Stefano Lenarduzzi, CEO Quick Group

Stefano Lenarduzzi, CEO Quick Group

Il futuro di Quick Group secondo il CEO Lenarduzzi: crescita, sinergie e focus sulla nautica internazionale

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13/10/2025 - 11:28

Stefano Lenarduzzi, ingegnere meccanico con una lunga esperienza nel settore metalmeccanico, è stato recentemente nominato CEO di Quick Group, realtà italiana leader nella componentistica per la nautica.

Azienda fondata a Ravenna dalla famiglia Marzucco nel 1992, oggi Quick Group è un gruppo internazionale, con sedi in USA e UK, che raggruppa i marchi Quick Nautical Equipment, Xenta, Sanguineti, Nemo, Quick Marine Lighting ed MC². Nel settembre 2022 Fondo Italiano d’Investimento e Armònia SGR hanno acquisito una quota di maggioranza dalla famiglia fondatrice, con l’obiettivo di supportarne la crescita internazionale e il consolidamento.

Il quartier generale Quick Group a Piangipane, in provincia di Ravenna

Abbiamo incontrato Lenarduzzi al Salone Nautico di Genova 2025, dove ci ha raccontato il suo percorso professionale – dalla progettazione all’imprenditoria, fino alle esperienze nei fondi e più recentemente in Maschio Gaspardo, gruppo industriale italiano specializzato in macchine agricole – e la sua passione personale per la navigazione. Con lui abbiamo parlato delle prospettive di Quick Group in un mercato tornato ai livelli pre-Covid, delle sfide poste da dazi e cambio dollaro, delle opportunità negli Stati Uniti e nei mercati emergenti, del ruolo della Ricerca e Sviluppo e della convivenza tra produzione seriale e soluzioni custom.

Uno sguardo al futuro che, secondo Lenarduzzi, vedrà nel 2027 un anno di rilancio per l’intera filiera nautica.

PressMare – Stefano Lenarduzzi, qual è la sua esperienza professionale?

Stefano Lenarduzzi – Sono un ingegnere meccanico. Ho iniziato come progettista, poi sono passato alla produzione, quindi alla gestione dei processi produttivi e infine alla direzione generale. Vengo dall’industria metalmeccanica: automazione, macchine e impiantistica; in seguito mi sono spostato sulle macchine utensili. Ho avuto una lunga esperienza in questo ambito: sono stato dirigente 29 anni in FPT Industrie come direttore operations e, dopo tre-quattro anni, direttore generale. Sono cresciuto con l’azienda, passata da 30 a 120 milioni: internazionalizzazione, nuove tecnologie, meccatronica, applicazioni per l’aerospazio. È stata una bella avventura.

Gli stabilimenti Sanguineti di Casarza Ligure, in provincia di Genova

PM – Ha provato anche la strada imprenditoriale?

SL – Sì, in un certo momento della mia vita professionale ho scelto di fare l’imprenditore. Ho rilevato un’azienda metalmeccanica di piccole dimensioni, specializzata in design industriale, carpenterie per macchinari e insonorizzazioni. Con esperienza e contatti siamo entrati nell’automotive: l’azienda è diventata un riferimento per le insonorizzazioni delle linee di stampaggio auto. Il mio primo cliente diretto del settore è stato Tesla in California; da lì l’azienda è cresciuta velocemente finché è stata acquisita da un fondo.

PM – Lì ha conosciuto il mondo dei fondi d’investimento?

SL – Sì, li conoscevo: facevo consulenza per vari settori grazie all’esperienza trasversale. Dopo la vendita ho continuato a collaborare con loro, entrando anche in altre società tra packaging, metalmeccanica e meccatronica; poi sono entrato in Maschio Gaspardo nel periodo del rilancio, come direttore generale. L’azienda è cresciuta molto, è uscita dalle difficoltà ed è diventata quella che vediamo oggi. Quando i fondi sono usciti, sono uscito anch’io, continuando però a seguirli sulle attività di acquisizione.

Gli stabilimenti Nemo di Mercato Saraceno, vicino Cesena

PM – Quando arriva la nautica nella sua carriera?

