Il refit come industria: l’Italia hub del Mediterraneo. Foto Lusben, archivio PressMare

Il refit come industria: l’Italia hub del Mediterraneo. Foto Lusben, archivio PressMare

Il refit come industria: l’Italia hub del Mediterraneo

Servizio

28/11/2025 - 08:30

 Come sottolinea in questo articolo Alfonso Postorino, professionista con lunga esperienza nella yacht industry e nel refit dei grandi yacht, l’insieme delle attività di manutenzione straordinaria, revisione, riparazione, aggiornamento tecnico e/o ristrutturazione estetico–funzionale di uno yacht già esistente, sta assumendo sempre più i caratteri di un’industria autonoma, con processi e competenze distinti dalle nuove costruzioni. È in questo contesto che l’Italia si afferma come uno degli hub più strutturati e competitivi del Mediterraneo.

Il refit come industria? Ma il refit non è quella attività derivata e strettamente interconnessa alle nuove costruzioni? Sì e no. Il refit di yacht è sì conseguente all’attività di costruzione di nuovi yacht, ma è caratterizzato da dinamiche assolutamente distinte e uniche che lo rendono un’industria completamente diversa e a sé stante. Capita spesso di vedere cantieri di nuove costruzioni che aprono una divisione dedicata al refit, ma lo fanno fondamentalmente per due ragioni: 1) impiegare un eccesso di manodopera e/o occupare gli spazi esistenti in un momento di rallentamento del mercato delle nuove costruzioni, 2) mantenere il contatto con il cliente (o acquisire nuovi contatti) per poi essere i primi a fare una offerta quando il cliente vorrà un nuovo yacht.

In realtà però le dinamiche di un cantiere di refit mal si conciliano con le dinamiche di un cantiere di nuove costruzioni. Innanzitutto, la scala dei valori è completamente spostata a favore delle nuove costruzioni. Il valore di un nuovo yacht si misura in decine di milioni, il valore di un refit raggiunge raramente il valore di alcuni milioni (molto spesso si ferma al di sotto del milione). Di conseguenza le attenzioni del management saranno rivolte principalmente alle nuove costruzioni a scapito del refit. Poi i tempi: un lavoro di refit molto spesso inizia e finisce in pochi mesi e pertanto il cantiere deve essere in grado di fornire risposte in tempi rapidissimi, non c’è molto tempo per analisi tecniche approfondite, valutazioni di diversi appaltatori, attese interminabili di determinate forniture. Bisogna dare la priorità a quello che è più rapidamente disponibile e più facilmente integrabile con quanto si trova già a bordo. Ne consegue che l’ufficio tecnico e l’ufficio acquisti di un cantiere di refit devono avere un approccio diverso dagli omologhi uffici di un cantiere di nuove costruzioni. Finisce che le famigerate ‘sinergie’ che un cantiere di nuove costruzioni pensa di poter impiegare quando affronta un refit si rivelano invece degli handicap.

Quindi, concludendo questa nota introduttiva, il mondo del refit va considerato come un’industria a sé stante, con le sue dinamiche assolutamente distinte dalle dinamiche dei cantieri di nuove costruzioni.

Secondo la testata SuperYacht Times, nel corso del 2024 sono stati effettuati 2.200 refit nel mondo su yacht al di sopra dei 30 metri di lunghezza. Tale numero, che può sembrare esagerato, corrisponde a circa un terzo della flotta navigante, flotta che per di più aumenta di circa 200 unità ogni anno. Naturalmente bisogna subito precisare cosa intendiamo per refit. Non si tratta solamente di quei grandi lavori di ristrutturazione con modifiche di layout interni /esterni, allungamenti di scafo o rimotorizzazioni, ma il termine refit comprende anche la normale manutenzione di routine che per uno yacht di 40/50 metri può arrivare a circa 3/400.000 Euro l‘anno di spesa. Secondo Confindustria Nautica “le attività di refit, riparazione e rimessaggio consistono nella riparazione dello scafo, degli interni e di intere unità da diporto e comprende l’ordinaria manutenzione, il refit connesso alla ristrutturazione totale dell’imbarcazione e il rimessaggio e i servizi di ricovero delle unità presso strutture a terra, oltre alla necessaria movimentazione delle stesse.” Un qualsiasi cantiere di refit ogni anno gestisce un mix di lavori diversi e non sempre c’è il ‘progetto importante’. Molto più spesso si tratta di decine di commesse di minore importo la cui gestione contemporanea rappresenta una ulteriore sfida organizzativa.

Sempre secondo SuperYacht Times, nel 2024, gli Stati Uniti hanno fatto la parte del leone accaparrandosi il 21% del mercato mondiale (inteso come numero di commesse) del refit di yacht oltre i 30 metri di lunghezza con 29 diversi cantieri. La Spagna segue a ruota con il 20% del mercato concentrato su due hub: Barcellona e Palma di Maiorca. L’Italia vanta il maggior numero di cantieri di refit attivi (40 nel 2024) ed è leader mondiale nel segmento 40-60 metri. Per contro la Francia dispone soltanto di 13 cantieri di refit ma hanno tutti il grande vantaggio di trovarsi là dove moltissimi yacht stazionano tutto l’anno.

