Tergicristallo in carbonio Gallinea

Tergicristallo in carbonio Gallinea

Gallinea: elettronica evoluta al Versilia Yachting Rendez-vous

Accessorio

22/05/2019 - 13:56

Gallinea, con l’accento sulla e, è un’azienda fortemente darwiniana. «Noi crediamo da sempre nell’evoluzione della specie dell’elettronica», dice a Pressmare Andrea Gallinea, figlio del fondatore Faustino e attuale dirigente dell’azienda bresciana, che allarga il concetto. «Il nostro core business è il tergicristallo che ci ha fatto conoscere dai cantieri, ma è nel 2006-2007 che noi abbiamo creato un brand interno, una specie di spin-off, e abbiamo generato la prima docking station per iPad per le barche, certificata direttamente da Apple. Siamo stati i primi e quando ancora i prodotti Apple non erano così diffusi come oggi. Ci siamo immaginati l’iBoat e abbiamo provato a realizzarla».In pratica l’obiettivo di Gallinea è sempre stato quello di rendere semplice la vita al cliente.

Oggi l’azienda si occupa di lift per monitor, o qualsiasi altra cosa si desideri riposizionare, in ogni direzione, installabili in qualsiasi punto lo voglia il committente e interfacciabili con qualsiasi altro sistema presente a bordo. Con una particolarità: tutto quello che Gallinea realizza è custom. Dice il manager: «Tutti i sistemi che realizziamo partono dalla richiesta del cliente; è lui che ci dice che movimento vuole e noi lo progettiamo termini di tecnologia. Certo abbiamo un catalogo da cui partire ovviamente, ma ciò che secondo me ci differenzia da tutti gli altri è proprio la nostra capacità di creare qualcosa che va a incastrarsi perfettamente all’interno di questi oggetti fantastici che sono gli yacht».

In termini di compatibilità non sussistono problemi perché, come spiega Andrea Gallinea:«nella domotica sono 4, 5 player che realizzano integrazione di bordo, noi gli diamo un’interfaccia che permette di parlare con tutti i loro sistemi perché è molto semplice da integrare. In realtà è loro il problema di dover parlare con tutti i singoli sistemi che compongono uno yacht domotizzato, noi ci possiamo permettere di creare degli oggetti "meno intelligenti"», conclude scherzando

Ricerca e sviluppo sono fondamentali per la crescita di un’azienda e dei suoi prodotti. Qual è l’iter che porta a creare qualcosa di nuovo? Rispondete alle esigenze del mercato e quindi dei cantieri che vi cercano oppure siete voi direttamente a proporre innovazione sulle barche?

Siamo dei ragazzi fortunati quindi per noi valgono entrambe le risposte. Molte sono le richieste che arrivano dal mercato, ma queste spesso giungono a noi perché prima abbiamo proposto soluzioni a cui fino ad allora non c’era risposta. In un certo senso con un’innovazione anticipiamo di poco le richieste che poi ci farà il mercato. Siamo stati la prima azienda nautica ad avere la certificazione Apple per l’iBoat… quando l’abbiamo pensato e poi realizzato gli iPhone ancora non erano così diffusi e come non lo erano anche gli iPod per cui l’iBoat è nata, quindi, in un certo senso, abbiamo anticipato la richiesta.

Qual è la prima cosa che i vostri clienti collegano a Gallinea?

Veniamo in mente per le stranezze e le innovazioni: i cantieri si ricordano di noi perché gli abbiamo già risolto problematiche tecniche nuove o molto particolari, direi quasi... strane. Per esempio: stiamo facendo un braccio in carbonio per tergicristallo in un pezzo unico esclusivo… lo studio è ancora in corso.

Quali ritenete siano i requisiti fondamentali perché un oggetto, un apparato o un sistema Gallinea possa aver successo? Il cliente finale come percepisce la differenza fra un vostro prodotto e gli altri?

Ripeto: mi piace pensare che si ricordino di me per le stranezze.

Il settore automotive è per voi fonte d’ispirazione?

