L'ancora della nave Panigalia sul molo di imboccatura del canale di Santa Liberata - Artemare Club
75 anni fa la più grave tragedia della Marina Militare dal dopoguerra
Il 1 luglio di 75 anni fa Porto Santo Stefano visse uno degli episodi più terribili della sua storia di mare, nella rada di Santa Liberata saltò in aria la nave della "Panigaglia" adibita al trasporto di munizioni, tragedia che costò la vita a circa 70 persone ma quasi del tutto dimenticata dalle istituzioni nazionali e locali e che Artemare Club ricorda abbrunando il proprio vessillo nella sede di Porto Santo Stefano ed esponendo due rare pubblicazioni dedicate al dramma di tanti.
Il comandante Daniele Busetto ricorda che il Panigaglia è stata una nave trasporto munizioni e posamine della Regia Marina, costruita nei cantieri del Muggiano a La Spezia e varata nel 1923. All'inizio della seconda guerra mondiale l'unità ebbe largo impiego come posamine, alla proclamazione dell'armistizio il Panigaglia venne catturata dalle truppe tedesche a La Spezia e nell'ottobre del 1943 attaccata da aerei affondando, recuperata e riparata venne ribattezzata "Westmark". Nell' aprile 1945 i tedeschi, prima della resa, l'auto affondarono, l'unità venne rimessa nuovamente a galla nel 1946 con il vecchio nome di Panigaglia e tornò a prestare servizio come trasporto munizioni per la Marina Militare Italiana e venne impiegata nelle operazioni di rimozione di parte della notevole quantità di munizioni che si trovavano sull'isola di Pantelleria. Nella mattinata del 21 giugno 1947, dopo aver imbarcato 330 tonnellate di munizioni il Panigaglia, al comando del tenente di vascello Agostino Armato con a bordo 65 uomini lasciò Pantelleria per trasferire il munizionamento presso i depositi all'Argentario, alle 13 del 26 giugno, diede fondo nella rada di Santa Liberata a circa quattro chilometri da Porto Santo Stefano dove sarebbero state effettuare le operazioni di scarico, coadiuvate da due barconi della Montecatini, uno dei quali al comando del capobarca Armando Loffredo, aveva a bordo 12 operai civili. La decisione di non scaricare proprio a Porto Santo Stefano era stata presa per circoscrivere i danni di un'eventuale esplosione, le operazioni di scarico venivano effettuate scaricando molto lentamente sui due pontoni, mediante dei grossi telai giapponesi, circa 80 tonnellate di munizioni per volta, verso le undici di mattina del 1º luglio si verificò a prua del Panigaglia un primo scoppio di modesta entità, in seguito al quale parte dell'equipaggio ed i dodici operai presenti sul barcone della Montecatini che si trovava sottobordo all'unità accorsero nella zona prodiera; frattanto il capobarca Loffredo chiedeva se occorreva allontanare il pontone, che era già pressoché carico tuttavia il primo scoppiò generò una catena di esplosioni che, attraverso gli scoppi delle munizioni ammucchiate in coperta, raggiunse, alle 11.10 le stive ancora in gran parte piene di materiale e il Panigaglia saltò in aria con un tremendo boato che venne udito sino a Marina di Grosseto, lanciando in ogni direzione rottami incandescenti che provocarono un vasto incendio boschivo sul Monte Argentario e danneggiarono una quindicina di abitazioni di Porto Santo Stefano. I resti della nave, scossi anche dallo scoppio delle caldaie, si rovesciarono per poi affondare lasciando affiorare parte della poppa. Anche il barcone della Montecatini, investito dalla deflagrazione, esplose ed affondò a sua volta provocando la morte del capobarca Loffredo. Alcuni membri dell'equipaggio del Panigaglia il comandante Armato e nove tra sottufficiali e marinai che al momento del disastro erano a terra furono tra i primi ad accorrere sul luogo della sciagura, seguiti da ambulanze, mezzi militari con materiale sanitario e personale medico tra cui palombari civili e militari, mentre alcuni grossi pontoni incaricati del sollevamento del relitto poterono arrivare solo l'indomani, causa la loro bassissima velocità. Dall'interno della zona poppiera del relitto provenivano colpi che facevano presumere la presenza di 5-6 sopravvissuti, e dopo circa due ore di lavoro con la fiamma ossidrica fu possibile estrarre l'unico sopravvissuto, il militarizzato Salvatore Somma, gravemente ferito che venne ricoverato in gravi condizioni di salute presso l'Ospedale di Grosseto, dove era stato portato anche l'unico altro ferito un autista di un autocarro investito dallo spostamento d'aria. Somma successivamente venne trasportato all'Ospedale militare di Napoli, dove rimase degente per un lungo periodo per poi vivere fino all'età di 79 anni. Ulteriori colpi provenienti dal relitto sommerso cessarono intorno alle 20.30. Alle due di notte del 2 luglio giunse sul posto il pontone "Trieste", che effettuò un primo tentativo di sollevamento della poppa, . più tardi giunsero sul luogo anche i pontoni "Maciste" ed "Anteo" che provvidero al recupero dei resti della nave per poterne estrarre i corpi delle vittime.
Le indagini accerteranno che l'esplosione era stata accidentale ed era stata provocata verosimilmente dal surriscaldamento del munizionamento stivato in locali poco aereati e surriscaldati per la calura di luglio o dalla caduta di una cassa di munizioni durante le operazioni di scarico. Perirono nel disastro tutti i 68 uomini presenti a bordo del Panigaglia al momento dell'esplosione 55 membri dell'equipaggio, 12 operai civili ed un maresciallo d'artiglieria della sezione distaccata di Grosseto, oltre al capobarca Loffredo rimasto ucciso a bordo del barcone della Montecatini. Non esiste una lista equipaggio ufficiale le informazioni sono state sempre discordanti. "Ad pertetuam rei memoriam" della tragedia resta nel luogo una delle ancore del Panigaglia e parte della sua catena posizionata all'imboccatura del porto canale di Santa Liberata, senza targhe in quei moli vergognosamente in rovina che Artemare Club ha più volte segnalato, richiedendo interventi urgenti con inascoltati articoli di stampa anche per la sicurezza della navigazione dei centinaia di natanti che li transitano in entrata e in uscita. In ricordo a terra c'e' una lapide nel cimitero di Porto Santo Stefano e il monumento nel parco artiglieria militare a Grosseto.