Audace, Cantiere delle Marche. Foto Justin Ratcliffe/Superyacht Times
Audace lo yacht explorer di Andrea Merloni: la sua barca casa
Audace la barca casa di Andrea Merloni
Audace è il più recente explorer di Cantiere delle Marche, varato quattro mesi fa ad Ancona, lungo per l’esattezza 42,8 metri per 9,40 di larghezza, con 2,80 metri di pescaggio e uno sviluppo su ben cinque ponti, caratteristiche che lo portano a essere un filo al di sotto delle 500 tonnellate di stazza. Armatore Andrea Merloni, ex presidente Indesit e Fineldo, un grande appassionato del mare e delle barche, che dopo esperienze su diverse barche che mai lo avevano accontentato fino in fondo, il suo yacht se l'è voluto proprio far cucire addoso, scegliendo un progetto capace di assecondare la sua scelta di vita: vivere su Audace per la maggior parte dell'anno, come fosse casa.
Cominciamo col dare i giusti crediti a chi ha ideato e progettato la barca: yacht design e architettura navale sono di Andrea Pezzini (Floating Life), Mauro Sculli (Studio Sculli) + Armatore; architettura navale dello Studio Sculli; design interni dell’Arch. Alessandra Negrato dello Studio Sculli + Armatore; ingegnerizzazione dello studio Hydro Tec.
Si tratta dell’unità più grande finora prodotta da Cantiere delle Marche, la prima totalmente full custom, basata su uno scafo in acciaio con bulbo dai consumi ridotti e con doti marine, che la rendono capace di affrontare rotte transatlantiche. Per rendere l’idea di quale uso verrà fatto dello yacht, dopo aver trascorso l’estate in Mediterraneo, per l’autunno 2019 è previsto che Audace traverserà l’Atlantico destinazione Caraibi, poi da lì verso Panama e il suo Canale, porta d’ingresso al Pacifico.
Audace è un superyacht sul quale abbiamo navigato, purtroppo, solo per qualche miglio, dalla shipyard di Cantieri delle Marche, nella zona portuale della Città Dorica, fin sotto lo splendido ridosso del monte Conero e ritorno. Qualche ora a bordo che, causa mare calmo, non ci ha fatto provare il brivido della navigazione dura, rude, cui lo scafo sembra essere vocato, ma che ci ha offerto la possibilità di una visita a bordo fatta come si deve, con tutto il tempo per vedere, capire e ottenere le risposte necessarie a ogni curiosità.
Accompagnati da chi questa barca su misura l’ha costruita cioè Ennio Cecchini di Cantiere delle Marche - un CEO sui generis in termini di preparazione tecnica ed esperienza nella costruzione di navi, che avevamo conosciuto qualche lustro fa, ai tempi in cui con i Cantieri di Pesaro costruiva navi commerciali di ogni tipo – e Andrea Pezzini di Floating Life – CEO di una società di servizi per lo yachting di lusso che fra le sue attività include il brokerage e la progettazione di grandi yacht, anch’egli grande esperto di navi che il suo grande bagaglio tecnico se l’è fatto navigando su unità commerciali per diversi anni in ogni mare – che è il "sarto" del progetto. Partito da una proposta tecnica e di layout stile explorer, vi ha man mano imbastito ogni modifica richiesta fino a realizzare la barca che Merloni aveva in testa.
Audace nomen omen, perché a vederlo dalla banchina questo yacht ha un design che sembra davvero ardito, per via dei quattro ponti che svettano fuori dall’acqua di uno scafo senza slanci, soprattutto a prua. Insomma, altezze e forme dalle proporzioni coraggiose, inusuali per una barca di soli 42 metri, e dagli stilemi maschi, quasi marziali, sottolineati dalla livrea color grigio scura “canna di fucile” dello scafo.
“Il progetto K42 in realtà era nato con un ponte in meno – racconta Pezzini - ma quando iniziammo a parlarne con l’armatore, lui ci chiese subito di creare un top deck totalmente dedicato a sé. L’esperienza maturata con precedenti barche, sommata alla sua voglia di vivere lo yacht come il buen retiro non solo di una vacanza, ha quindi portato alla realizzazione della owner area posta in alto, dominante e a suo uso esclusivo.
