Mercury Verado 350 e 400 HP V10
I nuovi Mercury Verado 350 e 400 HP V10 sotto la lente
Prima i V6, poi i V8 e ora i V10. Gli investimenti avanzati negli anni scorsi da Mercury a livello di sistemi di produzione - dal 2008 l’azienda ha investito due miliardi di dollari per ampliare la propria superficie produttiva portandola a oltre i 275 mila metri quadrati - hanno dato i frutti sperati, tant’è che la Casa americana è al momento l’unica in grado di offrire ai suoi clienti una linea di prodotto basata su blocchi motore di alluminio con architetture a V di 64 gradi che partono da 175 cavalli e arrivano in maniera graduale e costante fino ai 400 dei nuovi Verado V10.
Un crescendo prestazionale realizzato sia giocando in termini di potenze specifiche sia, soprattutto, a livello di cubature, con queste ultime definite non tanto dalle dimensioni delle canne quanto dal loro numero. Le potenze fra i 175 e i 225 cavalli sono in effetti realizzate mediante blocchi V6 da tre litri e 400 centimetri cubi, quelle comprese fra i 250 e i 300 cavalli con unità V8 da quattro litri e 600 centimetri cubi e quelle di 350 e 400 cavalli dai nuovi V10 da cinque litri e 700 centimetri cubi. Non bisogna essere degli ingeneri per mettere a fuoco la strategia costruttiva Mercury che ha allestito le sue unità sulla base di una canna comune da 92 millimetri di alesaggio e 86 di corsa, circa 567 centimetri cubi, moltiplicandola poi per sei, otto e dieci al fine di realizzare le cubature necessarie.
Blocchi modulari quindi, connotazione che però non impedisce loro di proporsi quali gruppi tecnicamente raffinati ed esclusivi come solo i motori a V risultano essere. Il tutto nel rispetto di quelle economie di scala che a livello produttivo si rivelano preziose per dar luogo a un’offerta concorrenziale in termini di rapporto prezzo/prestazioni. Pistoni, bielle, spinotti, cuscinetti, valvole e, più in generale, tutti i componenti di ogni gruppo termico possono in effetti essere comuni a tutti i fuoribordo né dovrebbero cambiare più di tanto i componenti dei sistemi di alimentazione e accensione.
Mercury in pratica ha perfettamente applicato il celebre motto statunitense che vuole i cavalli correlati alle cilindrate in essere, ma per aumentare quest’ultime dando luogo ai vari livelli di potenza non ha giocato sulle dimensioni dei cilindri quanto sul loro numero. Fra i vantaggi di tale filosofia anche il fatto che i nuovi motori, proprio perché mutuanti molti componenti da unità già sul mercato nascono collaudate e affidabili, connotazioni queste ultime che a livello di motori marini sono improrogabili visto che in caso di avaria non si può chiamare il carro attrezzi come accade su strada.
A livello di contenuti i nuovi V10 si propongono con distribuzioni bialbero a quattro valvole per cilindro azionate mediante catene esenti da manutenzione, aspirazioni naturali e alimentazioni a iniezione di tipo indiretto. Particolarmente curata la parte elettrica, basata su un alternatore da 150 ampere di capacità e operante, se richiesto, alle tensioni di 12 e 48 volt così da integrarsi con l’eventuale sistema Navico Fathom e-Power System, una funzionalità che sfruttando la presenza di una batteria gli ioni di litio elimina la necessità di avere un generatore elettrico ausiliario a bordo.
Pesanti 316 chili e quindi forti di rapporti peso/potenza dell’ordine degli otto etti per cavallo, il più basso fra quelli proposti dai fuoribordo Mercury con architetture e V e anche uno dei più bassi in assoluto, i motori vantano anche piedi dedicati il cui design è ottimizzato a livello idrodinamico in modo da sfruttare al meglio i vantaggi prestazionali proposti della nuove eliche Revolution X dall’elevato diametro e dalle ampie pale che, combinate con un elevato rapporto di trasmissione, realizzano accelerazioni brillanti in fase di apertura della manetta, garantendo anche i minimi consumi quando si naviga in crociera.
