
Un catamarano progettato da James Wharram
Catamarani e filosofia: le barche, gli hippie e la fuga dal consumismo
Cinquanta anni fa nacque una visione alternativa della navigazione: essenziale, ispirata alle culture orientali e lontana dal consumismo. Dai catamarani polinesiani ai progetti radicali di James Wharram, un viaggio tra storia, etnologia e mare aperto.
Nel 1970 il mondo si trovava su un’orbita del tutto diversa da quella attuale. Era diffusa tra i giovani, che formavano allora il gruppo sociale più attivo, una grande voglia di attingere conoscenze da fonti nuove come ad esempio la religione buddista e le filosofie orientali.

L’attrazione per l’oriente era forte e il duello tecnologia/filosofia era aperto, ogni soluzione era possibile tanto era forte e popolare il movimento pacifista post Vietnam war. (29 marzo 1973).
Mentre i tecnocrati cercavano di far diventare “consumatori” all’europea milioni di persone in tutti i continenti, gli hippie con la musica, le droghe leggere e la filosofia orientale, cercavano una nuova strada per la felicità e tantissimi ragazzi abbandonavano la “corsa del topo” cioè quel processo che attraverso l’acquisto della casa, dell’auto e di tutte le comodità della vita moderna, lega le persone al lavoro attraverso il debito contratto per soddisfare bisogni secondari indotti da tv radio e mass media in genere.

ETNOAVVENTURIERI
Sempre in quegli anni Tim Severin, Thor Heyerdal e David Lewis, tutti e tre studiosi e avventurosi, avevano cercato nuove fonti di conoscenza tramite la etnologia, cercando non di impartire lezioni ai popoli selvaggi ma di recepire il loro know how, considerandoli persone più vicine agli elementi naturali di quanto non fossero gli europei urbanizzati. Di questo corpus di conoscenze “naturali” fanno parte molti elementi di navigazione: infatti, Severin attraversò l’Atlantico con una imbarcazione tradizionale irlandese fatta di pelli di animale stese su un telaio di legno; Heyerdal affrontò il Pacifico su una zattera di balsa; Lewis passò anni e anni vagando tra le isole del Pacifico cercando di portare alla luce le conoscenze nautiche stupefacenti degli antichi polinesiani. Con la sua barca, "Cardinal Vertue” di appena 7,6 metri, nel 1960 partecipò alla prima edizione della celebre OSTAR, classificandosi terzo nonostante avesse disalberato.

I polinesiani, grandi navigatori, misero a punto un’evoluzione della zattera primitiva: il catamarano. Con queste imbarcazioni, spinti dalle vele e dai remi, da 3000 a 5000 anni prima di Cristo, colonizzarono la Polinesia che, come si sa, è un insieme di arcipelaghi sparso su una immensa superficie di mare: una grandissima epopea preistorica mai raccontata di cui rimangono i segni nella loro mitologia e nelle loro tecniche di navigazione tramandate oralmente e nelle imbarcazioni tradizionali di quei popoli: catamarani e piroghe a bilanciere. Semplici, spartane all’esasperazione, ma marine e veloci. Racconta James Cook (James Cook 1728 – 1779 scoprì la Nuova Zelanda, le isole Cook e le Sandwich.) come queste piroghe primitive molto veloci girassero letteralmente attorno alla sua nave in navigazione destando lo stupore dei marinai occidentali.

LE REGATE
Negli anni 70 la navigazione in solitario consolidò le sue basi e nel 1976 si troveranno alla partenza della OSTAR sia mostri tecnologici come il Club Mediterranee di 60 m, capitanato da Alain Colas, sia piccole imbarcazioni veloci, catamarani e trimarani come il tri di 32’ piedi di Mike Birch. Una sfida tra Davide e Golia, il budget dei primi era mille e il budget dei secondi dieci, ma vinse Davide.
DUE VIE
Nacquero così, da quei primi esperimenti, da una parte il circuito di regate dei multiscafi, veri mostri del mare in quanto a velocità, dall’altra un movimento più popolare che mischiava diversi elementi: un certo pauperismo, con il rifiuto della nautica “classica” reputata ingessata, un forte richiamo etnologico con una ricerca di riavvicinamento alla natura.

I CATAMARANI DI WHARRAM
Il tempo ha cancellato tutta la parte più ideologica di questa nautica ribelle, ma il segno più certo che permane di questo sogno di purezza nautica sono i progetti di James Wharram. Precursore dei catamarani da viaggio, immediatamente dopo la seconda guerra mondiale fu il primo ad attraversare l’Atlantico nei due sensi su un catamarano autocostruito. Da questa esperienza e molte altre navigazioni impegnative nascono i suoi progetti da molti ritenuti bislacchi sono invece molto marini ed efficaci nel rapporto spesa/rendimento: non brutti, ma diversi. Non riproducono il camper o la spiaggia, non sono fatti per prendere l’aperitivo, ma fanno eco alla Polinesia, ai grandi viaggi per mare, alla sapienza semplice dei primitivi e ad una tecnologia molto mirata né troppa né poca: quella che serve.
TECNOLOGIA AD HOC
Per me che in fondo sono un tecnico, questo è stato il messaggio fondamentale di Wharram: l’uso del compensato, delle colle epossidiche, delle fibre moderne per i cavi, rendono queste barche moderne ma le loro linee e la filosofia di vita cui si ispirano le rende tradizionali: sono fuori dal tempo come molte opere d’arte. Poi, il fatto che la maggior parte siano costruite da dilettanti che spesso hanno lasciato intravvedere le loro mancanze tecniche, le rende buffe spesso dissonanti, sono barche hippie. (il movimento hippie, i figli dei fiori. Hippie è gergale e vuole dire un dritto, uno che ha mangiato la foglia senza cadere nella trappola).
Michele Ansaloni
©PressMare - riproduzione riservata