Una superficie di 100 mq, suddivisa fra cabina armatoriale, una piccola cucina e un salone panoramico con angolo office che affaccia sul ponte esterno, di poppa, con jacuzzi e sofà, lontano da tutto e da tutti. Insomma, un ponte realmente in grado di offrire massima privacy.”
Altra scelta non da tutti, che colpisce anch’essa sin dalla banchina, sta nella presenza in coperta di due imponenti gru industriali, una posizionata a prua e l’altra a poppa con una portata rispettivamente di 2.200 e 8.890 kg, di quelle, per intenderci dei pescherecci oceanici alla “Deadliest Catch”, per di più di color rosso acceso a evidenziarne la presenza. Anche per queste c’è un perché.
“Un altro dei punti fermi voluti dall’armatore – continua infatti Cecchini – è stata avere la disponibilità di un tender non grande ma enorme, da 11 metri, più una seconda unità di servizio per la crew da 7 metri. Saranno dei RIB con scafi in alluminio, una scelta mirata per contenerne il peso, che l’armatore sta facendo realizzare ad hoc. Nonostante ciò, per movimentare un battello da 11 metri con lo sbraccio necessario a metterlo in acqua, una normale gruetta da yacht non sarebbe bastata.”
Ma non è finita qui, perché poi aggiunge: “L’armatore ha voluto che a bordo ci fosse spazio per i toys da mare, ma anche per una Land Rover e una grossa moto enduro. Saranno trasportati a prua e la gru servirà a metterle in banchina, rendendo l’armatore totalmente indipendente anche quando sbarca a terra.”
Ancora una scelta esteticamente netta, dunque, senza compromessi, una sottolineatura heavy duty su quello che resta comunque uno yacht di lusso, funzionale a ciò che l’armatore vuole realmente dalla sua barca/casa.
Inusuale è anche lo spazio esterno dell’imbarcazione, concentrato principalmente a poppavia del ponte principale. Una “piazza d’armi” necessaria per accogliere il maxi tender RIB, solo quando la nave deve affrontare lunghe traversate, che una volta messo in acqua lascia spazio a un vero e proprio ponte sole, arredato da divani, prendisole e chaise longue free standing, capaci di suggerire il più classico degli enjoy the sun. Quella stessa superficie, di 170 mq, la sera può invece trasformarsi in una discoteca all’aperto, mentre nel ponte sottostante c’è una seconda dancing area al chiuso, più raccolta e con un’ampia zona living a supporto, che di giorno assolve le funzioni della beach area, affacciata sull’ampia plancia di poppa con funzione up and down che la porta a sfiorare il mare.
Cominciamo a visitare gli interni della barca proprio da quest’ultimo ambiente, che è a tutto baglio, accedendo al ponte inferiore, dove troviamo subito due cabine ospiti, ciascuna a due letti, con bagni en suite e box doccia separati, e dotate entrambe di balcony che, a barca ferma, possono essere aperte quasi a sfiorare il mare. L’arredo è senza particolari fronzoli ma sa di barca, per il largo uso di teak, e di casa al mare, per l’allestimento accogliente e funzionale. Pensiamo: “beati gli ospiti che appena svegli possono tuffarsi in acqua o godersi una colazione bord de mer”.
Poco dopo, visitando la cucina che si trova a pruavia dello stesso ponte, ci scappa però un “beato anche il cuoco!” Il suo posto di lavoro è notevole per spazio – la cucina, by Marrone, sembra quella di uno yacht di 60 metri - e per l’attrezzatura di cui dispone, come fosse quella di un vero ristorante capace di sfornare fino a 250 coperti a pasto!
“L’armatore è un gourmet ma è anche una persona a cui piace dare party a bordo, per cui abbiamo voluto mettere il cuoco nella condizione di poter lavorare al meglio per far fronte a qualsiasi necessità” ci dice Andrea Pezzini. Sempre lui, dopo averci fatto visitare il quartiere equipaggio che si trova a prua, realizzato a norma Large Commercial Yacht Code della MCA, LY3, con ampia dinette e ampie cabine, aggiunge: “l’armatore è anche un cultore di buon vino della sua terra, le Marche, ne porta a bordo sempre una quantità consistente e lo stesso dicasi per il cibo, perché non sempre ciò che gli piace è reperibile in giro per il mondo.” Ad avvalorare il concetto, veniamo accompagnati nel ponte sottostante, il quinto dell’imbarcazione, quello che si trova nella parte immersa dello scafo, un deck tecnico dove, nella sua parte prodiera, trovano spazio le varie celle refrigerate per la cambusa di bordo, una per il vino rosso, una seconda per il bianco, poi un frigo walk in per gli alimenti e quindi un freezer dove possono entrare anche diversi quarti di bue.
