Robert Blazejak lo yacht designer che fonde gli opposti

Yacht Design

07/12/2024 - 08:43

La prima impressione che si ha quanto si incontra Robert Blazejak è di una persona estremamente sicura di sé, solida nelle sue decisioni e netta nel definire i suoi riferimenti. Insomma, sembra rifarsi allo stereotipo di scarsa elasticità adattativa che noi mediterranei attribuiamo a chiunque venga da oltre il 45esimo parallelo e ancora di più se è nato a est di Trieste (per molti basta essere nati a est dell'Appennino).

Quando cominci ad andare a fondo nel lavoro e nella filosofia del designer polacco scopri, invece, che è l'uomo del compromesso. Non tanto in senso politico o esistenziale, ma in termini di creatività produttiva.

Il lavoro svolto per il neonato cantiere Dracan Marine, la loro opera prima è l'interessantissimo catamarano a Motore Dracan 42, che ha debuttato a Cannes, ha reso evidente, ancora una volta, come mescolare elementi diversi e provenienti da altri contesti renda il frutto della miscelazione affascinante, saporito e nuovo.

«Si può guardare qualsiasi cosa e trovare ispirazione per ciò che stai disegnando, anche se non è una barca. Si possono implementare soluzioni nate nell'ambito del lusso e rendere fruibili anche su barche meno costose. Si possono trasformare le superfici in volumi per renderle più divertenti da modellare e più interessanti da vivere. Si possono avere linee forti e decise e una barca colorata e felice». Questa una pillola della sua weltanschauung, come chi è studiato chiama la "visione del mondo".

Robert Blazejak inizia a lavorare nel Regno Unito, con l'idea di dedicarsi alla creazione di automobili; frequenta lo studio di Zaha Hadid, una delle archistar attive  a cavallo tra XX e XXI secolo. Impara a lavorare con la modellazione 3D «Mi piace la carta da usare con una buona matita così, come mi piace il lavoro tramite software in 2D e 3D per aiutare il lavoro dell'architetto, o la realizzazione dei rendering per prevedere il risultato finale» e conosce e apprende «l'etica del lavoro per cooperare in un team».

Poi la crisi del 2008 taglia anche le sue ali professionali e prima di spiccare il volo deve riorganizzare il piano operativo.

Abbandona il mondo dell'auto «non potevo più permettermelo», si iscrive al Royal College of Art comincia a guardare al boat design «non bisogna mai fermarsi, è fondamentale imparare sempre qualcosa di nuovo» per avere un approccio artistico su un background tecnologico. E poi, il suo debutto nel mondo della progettazione con Sunreef, l'azienda aperta da un uomo d'affari francese in Polonia e che ha contribuito pesantemente a rendere il catamarano a motore, meglio se lussuoso, il nuovo oggetto del desiderio. 

All'interno di questa realtà, per cui tra gli altri progetti ha curato il progetto del gigantesco trimarano Sunreef 210, si accorge di quanto i multiscafi possano essere resi più sexy. «I catamarani sono stati per anni terribilmente brutti da vedere. Si pensava che avere più spazio fosse già sufficiente a fare innamorare le persone. Ma è un errore perché anche l'armatore più appassionato, la barca la compra prima di tutto con gli occhi. Si deve prima innamorare e poi si dà le giustificazioni razionali, ma solo dopo. Senza tenere conto poi che oggi sono sempre più gli armatori solamente interessati a un modo di passare il tempo libero e che considerano la barca come una delle loro attività e non la primaria, come invece poteva accadere 30 anni fa».

Così Robert lascia Londra e torna in Polonia, a Gdansk, e quindi nel 2016 apre il proprio studio Blazejak Yacht Design «che se avessi previsto l'impegno e la fatica richiesti per farlo vivere e crescere non so se l'avrei costituito», dice ridendo. Comincia a lavorare per cantieri importanti e ben conosciuti come Windy e Fairline fino a che non ha la sua visione di un cat a motore "come Blazejak comanda": il Code Breaker, il cui progetto vede la luce nel 2017.

Il nome ne identifica la natura: colui che rompe il codice, lo schema predefinito. «Sexy, funzionale, attraente, diverso da ciò che già offriva il mercato e che non sembrasse il figlio di un dio minore nell'ambito delle barche a motore». Un cat di 40 piedi, concepito per competere con i tender monoscafi, forte dei vantaggi significativi come stabilità, pescaggio ridotto e un'ampia superficie del ponte. Caratterizzato da un design trasformabile sviluppato su quattro ponti, di cui anche uno in vetro, con piani di calpestio espandibili e tetti apribili. 

Da questo ballon d'essai a Dracan Marine il passo è stato breve, ma fondamentale. Con il "suo" Dracan 42 ha mostrato come si può realizzare un cat bello (i gusti sono soggettivi, ma le proporzioni no), equilibrato, estremamente spazioso e capace di comunicare e di presentare delle nuove soluzioni anche sottocoperta, nella zona notte nascosta nei due scafi. 