SL – La passione per la nautica c’era già. Si è incrociata con le esigenze dei soci e con la decisione di Michele Marzucco – fondatore di Quick Group – di inserire una figura nuova in azienda. La mia esperienza nella gestione di aziende medio-grandi si abbina alla passione nautica nata molto prima. Ho lavorato spesso con clienti che operavano sulle barche, soprattutto con chi faceva stampi e componenti. Molte delle macchine utensili di cui mi sono occupato finivano su stampi e componentistica per la nautica.

Mi piace il motore: sono partito col gommone, poi sono passato alla barca a motore, poi a vela. Ho frequentato marine e porti, ho navigato abbastanza e spero di farlo di più in futuro. 

PM – Lei è considerato un manager “operativo”, molto vicino a produzione e prodotto.

SL – Sono nato sul prodotto e l’ho sempre tenuto vicino anche nei ruoli gestionali. Produzione e gestione sono importanti; la parte commerciale è fondamentale. La finanza? L’ho imparata con gli studi post-laurea e con l’esperienza: quando capisci i meccanismi e lavori con persone competenti, diventa la parte più semplice. Ma in azienda prodotto e commerciale vengono sempre prima.

I sistemi integrati di guida e controllo dinamico per yacht e superyacht di Xenta

PM – In che situazione ha trovato Quick Group e come descriverebbe il mercato attuale per l’azienda?

SL – Siamo tornati ai livelli pre-Covid. Per il Gruppo è uno stimolo: negli ultimi anni è cresciuto velocemente, si è affermato in un settore competitivo e ha ampliato la gamma anche con acquisizioni. Quick Group copre trasversalmente fasce di mercato e famiglie di prodotto: pochi costruttori di componentistica nautica sono così verticali per segmenti e così orizzontali per ampiezza di gamma. È complesso da gestire: servono investimenti in organizzazione e risorse. Ma è anche un’opportunità per crescere e consolidare quanto fatto.

PM – Di cosa c’è bisogno oggi per il Gruppo Quick?

SL – Professionalità: valorizzare le risorse interne e inserirne di nuove, anche da settori affini, con un corretto trasferimento di conoscenze. La nautica è sempre più complessa e tecnologica, ha bisogno anche di competenze specifiche. Poi serve l’integrazione di Gruppo: siamo più aziende ma dobbiamo operare come fossimo un’unica azienda. Quindi sinergie e cross-selling, cioè vendita incrociata tra aziende del gruppo, riduzione dei costi e vantaggi derivati da acquisti comuni. Infine, un reparto Ricerca e Sviluppo centralizzato e sempre più forte per mettere a fattor comune le competenze.

Un thruster Quick in produzione

PM – Il vostro mercato è realmente internazionale?

SL – Ci sono tre aree principali: Italia, mercato chiave, dove i cantieri coprono una quota molto rilevante. Stati Uniti, mercato fondamentale, con tanti cantieri che costruiscono barche piccole e medie; per noi conta sia in termini di OEM (Original Equipment Manufacturer, cioè forniture ai cantieri) sia per l’ambito refit/manutenzione. Il parco è di circa 13 milioni di unità. È rilevante anche per l’assistenza ai clienti italiani che esportano lì, con ricambi e service in loco. Europa e altre aree “a macchia di leopardo”: Regno Unito, Polonia, che fa molta produzione anche per conto terzi, Francia e Germania che ha grandi gruppi da servire con approccio industriale: pre-cablaggio e forniture in kit. Poi si stanno affacciando sulla scena anche altri mercati come Dubai.

Quindi c’è il mondo dei superyacht (Nord Europa e Italia), in crescita grazie all’integrazione di Gruppo – Xenta per i sistemi di governo e manovra, Sanguineti e Nemo per movimentazioni e accessori – e la Turchia, un mercato in forte crescita per dimensione e qualità dei componenti.

La campana monolitica, ricavata dal pieno, di un sistema di tonneggio Sanguineti

PM – Tema attualissimo: dazi negli USA e svalutazione del dollaro, che ne pensa in merito?

SL – È una doppia penalizzazione. Il dollaro ha perso circa il 12% in meno di un anno, e il dazio del 15% incide. Più che sui volumi, pesa sui tempi decisionali: molti restano alla finestra. Nel canale OEM i concorrenti non sono americani, quindi l’effetto è simile per tutti. Per i cantieri italiani che esportano negli USA si vede un rallentamento, soprattutto sulle barche medie e piccole; sulle grandi il meccanismo è diverso perché le bandiere dei superyacht seguono logiche differenti.

