
Classic Boat Show a Genova: oltre il vintage, la ricerca dell’equilibrio ideale
In campo nautico tutto quello che è passato viene scambiato per classico, ma non è così. L’aggettivo “classica” in relazione ad una barca fa riferimento ad un tipo di imbarcazione che abbia raggiunto livelli di perfezione difficili da superare che si possa ragionevolmente dire emblematica della sua epoca. In generale l’aggettivo “equilibrato” si associa a classico perché difficilmente i tipi più perfezionati sono estremi, potremmo per associazione pensare ad un abito di taglio classico. Il fatto che la barca sia sportiva o da lavoro è di scarsa importanza. Così se prendiamo la vela, sono classiche le golette americane, i Colin Archer che sono barche da salvataggio norvegesi, i cutter inglesi, le Stazze Internazionali e poco altro. Vi sono in effetti anche dei tipi regionali o addirittura locali che hanno raggiunto livelli molto alti di perfezione benchè non siano riconosciuti come classici a livello internazionale. Guardando al panorama italiano troviamo: il gozzo sorrentino, la passera istriana, il trabaccolo chioggiotto e romagnolo. Poi vi sono le barche disegnate da grandi architetti: una barca di Herreshoff o di William Fife, di Olin Stephens o di Daniel Bombigher, di Olivier Van Meer o di pochi famosissimi altri non sono classiche in senso stretto, ma è difficile aggiungere una virgola a quei progetti senza peggiorarli.
Ovvio che questi famosi progettisti hanno prodotto anche barche di serie, talvolta in vetroresina che, in un qualche modo, sarebbero classiche anch’esse, benchè a mio vedere la produzione in serie ne congeli l’evoluzione, impedendone la reale classicità. Per la barca a motore poi parlare di classico è ancora più difficile, ma se vedi un Feadship o un Cammenga di quaranta anni o un Riva “classico” è il primo aggettivo che ti viene in mente. Così se non è solo la divina penna del progettista ma anche la fama del cantiere che fa la musica (rende la barca classica) alcuni motorsailer di Sangermani o di De Vries sono certamente classici. In pratica tutte le barche aspirano ad essere classiche, ma ci vuole comunque un gruppo di armatori che le vogliano perfezionare ad ogni costo compiendo con esse crociere memorabili o agguerrite regate fino a che il diapason non suoni all’ unisono. La partecipazione ai raduni o le barche classiche nuove mi lasciano sempre perplesso per la pretesa di acquisire classicità tramite una operazione burocratica. Classico non si nasce, si diventa.
Fatta questa lunga premessa sono andato al Classic Boat Show a Genova. E’ una manifestazione secondaria che associa, non senza un certo fascino, yachting e giardinaggio. A questa mostra partecipano in sezioni separate associazioni e privati. Le associazioni in generale o hanno una visione ideologica del diporto o ricercano visibilità grazie al blasone dei loro soci, quindi la sezione più sincera, che a mio avviso rappresenta la salute delle barche classiche come categoria, è quella dei privati, delle barche usate in vendita. Prima di tutto ho notato la diversità dei tipi presenti, testimonianza di un epoca in cui la barca rappresentava l’armatore e non era solo un attrezzo sportivo caro di prezzo. Ma non voglio parlarvi del Tirrenia II o della Stella Polare che sono barche celebri, in un gruppo di una decina di barche a vela ho notato un bel motorsailer in legno costruito da un cantiere sconosciuto ai più una quarantina di anni or sono, che forse non sarà una barca classica, ma era quella in cui grazia e forza si sposavano meglio e senza rumore, se non quello delle onde che frangono sul tagliamare.
Michele Ansaloni
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