«Con Dracan (spin off commerciale di Model Art, uno dei principali stampatori di scafi in vetroresina al mondo, con oltre 3500 barche sfornate ogni anno per i maggiori cantieri mondiali), ho trovato una realtà industriale pronta a cambiare l'offerta. Solidità finanziaria, persone esperte di grande competenza tecnica e nuove generazioni desiderose di crescere».

Così ha potuto portare ulteriormente avanti il suo lavoro di ricerca fatto di osservazione, studio e analisi di ciò che manca ai cat e come implementarlo nella loro natura. Comparare vantaggi e svantaggi e relazionarsi con un prodotto che alla fine deve essere prodotto, appunto, da una realtà industriale con logiche di efficienza, contenimento dei costi e vincoli tecnologici: «conosco le dinamiche di chi costruisce, sono stato a lungo in cantiere e perciò cerco il sistema per far convivere il sexappeal e la linea di montaggio».

Su questo 13 metri sono diverse le soluzioni inedite nel mondo dei doppi scafi. Come i fuoribordo coperti da una "scatola" che funge da prendisole e lascia lo spazio per due enormi prendisole e una dinette sdoppiata in grado di accomodare 12 persone intorno ai due tavoli e la dinette prodiera, comoda e protetta anche durante la navigazione, che per questo cat è planante e con velocità superiori ai 25 nodi. 

Oppure il layout modulare da 2 a 4 cabine matrimoniali, sempre molto pratico e che nella versione più padronale, quella con solo 4 posti letto, dà degli spazi introvabili su barche simili per volumi e disposizione. O la stessa soluzione più charteristica con gli 8 posti letto: «impossibili da avere su un 40' così strutturato». Anche se, come dichiarato dallo stesso designer: «il principale uso di questa barca è quello giornaliero e quindi la maggiore attenzione è stata data a come stai in coperta: gli spazi esterni sono stati privilegiati rispetto agli interni».

Ciò che mi ha colpito, la di là della visione di Robert, è la sua chiara consapevolezza che non è il designer a "fare" la barca. Per lui non esiste che il modello XYZ sia la barca di [nome dell'architetto]: perché il designer è autore di una parte, certo importante, anzi fondamentale (le barche si comprano con gli occhi, ricordi, no?), ma non è il genitore esclusivo. «È un lavoro di team, ci sono un sacco di cose a cui bisogna pensare, da progettare, installare, definire… non si può disegnare qualcosa di bellissimo, ma irrealizzabile: non ha nessun senso».

Così come, sempre secondo il designer polacco, non ha senso la «pigrizia creativa» dei grandi cantieri francesi che si sono limitati a clonare lo stesso catamarano in varie scale e senza preoccuparsi di renderlo né più attraente né di attualizzarlo per quanto riguarda scelte stilistiche, tecniche e funzionali. Mentre all'estremo opposto dei risultati da ottenere è la possibilità di portare le soluzioni oggi applicate sui grandi yacht a bordo di barche di dimensioni e costi ridotti, per renderle accessibili al maggior numero di diportisti possibile.

Prosegue Robert: «Nel mondo dei multiscafi c'è ancora molto da fare. I processi di creazione durano a lungo, spesso ho visto che ci vogliono fino a 8 anni per avere la barca che si pensava. Dal concept iniziale, si passa allo sviluppo del progetto, poi alle implementazioni tecniche, alla realizzazione dei piani produttivi per arrivare infine alla barca costruita che comunque ha bisogno di una messa a punto finale. E alla fine deve piacerti, ti ci devi trovare bene "dentro". Credi ai tuoi sensi, fidati di ciò che provi: è un mio riferimento, che applico nella vita professionale o personale che sia. Alla fine, anche ciò che realizzi professionalmente è il tuo bambino, non puoi non relazionartici anche in maniera sentimentale». 

E, per concludere, come prevede di cambiare il futuro dei multiscafi un designer che non si stufa di guardare avanti come Blazejak? «Voglio innanzitutto cambiare il modo in cui un diportista guarda un catamarano, voglio renderlo consapevole della filosofia che c'è dietro a un'imbarcazione del genere; voglio che cominci a trovarlo affascinante come un monoscafo e che lo prenda in considerazione in quanto "barca" con qualità differenti, non in quanto oggetto "brutto, ma buono". Sto lavorando all'idea di un explorer cat, dalle linee diverse dal solito: mi pongo il compito di ridefinire i multiscafi. Per dire quello che in termini di contributo allo yacht design hanno svolto i Blue Game e gli Arcadia, che hanno saputo offrire qualcosa di diverso da ciò che già si vede in giro».

Giacomo Giulietti

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