Tanto, nel senso che io da giovane facevo l’elettrauto sul Lago d’Iseo. Mio padre ha iniziato a divertirsi con l’idraulica, soprattutto per le passerelle, e io ho iniziato a chiedermi cosa andasse bene su un a macchina che potesse anche essere portato su una barca. Siamo nautici, ma siamo consapevoli che ci sono altri settori più evoluti da cui possiamo prendere spunto e ispirazione.

Quindi non solo mare per imparare…

È proprio una nostra fissa guardare a 360 gradi e soprattutto l’automotive. Ma anche questo settore va inquadrato: un conto sono i numeri e un conto è la qualità…

In che senso?

I nostri riferimenti nell’auto sono quelli dei 5.000 pezzi l’anno (Bugatti, Ferrari…) senza nulla togliere ai grandi numeri, ma c’è un motivo per cui le macchine non costano tutte uguali. Non è solo il riferimento automotive che ti riempie il catalogo, è a quale automotive ti ispiri. Per fare un esempio, c’è carbonio e carbonio: il nostro carbonio per il tergicristallo è lo stesso usato per le fibre della Lamborghini.

Oltre a produrre per la nautica in quali altri settori si espande la vostra attività?

Ci siamo lanciati sull’oreficeria – dice ridendo di gusto. Oreficerie di alto livello con negozi in 5th Avenue a New York: siamo partner con lo studio bresciano di design che realizza gli interni e noi ci occuperemo dei meccanismi per la movimentazione (ovviamente tutto custom anche qui). E sempre nelle movimentazioni stiamo lavorando con il mondo aeronautico e produciamo un alzavetro destinato a un elicottero prodotto dalla Augusta.

Essere un’azienda italiana, proporre Made in Italy fa la differenza anche nell’ambito della tecnologia? Agevola la vostra attività?

Più che made in Italy siamo made in Brescia! Di più, made in Capriolo! Abbiamo tutti fornitori nel raggio di 20-30 km, a parte il motore dei tergicristallo, che comunque è made in Italy. L’unico prodotto che proviene da oltre confine è il carbonio perché a livello tecnologico è quello che ci ha dato le risposte che cercavamo. Quindi, dal mio punto di vista sì, ci favorisce ma non solo per la tecnologia, allargherei il discorso a 360 gradi. Io ho girato, il mondo l’ho visto… sono convinto che a fare le cose bene come le facciamo noi non c’è nessun altro, i nostri problemi sono altri, ma le cose più belle del mondo le facciamo noi, punto.

Dov’è che ci inceppiamo, allora?

Se facciamo partire la tiritera “dobbiamo fare sistema” bla bla bla… sì ok, conosciamo i problemi, ma quando vogliamo fare le cose fatte bene non c’è partita. Da una parte meno male che lasciamo spazio anche al resto del mondo! Il punto è che noi italiani viviamo in un Paese bellissimo, quindi ci viene facile di fare cose belle.

Siete fra le aziende che esporranno al prossimo Versilia Yachting Rendez-vous (VYR), riconfermando la vostra presenza. Quali sono stati i fattori di questa scelta?

Abbiamo partecipato alla prima edizione perché quando è nato secondo me rientrava proprio nella logica di come io vedo l’italianità: i cantieri bravi sono i nostri, perché dobbiamo solo andare a fare gli eventi all’estero? Se domani i cantieri decidono di non mandare le barche a Cannes, il salone di Cannes chiude, Viareggio no. Facciamoli anche qui. Perché non valorizzare qui la nostra italianità?

Se doveste fare una classifica fra format, location, periodo, pubblico, contatti con la yacht industry, cosa mettereste al primo posto come elemento che vi ha fatto scegliere il VYR?

Non lo so. ci sono delle decisioni che prendi razionalmente altre irrazionalmente… quindi forse questa risposta non dovrei darla. In realtà, se si va un po’ più nel profondo, a me il VYR piace, siamo lì, in via Coppino e mi piace. Siamo in Italia e l’evento è ben organizzato in un posto bello. È un po’ come quando ho fatto l’iBoat e la docking station: l’ho fatta perché piaceva a me, poi sono un ragazzo fortunato ed è stata un’idea giusta. La stessa cosa vale per il VYR: finché mi piace io ci sono.

 

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