Marco Valle, amministratore delegato di Azimut Yacht

Marco Valle, amministratore delegato di Azimut Yacht

Intervista a Marco Valle, amministratore delegato di Azimut Yachts #1

Editoriale

30/03/2018 - 12:44

Azimut Yachts: concretezza e visione per continuare a essere leader

Marco Valle, amministratore delegato di Azimut Yacht. 50 anni, scorza di triestino innestata ai piedi delle Alpi piemontesi, a Torino, dove vive e lavora da 22 anni. Ovvero da quando è entrato in Azimut Yachts, ad Avigliana. Una lunga militanza partendo dal basso – “sono entrato in azienda e facevo le fotocopie” dice sorridendo – durante la quale ha visto poi salire tutti i gradini che lo hanno portato al vertice di Azimut Yachts.

“Marco Valle è portatore della Storia e del Dna della nostra azienda. Il suo ruolo ai vertici garantisce continuità…” La frase di Paolo Vitelli, al momento della nomina del manager al ruolo di AD, sottolinea non solo la stima e la fiducia nella persona ma anche di quanto egli sia radicato nell’azienda, cosa rara nel nostro “piccolo mondo” della nautica, dove gli avvicendamenti e i cambi di casacca sono la norma. Cresciuto in ambito commerciale, lavorando spesso su e giù per il mondo, del mercato è un profondo conoscitore, specie per ciò che concerne le fasce dove s’inserisce la produzione Azimut Yachts: da 40 piedi fino ai 35 metri. Ciò ne fa di diritto anche uno dei maggiori esperti di quel mercato, del quale ha vissuto i momenti fulgidi e anche quelli della crisi, che hanno fatto vacillare l’intero sistema nautico mondiale. Affabile, molto concreto, ci ha concesso un’intervista.

Il mercato sembra aver ritrovato il dinamismo giusto e Azimut Yachts da tre anni a questa parte ha intrapreso un trend di crescita più che positivo, periodo per altro coinciso con la sua nomina prima a direttore generale e poi ad amministratore delegato di Azimut Yachts. Come valuta questa situazione?

Le confermo che la tendenza del mercato è di crescita, c’è molta più competitività e questo è positivo perché confrontarsi con cantieri che lavorano bene, stimola a fare sempre meglio. Gli anni di crisi che la nautica ha vissuto, sebbene estremamente negativi, sono serviti per rinnovare un’industria che – con il senno del poi – forse era troppo ferma su se stessa, con un mercato molto favorevole dove si vendeva di tutto e a prezzi alti. I cantieri che sono sopravvissuti, sono quelli che hanno saputo reinventarsi: hanno rivisto le produzioni, i modi di progettare, il livello di qualità. La crisi ha fatto sopravvivere la qualità che ha riconquistato il suo reale valore di fronte a una clientela che ha continuato a comprare guardando non tanto al prezzo, quanto al contenuto.

L’industrializzazione del cantiere di Avigliana deve avere sicuramente aiutato…

Certo, proprio per questo abbiamo retto il colpo. Paolo Vitelli ha cercato sempre di industrializzare l’azienda e di avere una barca qualitativamente efficiente già in cantiere. Questa filosofia in tempi pre-crisi non era così diffusa, soprattutto per imbarcazioni sopra i 24 metri. Ad Avigliana siamo sempre stati autosufficienti ma su Viareggio lo siamo diventati in seguito, dopo che abbiamo rivisto alcuni processi produttivi. La ricerca sul carbonio e la sua introduzione come materiale standard su tutta la sovrastruttura di tutte le imbarcazioni nuove, ha avuto sicuramente un impatto sui costi, tra il 20/30% in più, però ci ha dato la possibilità di avere un prodotto con un contenuto maggiore. Col carbonio si hanno barche più leggere sulla sovrastruttura, quindi con baricentro più basso che consente loro di stare meglio in acqua, ma anche volumi migliori, consumi più bassi, prestazioni migliori, insomma un insieme di vantaggi da vendere.

E la clientela ha apprezzato?

Indubbiamente. Stiamo puntando ancora oggi sul design e sull’innovazione tecnologica, due cose che sono sempre state intrinseche nel modo di pensare di Azimut. Innovazione per cercare di essere sempre i primi: siamo stati tra i primi cantieri europei ha usare i Pod di Volvo Penta, i primi a mettere le finestrature a scafo nelle imbarcazioni senza la cornice in acciaio, i primi a fare la barca open con un salone chiudibile. Poi, la carena Dual Mode del Magellano, che consente di navigare bene a lento moto, consumando pochissimo, ma anche di andare veloci, un concept poi ripreso da altri importanti cantieri. Le carene wave pierce per le imbarcazioni più grandi, la ricerca che abbiamo fatto sui materiali, per averli più performanti ma anche perché le loro lavorazioni o il loro impatto sull’ambiente fosse ridotto … Insomma, di cose per migliorare il nostro prodotto, che poi sono riuscite a generare una tendenza, ne abbiamo fatte diverse.

Che menti ci sono dietro a tutta questa innovazione?