Per chi è appassionato di navi dal punto di vista tecnico, il ponte più basso è la parte più sorprendente dell’unità, sempre riguardo alle sue dimensioni. Non ci era mai capitato di trovare un 40 metri così attrezzato, all’insegna della ridondanza, ma soprattutto dove ogni impianto e apparato meccanico, idraulico ed elettrico, risultasse così in chiaro e facilmente ispezionabile. Accedendo al ponte da prua se ne può in pratica vedere tutto lo sviluppo fino a poppa, grazie al lungo corridoio che lo percorre completamente, non sempre con altezza uomo ma comunque con spazio sufficiente per muoversi velocemente da un capo all’altro dello scafo. Anche la engine room con i suoi due Caterpillar C32 Acert SWAC EPA T3 C32, tarati per erogare 1081kW cadauno, non dà la percezione di trovarsi su un 43 metri, ma nella pancia di uno yacht molto più grande.
“Quando realizzavo navi commerciali, che rispondono a requisiti tecnici superiori rispetto agli yacht, guardavo i costruttori di navi da diporto con un certo distacco, come se la loro cantieristica fosse di un livello inferiore – dice Ennio Cecchini – e per questo, passando a costruire yacht di lusso, pur trasferendo su di essi il know-how che avevo accumulato, pensavo si trattasse di unità più facili da costruire. A distanza di 10 anni e dopo averne costruita una piccola flotta, posso dire di essermi ricreduto perché gli yacht hanno una loro specificità, così votati al benessere dell’armatore e dei suoi ospiti, così personalizzabili, fattore che li rende comunque oggetti complessi.
Ogni volta ci sono delle richieste diverse – continua Cecchini - che comportano una progettazione attenta, dedicata, proprio come è avvenuto per Audace. Andrea Pezzini per conto dell’armatore ha voluto una barca diversa in tutti i sensi, come progetto navale, come impiantistica, come layout interno e dotazioni, ma ha scelto il nostro cantiere perché era certo che potessimo dare seguito a ogni richiesta. Come scafo, tecnicamente non si discosta molto dai nostri standard abituali, però una barca di 42 metri con un lower deck così strutturato e soprattutto con uno sviluppo su cinque ponti, è stata comunque una sorta di sfida per tutti noi.”
Tanto per dare la misura delle capacità e del successo del Cantiere nel segmento delle navette in metallo fra i 100 e i 140 piedi di lunghezza, ricordiamo che su 10 superyacht di questo tipo varati negli ultimi tempi in tutto il mondo, ben 6 sono by Cantiere delle Marche. Un’affermazione certificata dall’ingresso nel 2018 di CdM nella classifica dei 20 top brand mondiali per lunghezza totale degli yacht in costruzione.
Tornando alla barca, oltre alle due cabine nel lower deck, gli ospiti hanno a disposizione anche due cabine sul ponte principale, due VIP matrimoniali gemelle, ciascuna sempre con bagno in camera e box doccia separato, e accesso diretto ai passavanti esterni del ponte. Verso poppa, oltre a un bagno diurno trova sviluppo il salone interno attrezzato con living per godere della maxi TV, angoli conversazione/gioco con tavoli dedicati.
L’upper deck di Audace conferma la sensazione di trovarsi a bordo di una vera e propria nave, basta entrare in plancia. I vetri verticali per il parabrezza danno subito questa impressione, avvalorata dalla presenza di una vasta console che integra strumenti e schermi per il controllo di ogni cosa, compresa la video sorveglianza di bordo: insomma, lo stato dell’arte della tecnologia. Inoltre, il mobile che integra tutta la strumentazione è stato realizzato “a isola” cioè in modo da lasciare libero accesso da ogni lato, anche da prua, per renderla perfettamente ispezionabile e, qualora qualcosa andasse in corto, dotata anche di prese a innesto rapido per l’anti incendio.
