevole, ma conta molto meno del peso spostato sopravvento; teniamo presente che queste barche dislocano circa otto tonnellate, pescano circa 4,5 metri e in chiglia sotto forma di bulbo di tonnellate ce ne sono circa tre; la chiglia portata sopravento perde buona parte della sua funzione di generare portanza, in direzione perpendicolare alla direzione di navigazione, ovvero limitare lo scarroccio, come avviene nelle barche tradizionali, quindi ci serve qualcosa che assolva questa funzione.

- Canard sollevabili a mezzanave: due derive a baionetta come quelle di un Laser, in scasse circa come quelle di un laser, solo verticali, lunghe 7 metri, dei quali 3 sott’acqua, e posizionate fuori dalla linea centrale della barca con un profilo asimmetrico. Il loro compito è generare la spinta anti scarroccio, specie in bolina e al traverso.

L'analisi comparata della stabilità statica di una barca “tradizionale” e di un IMOCA 60 dotato di chilgia basculante (canting keel) e zavorre ad acqua, dove è evidente l’aumento del braccio raddrizzante GZ.

Nella figura un'analisi delle forze generate dalle appendici in questa configurazione, possiamo notare come a parte una minima componente di portanza rivolta verso l’alto generata dalla chiglia basculante, le altre forze sono sostanzialmente destinate a non fare scarrocciare la barca e ad aumentare il raddrizzamento

Breve digressione 1: il mantra di tutte le modifiche, dagli scafi a spigolo alla chiglia basculante, dalle zavorre ad acqua riempibili sulle murate ai foil, è: AUMENTARE IL MOMENTO RADDRIZZANTE sino al limite imposto dalla classe (attualmente 32000 kgm) senza appesantire le barche, ovvero potere tenere tela a riva con venti più forti senza sbandare troppo, e riuscire a sfruttare al massimo la potenza data dagli impressionanti rig rigidissimi in carbonio ad alto modulo e dai piani velici con vele supertecnologiche e rande che ormai sono rettangolari, ne più ne meno come le ali di un aereo. Le rande triangolari o con allunamento tondeggiante sono ormai un lontano ricordo in questo mondo. Tanta tela, tanta tela in alto dove c’è più aria e più pulita dalle turbolenze (il limite regolamentare è di 29 metri di lunghezza per l’albero) e quindi sempre maggiore forza di sbandamento da parte del piano velico, tale da contrastare con il momento raddrizzante dello scafo.

Breve digressione 2: parlando con persone coinvolte nel mondo delle regate offshore, la sensazione condivisa è che oggi le regate come la Vendée Globe si vincono più guadagnando sulle andature con venti medio leggeri, sulle così dette “transizioni”, piuttosto che andando come matti in condizioni da “50 urlanti e 40 ruggenti” dove alla fine vai sì veloce, ma sostanzialmente sei sempre sovra-potenziato e devi stare attentissimo a non spaccare nulla, visto lo stato del mare. I nuovi set di modifiche, quindi, sono tarati per poter andare “full throttle” in condizioni medie o medio-leggere, dove puoi davvero spingere al 105% senza rischiare di spaccare tutto ogni volta che pesti su un’onda.

Esaminiamo ora la configurazione “IMOCA foil” che è la novità di quest’anno e cerchiamo di capire quali vantaggi ed eventuali svantaggi comporta.

Timoni: same old story, stessa configurazione precedente, nessuna grossa novità concettuale.

Chiglia basculante (canting keel): anche qui, ottimizzati i meccanismi idraulici che movimentano la chiglia, e le strutture di rinforzo correlate, che non pochi problemi avevano creato sulle canting keel della prima generazione, il sistema è quello già collaudato;
Canard (daggerboard, derive) a mezzanave: puff, SPARITI! Le barche che adottano i foil non utilizzano i canard, il regolamento limita il numero di appendici, dunque i foil devo avere una doppia funzione.
Foil: le barche hanno adottato una configurazione di foil a L (vedi foto) che, pur con qualche differenza, sembra garantire il miglior rapporto vantaggi/rischi. I foil sono delle L in carbonio monolitico (ovvero pieno, niente strutture a sandwich), retraibili in scasse nello scafo, ovvero quando non servono si tiran dentro e rimangono solo dei baffetti impertinenti sulla murata. Poco male, tanto queste carene hanno già una superficie bagnata degna di un campo da tennis e non saranno quei baffetti ad aumentare di molto la resistenza in acqua nelle bavette del pot au noir.