A Varazze abbiamo un ufficio di ricerca e sviluppo – il Centro R&D Azimut Benetti – dove realmente si fa innovazione. È un gruppo composto da una quindicina di ingegneri che da anni lavorano esclusivamente sulle barche del Gruppo Azimut e Benetti.

E per il design?

Azimut Yachts è sempre stato leader anche in questo, specie per quanto riguarda gli esterni. Massimo Righini, con il quale abbiamo una lunghissima collaborazione, ha contribuito a rendere le linee Azimut riconoscibili in tutto il mondo. Negli ultimi anni abbiamo allargato le collaborazioni con studi anche esteri, come Freivokh o con Cor D. Rover con il quale, le anticipo, faremo un altro Magellano, il nuovo top della Collezione Magellano, di 84 piedi.

In tempi recenti avete introdotto nuovi designer per gli interni delle vostre barche, come Salvagni e Guida. Gli yacht designer si cambiano perché farlo ogni tanto è fisiologico o c’è dietro una strategia ben precisa?

L’utilizzo di più interior designer avviene perché, in un mercato che in questo momento sta crescendo, ma dove si possono trovare molti oggetti simili, è d’obbligo dare sempre qualcosa in più per differenziarsi e i designer quel qualcosa in più lo possono dare. Noi trasmettiamo loro l’essenza del marchio, storia, tradizioni ed esigenze, loro la interpretano con la loro creatività partecipando all’evoluzione del marchio stesso. Questo è un processo virtuoso, stimolante, non facile, ma che è poi quello che ha fatto crescere Azimut Yachts, un cantiere mai fermo, capace di sfornare anche quattro o cinque modelli nuovi ogni anno, che portano novità nella gamma e nel settore.

Qual è il segreto per riuscire a mantenere viva questa evoluzione?

La nostra capacità non è pensare cosa vendiamo oggi, ma pensare cosa avrà bisogno il nostro cliente tra 5 anni. L’ambizione è creare il “bisogno di barca” per i prossimi 4/5 anni. La competizione aiuta quindi il mercato, ma se sei innovatore devi continuare a essere innovatore per mantenere la posizione di leader.

Qual è la vita media di un modello?

Cinque anni sono il minimo, ma nel corso degli anni c’è sempre un restyling per mantenere vivo il prodotto: cambiare il motore, equipaggiamenti e così via, una rigenerazione che può allungare anche fino al doppio la vita di un modello.

Qual è mediamente il time to market di un nuovo progetto, dal primo disegno alla barca finita?

Quei cinque anni di cui le parlavo prima. Ho già il programma dei lanci dei prodotti Azimut Yachts che usciranno per il prossimo quinquennio. Bisogna sempre guardare avanti, la nostra è sempre stata un’azienda proiettata a crescere. Ovviamente ogni sei mesi facciamo revisioni per capire se modificare o cambiare un prodotto, ma è comunque indubbio che si guarda molto avanti.

Lei gestisce un brand che propone barche sotto e sopra la soglia dei 24 metri di lunghezza, dal Verve 40’ fuoribordo fino ai 35 metri dell’ammiraglia Azimut Grande, ambiti molto diversi fra loro e non solo per questioni normative. Come si conciliano le differenze fra i due mondi e fra i due tipi di clientela?

Sia internamente che commercialmente è una vera sfida perché devi differenziare prodotto, design, contenuti, metodi produttivi e costruttivi oltre a differenziare metodi commerciali e di marketing. Però il punto di forza è che un cliente, armatore o concessionario, una volta scelto Azimut Yachts come riferimento, nel corso della sua vita avrà la possibilità di trovare nella nostra gamma ogni volta un modello capace soddisfarlo. Ho parecchi clienti che aumentano la dimensione dell’imbarcazione o scendono di misura, è accaduto nel tempo, a seconda del loro periodo di vita e non parlo solo in termini economici. Avere una gamma così estesa, quindi, ci dà la possibilità di modulare la nostra offerta, fino a poter raggiungere gusto e necessità del singolo armatore. Azimut Yachts ha suddiviso la gamma in 5 Collezioni, per raggruppare i singoli prodotti. Agli estremi ci sono la collezione Grande che è la più esclusiva e customizzabile, con gli interni che possono essere scelti tra molte proposte differenti, che noi definiamo Mondi, e Atlantis, che viene curata esternamente da Neo Design e internamente dall’ufficio tecnico Azimut. In mezzo ci sono le collezioni Flybridge, S, Special e Magellano. Per quest’ultima il designer esterno è Cor D. Rover, mentre per il design degli interni possono cambiare. La sesta Collezione è quella cui appartiene il Verve 40 che ha citato prima, una barca che realizziamo negli stabilimenti brasiliani di Azimut Yacht, la cui intera produzione è destinata a soddisfare solo il mercato americano.

Continua domani con la seconda parte https://www.pressmare.it/it/comunicazione/press-mare/2018-03-30/intervista-valle-amministratore-delegato-azimut-yachts-2-13077

PREVIOS POST
Volvo Ocean Race 2017/18 - Leg 7: Team Brunel primo a Capo Horn
NEXT POST
36° Meeting del Garda Optimist: grande festa nonostante la pioggia