Bernardo Zuccon - Credits Giovanni Malgarini
Sanlorenzo 50m Steel. Bernardo Zuccon: fiero di un progetto che fa discutere
“Dalla maniglia al megayacht”. Parafrasando la nota citazione “Dal cucchiaio alla città”, di Ernesto Nathan Rogers, ciò significa che non vi sono limiti all’esplorazione del territorio progettuale di Bernardo Zuccon. Insieme alla sorella Martina è alla barra di uno tra gli studi di architettura più famosi nel panorama dello yacht design (fondato a Roma nel 1972 dai genitori Paola Galeazzi e Gianni Zuccon) dove la multidisciplinarità è la caratteristica che meglio lo definisce (grazie a un team di 24 persone tra architetti civili e industrial designer).
“L'architetto deve essere in grado di fare un po' tutto”, spiega Bernardo Zuccon, “Pensiamo ai progetti di Wright, che spaziava dall'impianto architettonico fino ad arrivare alla decorazione dei piatti della casa”. E infatti dai grandi yacht sino alle maniglie, passando da progetti d’interior, d’architettura, complementi d’arredo, illuminazione fino ad approdare ai tessuti, il percorso di Zuccon International Studio si snoda tra varie esperienze, che si uniscono, si compenetrano si completano.
PressMare - Architetto ci parla di questa vostra capacità di essere così trasversali?
Bernardo Zuccon - Io sono un architetto e quindi in grado di poter provare a fare tutto, ciò aiuta ad avere una flessibilità mentale importante. Il fatto poi di avere dalla mia anche l'esperienza dello yacht design, e quindi un approccio con un’ipersensibilità riguardo ad aspetti di ergonomia, sicurezza, funzionalità, implicazioni e complicazioni che in pratica regala il mare, consente di portare competenze, tipiche di un settore che deve combattere con gli elementi, all'interno del più vasto settore dell’arredo design. Ciò che in pratica hanno chiesto specificatamente sia F.lli Razeto & Casareto per disegnare le loro maniglie, sia Poltrona Frau per concepire una linea di divani sia Dedar per due collezioni di tessuti.
PM - E cos’hanno di particolare questi prodotti di design?
BZ - Il divano di Poltrona Frau è un sistema che risolve un problema, quello del contenimento, del volume di storage che oggi manca sempre di più a bordo. La maniglia, quello della forma e della sicurezza, poiché non avrei mai disegnato una maniglia a punta che in barca diventa un'arma. L’obiettivo è sempre di sviluppare prodotti esteticamente piacevoli, funzionali e adatti alle esigenze specifiche del settore in cui saranno utilizzati, sia esso la nautica o l'ambiente domestico.
PM - È nata così anche la collaborazione con Dedar…
BZ - Con Dedar la collaborazione si è sviluppata in maniera spontanea, pensando a collezioni che io avrei visto volentieri a bordo. L’attenzione si è concentrata su materiali già utilizzati da Dedar per valorizzare il tema della natura, cercando intrecci di fibre differenti, per farli diventare protagonisti del messaggio stilistico. L’attenzione è stata posta ai concetti di resistenza, capacità di adattarsi ad ambienti umidi e durevolezza. I prodotti devono essere intelligenti, razionali. C’è anche un desiderio di ritorno alla semplicità, cioè un aspetto primitivo del materiale; è indicativo della mia volontà di combattere la logica di ostentazione del lusso in barca in favore di una visione più informale.
PM - Per queste realizzazioni al di fuori dal campo nautico è servito il lavoro che svolge a fianco di Piero Lissoni a bordo di vari modelli che disegni per Sanlorenzo? (del quale Piero Lissoni è direttore artistico, ndr)
BZ - Io dico sempre che la collaborazione con un’archistar come Lissoni (così come con Patricia Urquiola) per me rappresenta un'opportunità e un motivo di orgoglio. Ciò non toglie che quando si parla di nautica, come studio abbiamo un buon biglietto da visita. L'aiuto di Piero è stato di permetterci di essere più trasversali rispetto alla Nautica. La recente vittoria del Compasso d'oro per il Sanlorenzo SP110 lanciato nel 2022, condivisa con Piero, è sicuramente la testimonianza che il prodotto Sanlorenzo è frutto di una strategia vincente del cantiere, basata su una profonda trasversalità.
PM - La nautica dove sta andando invece?
BZ - Tendenzialmente se tu escludi la necessità e il dovere morale da parte di progettisti di lavorare e concentrarsi sul tema della sostenibilità (aspetto irrinunciabile), sarà difficile intreprendere nuove rotte se non c'è la collaborazione da parte degli armatori stessi, se non sono disposti a scendere a nuovi compromessi, perché hanno paura delle novità. Credo che la nautica sia in un momento profondamente statico, in cui c'è una rincorsa comune. Dove uno fa un piccolo passo e gli altri lo inseguono per allinearsi. Questo non significa fare evoluzione. È una fase di stasi ed è il motivo per cui io sto cercando di dedicare tutta la mia attività di ricerca sul concetto di architettura. Significa usare la progettazione per permettere all'uomo di vivere meglio.
PM - Vuol dire portare canoni e principi che arrivano dal mondo residenziale o guardare con occhi nuovi lo spazio abitativo di bordo?