A tale obiettivo va precisato che concorre anche il già citato sistema di iniezione, in grado di far funzionare l’unità anche con carburante da 87 ottano e interfacciato con il sistema Adaptive Speed Control, un cruise controllo adattativo che mantiene costante il regime del motore alle variazioni di carico o al proporsi delle onde, lavorando in tandem con il sistema Transient Spark che invece regola elettronicamente la fasatura dell’accensione per ottimizzare la potenza ai bassi regimi. Compatibili con i più recenti sistemi di timoneria elettrici messi a punto da Mercury per agevolare il controllo dei motori di alta potenza, i nuovi Verado V10 vantano infine anche il sistema Advanced Sound che permette al diportista di scegliere la tonalità di scarico preferita quando salpa o rientra scegliendo fra una minima emissione e un timbro più deciso e forte dal sapore quasi racing.
Architettura a V di 64 gradi, non 60
Quando i tecnici Mercury decisero di metter mano alle nuove linee di fuoribordo di media e alta potenza si chiesero quale architettura fosse migliore per dar luogo a unità modulari salvaguardando i costi di produzione. La classica architettura in linea ben rispondeva a tale input permettendo anche di realizzare motori “stretti” che si prestavano anche a dar luogo a installazioni plurime, ma per non incorrere in problemi strutturali nel caso il numero dei cilindri fosse superiore a sei imponeva il ricorso a dimensionamenti meccanici poco allineati con le esigenze di un motore che invece deve essere il più leggero possibile. A conferma il fatto che la stragrande maggioranza dei motori in linea arriva a proporre un massimo di sei canne.
Per andare oltre è prassi passare alle architetture a V, più ingombrati in termini di larghezza, ma più compatte a livello di altezze e anche più facili da gestire in termini di layout potendo inserire nella V o sotto le bancate, quindi nella sagoma del motore, la maggior parte dei gruppi di servizio. 60 e 90 gradi le due aperture che per decenni hanno dominato i vari settori motoristici, fino a quando in campo motociclistico i giapponesi non hanno pensato di rivoluzionare gli standard costruttivi più consolidati, adattando l’angolo di bancata del motore alle esigenze del veicolo su cui era montato. Da cui il proliferare di angoli di bancata diversi fra quelli tradizionali come risulta essere quello adottato da Mercury, 64 gradi anziché 60, un allargamento che non pregiudica l’equilibratura dei motori e probabilmente voluto per ottimizzare i volumi di servizio sotto calandra, quelli destinati a ospitare tutti i gruppi accessori del motori a partire dalle ingombranti ma indispensabili scatole di aspirazione per arrivare alle centraline elettroniche passando attraverso i componenti dei sistemi di iniezione.
Fathom e-Power Navico
Fathom e-Power è un sistema integrato Navico preposto alla gestione dell’alimentazione ausiliaria, basato sulla presenza a bordo di una batteria agli ioni di litio. Questa alimenta i gruppi di servizio dello scafo, lasciando a una centralina il compito di verificare lo stato e la quantità degli assorbimenti, e andando poi a pilotare di conseguenza l’alternatore del motore. Ne deriva che viene eliminata la necessità di disporre di generatori ausiliari in quanto la batteria si propone con capacità elevate che il sistema provvede a reintegrare in automatico quando necessario.
Jacopo Oldani
Mercury Verado V10, la scheda tecnica in sintesi
Modelli 400 e 350HP - Architettura V10-64° - Cilindrata 5.7 L - Ales./Corsa (mm) 92/86 - Pot. max (HP/rpm) 400/5.800-6.400; 350/5.800-6.400 - Alternatore 150 ampere - Rapp. riduzione 2.08:1 - Peso kg 316 - Rapporto Peso/pot. (Kg/cv) 0,79; 0,90 - Lungh. piede (in piedi) 20",25",30", 35"