Che tipo di forze generano questi foil? Di sicuro dovranno supplire alla mancanza delle derive (canard) a mezzanave, ovvero generare una forza anti-scarroccio sufficiente. Di questo si “occupa” prevalentemente la parte verticale del foil, e sin qui siamo più o meno come eravamo nella scorsa generazione di barche. La parte orizzontale ha un altro compito, non meno importante, di generare portanza orientata circa perpendicolarmente alla coperta della barca per andare, manco a dirlo, ancora una volta ad aumentare il raddrizzamento (vedi disegno); e questo mantenendo il peso della barca intatto, senza appesantirla imbarcando acqua nei ballast; et voilà, ecco qui la soluzione ideale in condizioni medio-leggere di vento, barca leggera, velocità e momento raddrizzante al massimo.

Foil e velocità: senza stare qui a macinare troppa matematica e fisica, la portanza (o lift) generata da un’ala (i foil e i canard sono ali, né più né meno di quelle di un aereo) è proporzionale al quadrato della velocità. Quindi, passando da 12 a 24 nodi (velocità che gli IMOCA fanno in tutta tranquillità) la portanza generata dai foil QUADRUPLICA, aumentando considerevolmente il momento raddrizzante. Ecco perché ha senso parlare solo di stabilità dinamica, perché è proprio la velocità a “creare” momento raddrizzante, un po’ come nelle monoposto da F1 è la velocità ad incollare le macchine in terra per la portanza generata dalle ali sul muso e in coda (e dalle ormai altre mille superfici dinamiche).

Effetti “collaterali” dei foil: dai filmati emersi finora, anche se di sicuro sono girati più per fare “spettacolo” che per mostrare il reale potenziale delle barche, molti addetti ai lavori sono rimasti davvero stupiti dalla stabilità espressa dalle nuove barche in beccheggio; picchiano e pestano anche in condizioni dure molto meno delle barche della generazione precedente. Una parte di questo comportamento è sicuramente da ascrivere ai foil, un’altra parte importante è da imputare agli aumentati volumi nelle prue (sezioni di prua più piene) delle barche odierne.

Tutto risolto: nessun problema?

Insomma, non proprio: i foil hanno pro e contro, una delle risposte che si attendono da questa Vendée Globe è se i pro soverchino i contro o se alla fine le cose si equilibrano e le barche “nofoil” possano ancora dire la loro, al netto del fatto che di sicuro i foil pagheranno lo scotto della gioventù in termini di affidabilità (è sempre successo per i salti in avanti di tecnolgia in questa classe); una delle preoccupazione è: altre appendici in acqua, possibilità di ulteriori collisioni con UFO (quegli oggetti semisommersi dei quali si stanno riempendo gli oceani), possibilità che una collisione con i foil ad altissime velocità (20 nodi e oltre) crei danni strutturali importanti allo scafo, anche perché mentre il foil è in resistentissimo carbonio monolitico, le murate dello scafo sono in sandwich. Quindi il rischio è che in caso di collisione il foil faccia… il coltello nel burro;

Le barche della Vendée Globe sono mostri tiratissimi, ogni cosa è esasperata al massimo e praticamente nessuno skipper nel lotto di quelli che partono per vincere, vuole perdere anche una minima frazione di velocità per mettere magari 200 kg in più di rinforzi strutturali oltre quelli necessari.

Gli IMOCA 60 nascono dopo accuratissime campagne di simulazioni statistiche della regata: in pratica le barche corrono centinaia di regate “virtuali” al calcolatore, nelle varie configurazioni di piani velici, appendici immerse, dislocamenti, cercando di capire quale soluzione possa avere maggiori probabilità di risultare vincente in una “Vendée Globe media” dal punto di vista meteo.

Con il senno di poi: con i due leader oltre l'80% della Vendée dietro le spalle, possiamo dire che su sette barche dotate di foil solo due si sono ritirate, le prime quattro posizioni sono detenute da barche dotate di foil (anche se Elies in quinta posizione è molto vicino al quarto, Dick) e che nessuno si è ritirato per cause direttamente correlate ai foil. Molti invece hanno colpito UFO con danni rilevanti allo scafo e alle strutture. Appare evidente come le competizioni offshore possano stimolare la ricerca nella direzione di adeguati sistemi di allarme per gli oggetti semisommersi, di cui potranno avvantaggiarsi tutti coloro che navigano.

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