Negli USA oggi il grosso della produzione è su imbarcazioni a console centrale, tipicamente fino a 45–50 piedi. Per questi center console vediamo un’ottima compatibilità con i nostri stabilizzatori giroscopici MC² Quick Gyro: nelle installazioni successive alla costruzione (retrofit) hanno il vantaggio di essere raffreddati ad aria, senza necessità di impianti idraulici dedicati. Sono compatti, installabili in spazi ridotti e con manutenzione a costi contenuti.

PM – Quando lo spazio a bordo è davvero poco, potete lavorare con più macchine in parallelo?

SL – Sì. Spesso ci sono più zone utili ma nessuna adatta a una singola macchina grande. In questi casi utilizziamo da 2 a 4 unità in parallelo, che lavorano in sincrono, ottenendo la stabilizzazione ottimale anche quando gli spazi non permettono un unico giroscopio più grande.

Gli stabilizzatori giroscopici MC² Quick Gyro in produzione

PM – Quick Group unisce produzione seriale e soluzioni su misura: è difficile gestire due logiche così diverse?

SL – Nel segmento alto di gamma, mega e superyacht, e anche sulle barche fino a 24 metri ben strutturate, servono personalizzazioni spinte su componenti come porte, passerelle e gru, con omologazioni diverse da quelle CE (Conformità Europea). Nel gruppo abbiamo stabilimenti e uffici tecnici dedicati che possono arrivare alla personalizzazione di ogni prodotto.

Xenta, ad esempio, propone un mix di soluzioni standard (“a scaffale”) che vanno adattate sulla barca specifica – dimensioni, ancoraggi, elettronica da tarare – con un servizio che comprende commissioning cioè la messa in servizio, e ottimizzazione direttamente a bordo.

Il punto in comune delle due anime è duplice: prestazioni e qualità del prodotto da un lato; un unico interlocutore per il cantiere dall’altro. Ufficio tecnico, acquisti e assistenza dialogano con un solo Gruppo in grado di fornire, ad esempio, dal salpa-ancora alla porta scorrevole fino ai sistemi di manovra.

Gli oblò Nemo in produzione

PM – Se le questioni legate al dollaro e ai dazi peggiorassero, valutereste di produrre negli USA?

SL – Nulla è escluso. In un’esperienza precedente ho finalizzato un’acquisizione per trasferire parte della produzione in loco. Nella nautica però bisogna selezionare i prodotti: non tutti hanno un concorrente locale e, dove non c’è, oggi non vedo esigenza di produrre lì perché gli investimenti in impianti (capex, capital expenditure) e i tempi di rientro non sarebbero giustificati. Diverso è valutare, per alcune linee, una spedizione in kit e assemblaggio locale (CKD, Complete Knock Down), ipotizzabile se i volumi cresceranno molto.

PM – La forza di Quick Group è aver costruito un gruppo di aziende e prodotti. Continuerete con nuove acquisizioni?

SL – Il mondo è grande e il potenziale di gamma lo è ancora di più. Ora però la priorità è stabilizzare funzioni e integrazione, servire il cliente nel miglior modo e sfruttare le sinergie per ottimizzare anche la redditività. Questo ci metterà nelle condizioni di investire in una nuova espansione e, quindi, in nuove aziende.

Il Falcon 80 "Maverick", lo yacht che, dopo un profondo refit, il Gruppo Quick ha adibito a proprio showroom

PM – C’è un’eventuale quotazione in Borsa alla fine del percorso?

SL – No, non è nei piani. Mai dire mai, e non dipende solo da noi, ma oggi non è previsto.

PM – Come vede i prossimi 24 mesi per la yacht industry?

SL – Il 2026 lo vedo simile al 2025, con un accenno di ripresa nella seconda metà dell’anno: i cicli di costruzione hanno inerzia. Il 2027 potrebbe essere un anno buono: si vede che il portafoglio ordini tende a spalmarsi su orizzonti più lunghi per effetto di acquisizioni e progettazione di nuove barche e navi. Alcuni segnali indicano che il 2027 si sta caricando di opportunità che i clienti vogliono bloccare oggi.

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