BZ - Non voglio naturalizzare le barche e trasformarle in case, è diverso. Sto lavorando sul concetto tipologico. Cioè, come nelle case sono state studiate le diverse tipologie abitative, nella nautica abbiamo tipologie abitative che sono dettate da caratteristiche che offrono le barche. Ma io vorrei ampliare questo concetto per evitare di continuare a vedere yacht disegnati come 30 anni fa, in termini di spazi di vita, perché oggi le esigenze dei clienti sono profondamente diverse. Io sono obbligato a dover confrontarmi con un mercato che oggi ha esigenze diverse. Questa mutazione incide sull'aspetto tipologico della barca e questo deve essere una delle basi su cui noi come progettisti dobbiamo riflettere: lavorare sullo spazio e capire come creare opportunità diverse in quel dato spazio.
PM - Cioè?
BZ - Continuo a vedere progettisti e cantieri che si ostinano a riprodurre sempre le stesse cose, modificando solo le linee. E negli interior vi sono esclusivamente cambiamenti stilistici. Ma sono spesso i clienti che non sono disposti al cambiamento, come dicevo. E i cantieri giustamente seguono le richieste del mercato. Penso che i cantieri dovrebbero proporre progetti che raccontano qualcosa di diverso a fianco di quelli più convenzionali.
PM - Beh, qualcosa di diverso è già nato. Col varo del Sanlorenzo 50m Steel avete fatto una bella rivoluzione…
BZ - Mi prenderò tante critiche per questa barca, perché altera alcuni parametri, però sono fiero di portare un concetto che fa discutere. Personalmente mi sono divertito a crearla così e avere un'esperienza diversa, a vedere angoli diversi, prospetti diverse, rapporti col mare diversi.
PM - Però era necessario anche un armatore visionario, no?
BZ - Certo, un armatore lungimirante. Un imprenditore che vuole innovare. E io ho la fortuna di lavorare al fianco di una persona, come Massimo Perotti, che ha un forte desiderio di cambiamento.
PM - Ci parla di questo cambiamento in particolare?
BZ - Nelle linee esterne è uno yacht rispettoso del contesto mare in cui si inserisce, io odio le barche che cercano di prendere la scena all'interno del contesto naturale. Il 50m Steel ha un lusso non ostentato, mentre all’interno crea un effetto illusione davvero sorprendente. Già sul 44 metri Alloy avevo lavorato sul concetto di ibridazione tipologica, termine con cui intendo la capacità di riuscire a fondere tipologie diverse di barche. L’esplorazione di questi territori dell’abitare ha preso come riferimento una delle teorie architettoniche dei primi del Novecento portate avanti da Adolf Loos che parlava di Raumplan, ovvero quel concetto in cui l’articolazione spaziale all'interno di un'abitazione o di uno spazio poteva essere ottenuta attraverso una differenziazione funzionale data da uno sfalsamento dei piani, senza dover necessariamente creare delle partizioni interne”.
PM - E come si applica questo concetto su una barca?
BZ - Creando una differenza tra una dimensione pubblica, visibile dall’esterno, piuttosto canonica, e una dimensione privata, visibile solo da chi abita l’interno, più espressiva, complessa e inattesa. Una rivoluzione che coinvolge il contenuto, ma non il contenitore, insomma. A livello costruttivo sul 50metri Steel si è dovuto lavorare molto sull’aspetto strutturale per cercare di dare trasversalmente quella rigidità necessaria per colmare i vuoti che ci sono all’interno della barca. Il salone ha altezze incredibili: a toccare quattro metri e mezzo di altezza interna, invece di due. Tra i piani (perché definirli ponti sarebbe impossibile) non c’è gerarchia: sarà il cantiere a definirli secondo la loro funzione. E sono collegati da scalinate, scelta che, sì, espone anche a critiche. Dentro questa barca c'è un racconto una storia nuova, e c'è persino la possibilità di perdersi.
PM - In effetti le scale a bordo non sono sempre molto apprezzate…
BZ - Molti clienti dicono meno gradini ci sono a bordo o meglio è. Lo condivido; sono convinto che lo yachting abbia bisogno di barche tradizionali, che rispondono a un certo tipo di esigenze, ma credo ci sia spazio anche per poter fare sperimentazioni a livello tipologico che permettono di alterare alcuni equilibri storici, e garantiscano la possibilità a qualche cliente un pochino più ambizioso di potersi godere spazi inediti. Un aspetto fondamentale è stato quello dell'introduzione di quello che il cantiere definisce HER, (acronimo di Hidden Engine Room). Un concetto che ha spostato la sala macchine sul fondo della barca, e che mi ha permesso di liberare tutta la zona del lower deck e di collegare la zona di poppa Nobile, che noi abbiamo definito come Ocean lounge, (non è più una Beach Club collegata direttamente alle cabine ospiti. Questo è un inedito su un 50 metri!
PM - Quindi un progetto concepito dopo tanta ricerca…
Sì, ma nato in una circostanza molto particolare: mi trovavo in treno su un Milano-Roma e avevo appena ricevuto il brief per un 48 metri (all’origine doveva avere questa dimensione) in cui dovevo dimenticarmi della sala macchine… Un guasto sulla linea delle ferrovie dello stato, che ha provocato un ritardo sull'alta velocità di circa 4 ore, è stato per una volta proficuo! Per non sentire le urla e la confusione della gente intorno a me che reclamava (sono estremamente refrattario al caos e alla folla) ho preso il computer, messo gli auricolari che ovattano totalmente… musica e… ho iniziato a disegnare, partendo dal segno della sezione longitudinale. Così in quelle quattro ore di vuoto esistenziale è nato il progetto. Quando si dice: trasformare una crisi in un'opportunità…
Désirée Sormani