Per capire meglio il perché di certe dinamiche di mercato bisogna fare attenzione a quelli che sono i cosiddetti ‘key selling points’ che un cantiere di refit deve avere e chi sono i ‘decision maker’ in questa industria. I cantieri americani fanno storia a sé in quanto lavorano su una clientela locale costituita dalla grandissima flotta solitamente di stanza negli States, Bahamas e Caraibi, soprattutto nella fascia 30-40 metri.

Contrariamente a quanto si possa supporre, l’armatore non è quasi mai coinvolto nella scelta del cantiere dove fare un refit. La scelta viene fatta solitamente dallo yacht manager o direttamente dal comandante. Ecco perché la posizione geografica del cantiere riveste particolare importanza nel processo decisionale. Sia lo yacht manager che il comandante non si vorranno allontanare troppo dal loro luogo di residenza per evitare lunghe trasferte. Questo è un aspetto che avvantaggia particolarmente i cantieri della Costa Azzurra e delle Baleari a scapito dei cantieri italiani. Per lo stesso motivo i cantieri croati, greci e turchi tendono a lavorare quasi esclusivamente con clienti della loro stessa nazionalità.

Bisogna anche tenere presente che una parte dell’equipaggio resta a bordo anche durante i lavori di refit, è quindi importante che il cantiere scelto sia accogliente e localizzato in una cittadina che possa offrire anche degli svaghi a queste persone, per lo più giovani. Inverni miti, vicinanza con aeroporti internazionali, bar, ristoranti, bassa criminalità, sono tutti fattori che hanno la loro importanza nel processo decisionale.

Altro fattore importante è la capacità che il cantiere ha di offrire servizi adeguati anche attraverso l’impiego di appaltatori esterni. Da questo punto di vista i cantieri italiani sono sicuramente avvantaggiati. L’Italia è infatti il primo paese al mondo per la produzione di yacht oltre i 30 metri. Ne consegue che tutti i cantieri italiani di refit possono accedere facilmente agli stessi appaltatori che magari hanno costruito proprio quella barca o che comunque hanno le competenze per poter mettere le mani su qualsiasi tipo di impianto, arredo o attrezzatura di bordo. Questo spiega come mai i principali cantieri di refitting in Italia siano nati vicino ai due grandi hub di costruzione di yacht: la Toscana e le Marche. Ciò è particolarmente importante anche perché, a causa della forte stagionalità delle attività di refit, i cantieri sono costretti a mantenere una struttura snella, con pochi dipendenti diretti, impiegando appaltatori esterni quando necessario durante la stagione invernale.

Non meno importante la capacità infrastrutturale che il cantiere può offrire. Alcuni cantieri di refit si sono dotati di grandi impianti di sollevamento (bacini o sincro-lift) per poter mettere a terra anche yacht di 80-100m. Altri cantieri hanno acquistato negli anni travel lift sempre più grandi per poter rispondere alla domanda sempre crescente, conseguenza di una flotta costituita da yacht di dimensioni sempre maggiori.

Focalizziamoci adesso sul mercato italiano del refit. Secondo Confindustria Nautica (La Nautica in Cifre) il fatturato del comparto refit nel 2024 ha superato il valore di 500 milioni di Euro, di cui oltre la metà realizzato su imbarcazioni estere. Il dato eclatante è la crescita vertiginosa degli ultimi anni. Si pensi che nel 2014 lo stesso comparto fatturava poco più di 140 milioni di Euro!

Per raggiungere tale risultato i cantieri italiani di refit si sono dovuti attrezzare con ingenti investimenti in attrezzature e hanno dovuto cercare nuovi spazi. Contrariamente a quanto si possa pensare, l’industria del refit ha una barriera di ingresso molto elevata. Sono necessarie attrezzature particolari e di elevato valore per l’alaggio e il varo degli yacht. Inoltre, un cantiere di refit deve necessariamente essere posizionato in una zona portuale per poter offrire un ormeggio agli yacht ai lavori e poter alare e varare gli yacht in tempi rapidi e a costi relativamente contenuti.

Per fortuna tali strutture in Italia abbondano. L’Italia è il Paese con il maggior numero di cantieri di refit attivi (40 nel 2024). Però è anche vero che tutti gli spazi disponibili sono ormai arrivati a saturazione, soprattutto nell’alto Tirreno. Questo rappresenta quindi un limite a un’ulteriore crescita dell’industria italiana del refit. Altro limite strutturale è quello legato ai pochi ormeggi disponibili per grandi yacht soprattutto a sud di Civitavecchia (con l’unica eccezione del Golfo di Napoli) e in tutto l’Adriatico e lo Ionio. Se uno yacht deve fare un migliaio di miglia per fare un refit dovrà considerare anche il costo di riposizionamento nel budget dei lavori.

Concludendo quindi possiamo affermare che le attività di refit di uno yacht costituiscono una vera e propria industria in forte crescita, con un rapporto domanda/offerta attualmente sotto stress. A causa delle difficoltà strutturali e organizzative, la barriera di ingresso in questa industria è alta e di conseguenza il deficit di offerta attuale è destinato a permanere a lungo.

Consiglio finale per armatori, yacht manager e comandanti: prenotate per tempo il vostro prossimo refit!

Alfonso Postorino

©PressMare - riproduzione riservata

advertising
PREVIOS POST
Il Red Bull Italy SailGP Team è pronto all’atto finale della stagione 5
NEXT POST
La velista Cecilia Zorzi corona il sogno e arriva ai Caraibi