Accanto alla plancia e con accesso diretto, c’è la cabina riservata al comandante, matrimoniale con servizi dedicati, e poi verso poppa il salone panoramico - con l’immancabile mega TV godibile dal living - che affaccia sul ponte esterno, dove è stata collocata una zona pranzo con tavolo in grado di accogliere fino a 14 commensali.
Conclusa la visita, gustato il pranzo assieme a una cinquantina di giornalisti e addetti ai lavori presenti a bordo – ognuno ha trovato il suo comodo spazio nell’imponente area esterna del main deck – le ultime domande le abbiamo rivolte a Vasco Buonpensiere, socio del Cantiere delle Marche ma soprattutto direttore commerciale e marketing del brand marchigiano.
Siete partiti nel 2010, nel momento forse più bui vissuto dalla cantieristica nautica, e oggi rappresentate il punto di riferimento nel mercato mondiale delle navette in metallo: come avete fatto?
Abbiamo puntato tutto sulla passione che negli armatori era affatto sopita, nonostante in quel momento sembrava che di gente disposta a comprare una barca non ce ne fosse. La crisi li aveva resi forse un po’ meno ricchi ma anche molto più consapevoli riguardo le loro scelte, nell’identificare quale potesse essere il loro yacht ideale. Abbiamo pensato che fosse giunto il momento di puntare a fare barche senza fronzoli o lustrini, la cui qualità si potesse misurare nella concretezza della costruzione, delle carene, degli impianti, di ogni dettaglio ingegnerizzato per poter garantire all’armatore la totale fruizione del suo yacht in ogni situazione, con ogni mare, per tutto l’anno…
Un’intuizione felicissima, alla faccia dei costruttori olandesi che fino a quel momento erano stati i detentori del mercato.
Erano e sono sicuramente il benchmark per tutti, soprattutto in termini di qualità. Per arrivare a costruire barche all’altezza, abbiamo da subito preferito contenere la nostra capacità produttiva, fare poche unità ogni anno ma fatte bene, inappuntabili sotto il profilo qualitativo... Riuscire a produrre yacht eccellenti è una questione di cultura che si deve diffondere in maniera omogenea in tutto il cantiere, da chi progetta le barche a chi fisicamente le costruisce. Tutti devono essere pienamente consapevoli di ciò che fanno e di come lo fanno, per poter raggiungere gli standard necessari per avere successo in questo settore.
Qual è il vostro cliente tipo?
Armatori esperti, sicuramente, di estrazione e cultura nautica eterogenea perché sono stati già proprietari di barche molto più veloci delle nostre o molto più grandi, in metallo o in vetroresina, a motore o anche a vela. Tutti accomunati però dalla voglia di una barca che li metta nella condizione di godere ogni attimo trascorso a bordo, di vivere fino in fondo la loro esperienza col mare.
Audace, il progetto K42 di Floating Life, è la nave più grande da voi mai realizzata e anche quella maggiormente personalizzata: continuerete fare yacht più grandi e unici?
Nell’ottica di mettere l’armatore al centro del nostro lavoro, che è il credo di tutti noi di Cantiere delle Marche, possiamo dire che fare barche custom sia una cosa naturale, cercando, ovviamente, di restare sempre coerenti con la nostra storia, con il nostro modo di costruire yacht. Dopo la linea Darwin – 92, 102 e 112 piedi - e la Air – 108 e 130 piedi, abbiamo proposto la linea Acciaio – 105 e 123 piedi - e più recentemente un nuovo progetto, attualmente in costruzione, che abbiamo denominato Flexplorer, stavolta di 40 metri. È il frutto della nostra esperienza in tema di yacht explorer, che porta però una dose significativa d’innovazione.
Tipo?
La nostra engineering ha messo a punto un sistema per il varo e l’alaggio del tender che consente di sollevare battelli fino a 2.500 kg di peso, utilizzando una gru A-Frame, di quelle che normalmente vengono messe sulle navi commerciali più tecniche, per la movimentazione dei carichi offshore o sottomarini. Un’applicazione ovviamente interpretata per lo yachting, cioè con la gru totalmente a scomparsa nella coperta, che una volta messo in acqua il tender, lascia spazio a ben 115 mq di ponte sgombro.