VelaRara: la vela come strumento di riabilitazione e integrazione 
per persone affette da malattie rare

VelaRara: la vela come strumento di riabilitazione e integrazione per persone affette da malattie rare

VelaRara: vela per persone affette da malattie rare, oggi se ne parla a Ostia

Servizio

20/09/2018 - 12:04

VelaRara: la vela come strumento di riabilitazione e integrazione per persone affette da malattie rare. ore 16:00, Lega Navale Italiana, Ostia

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Mercoledì19 settembre, alle ore 16:00 nella sede di Ostia della Lega Navale Italiana (Lungomare C. Duilio, 36 – Ostia Lido), saranno illustrati i risultati dell’iniziativa VELA RARA realizzata dalla Delegazione Roma - Tor Vergata della Lega Navale Italiana grazie al contributo della Fondazione Maurizio Fragiacomo, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità attraverso il coinvolgimento del Centro Nazionale Malattie Rare, la Capitaneria di Porto Guardia Costiera di Roma, Il Porto Turistico di Roma e Decathlon.

La pratica della navigazione a vela su imbarcazioni d’altura utilizzata come strumento di riabilitazione e inserimento sociale in soggetti con difficoltà legate alle patologie rare per una migliore qualità di vità

Con questo scopo in mente, la Delegazione di Roma - Tor Vergata della Lega Navale Italiana, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e la Capitaneria di Porto Guardia Costiera di Roma, ha realizzato il progetto “Vela Rara”, sviluppato e portato a compimento, grazie al contributo della Fondazione “Maurizio Fragiacomo” di Milano, al proficuo impegno del Centro Nazionale Malattie Rare dell’I.S.S. e al prezioso supporto del Porto Turistico di Roma e di Decathlon.

L’idea è nata considerando la pratica della vela come un’efficace strumento e un’interessante opportunità per affrontare le problematiche presenti in molte patologie rare, come la microdelazione del cromosoma 22 e la sclerosi tuberosa, i cui sintomi si manifestano principalmente in ritardo o difficoltà negli apprendimenti, deficit di attenzione, ritardo cognitivo, disturbi delle capacità verbali e alterazioni comportamentali.

In tale contesto, la vela offre molti spunti per stimolare le funzioni cognitive deboli, prima di tutte il linguaggio, poiché la terminologia velica richiede un ampliamento del vocabolario, dove le “corde” diventano “cime” e ogni manovra o attrezzatura ha una sua propria denominazione.

In secondo luogo, viene stimolata la formazione di un pensiero deduttivo: ad ogni parola corrisponde una funzione specifica alla quale occorre immediatamente risalire e, altrettanto prontamente, collegare gli altri termini, funzioni ed azioni ad essa correlate.

Infine, in barca a vela si lavora in equipaggio e si migliorano dunque le abilità sociali. Apprendendo a navigare, si agisce quindi anche sul senso di autostima, arrivando a costruire un’immagine di sé competente, efficace, capace di affrontare gli eventi avversi della vita, così come in barca si affrontano imprevisti legati al meteo, ai venti, al mare.

Alla luce dei risultati ottenuti, è diventato evidente che la replicabilità delle prassi operative rende il Progetto VelaRara un modello flessibile, adattabile a numerosi contesti a supporto della disabilità e del disagio.

 

 

 

 

 

 

 

Il progetto in sintesi

 

 

“La cosa fantastica della vela è che è una disciplina molto impegnativa fisicamente e mentalmente; devi perseverare e affrontare molte variabili come il tempo e lo stato del mare, ed è un’impresa di squadra. Il risultato dipende non da quello che ti succede durante la navigazione, ma da come la affronti” (Jennifer Wells).

Il progetto trova le basi nel binomio “Vela e Recovery” già tempo osservabile nel mondo della disabilità, psichica e non solo. Approcci di “Velaterapia” come percorsi rieducativi traggono spunto da alcune esperienze realizzate in Svezia già negli anni Sessanta. In questo paese vennero proposti a gruppi di adolescenti con condotte antisociali, già condannati per piccoli reati, e i risultati furono sorprendentemente positivi. In seguito, attività marinare con barche a vela sono state utilizzate per gruppi di soggetti in situazioni cliniche diverse: adolescenti con disturbi delle condotte e di comportamento, giovani adulti con patologie psichiatriche, gruppi di varia età con problematiche neurologiche.

Sulla base di queste esperienze succedutesi nel tempo esiste una letteratura scientifica numerosa e consolidata, che dimostra come l’andar per mare su imbarcazioni a vela sia un efficace coadiuvante per l’educazione, l’abilitazione e il “recovery” di più categorie di persone, di diversa età e con le più diverse problematiche cliniche o sociali.

Per questo, durante tutti i weekend compresi tra il 22 aprile e il 9 giugno 2018, sette ragazzi tra i 22 e i 24 anni, provenienti dall’Associazione “Aidel22” e dall’Associazione Sclerosi Tuberosa, hanno partecipato alle uscite in mare e alle attività a terra, accompagnati dalle rispettive famiglie.

L’obiettivo del progetto è stato quello di far crescere l’autonomia e l’autostima in giovani adolescenti/adulti affetti da malattie rare. Nello specifico i destinatari sono stati dei giovani in difficolta per vincoli imposti dalla patologia che producono una elevata riduzione della qualità di vita.

Lo scopo è stato quello di portarli in un contesto del tutto diverso dai loro standard. Praticare sport produce un incremento dell’autostima tale da superare molte delle difficoltà che una malattia crea. L’attività in barca a vela, infatti, è un intervento finalizzato anche all’integrazione e riabilitazione sociale dei soggetti fragili, pensiamo ai soggetti colpiti da malattie rare come il target di questo progetto, e dunque volto a ridurne il senso di solitudine e isolamento e offrendo loro la possibilità di misurarsi con il mondo e di condividere esperienze ed emozioni.

I ragazzi sono stati seguiti da Marco Damiani, Esperto Velista L.N.I. e insegnante specializzato sulla disabilità, da Gianfranco Guerra, socio L.N.I. con esperienza diretta sulla gestione della disabilità a bordo e a terra e da Alessandra Bellotti, psicologa clinica e psicoterapeuta sistemico-relazionale, docente formatore dell’area disagio (psichico; cognitivo; sociale). A questi tre professionisti, si sono affiancate altre competenze specifiche, come Eleonora Carozza, psicologa e psicoterapeuta, che si è occupata occupa della somministrazione dei test a inizio e fine progetto per la valutazione dei risultati specifici sui ragazzi coinvolti e del progetto in generale. Il tutto, sotto il coordinamento di Renato Carafa, responsabile del progetto.

Dopo una prima fase di rassicurazione, tutti i ragazzi – che hanno sperimentato, a rotazione, diversi ruoli a bordo – si sono lanciati nell’agire, motivati a sperimentarsi nella nuova avventura con entusiasmo e affrontando con cooperazione le difficoltà.

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