Il Golif, la nautica popolare e gli oligarchi
Popolare è un aggettivo che ha molte sfumature. Quando si parla di un attore, ad esempio, vuol dire che è apprezzato da molti , mentre se si parla di un quartiere vuole dire che è di modesto livello.
Ecco che arriviamo alla nautica popolare. Nautica popolare vuole dire quella praticata dai meno abbienti. Canoa, kaiak, windsurf, derive e piccoli cabinati natanti. Vorrei qui concentrarmi proprio sui piccoli cabinati il cui profilo d’uso sembra popolare: week end con uscite relativamente corte e una vacanza/avventura nella buona stagione.
Nonostante questa sincronia tra il profilo d’uso e le qualità del piccolo cabotiere a vela, l’offerta di cabinati di dimensioni ridotte non è elettrizzante per molti motivi, alcuni di questi legati alle barche e ai loro modi di produzione, altri alla società nel suo complesso. Uno degli aspetti più interessanti del mondo della nautica è che le barche si sono molto specializzate. I piccoli cabinati a vela spesso hanno puntato sulle prestazioni, diventando più dei regata/crociera che viceversa. I cabinati da regata anche se piccoli, costano perché sono dei gioiellini, perfetti in ogni parte; inoltre, molte barche da regata non sono per principianti e in una giornata ventosa potrebbero mettere in difficoltà i meno esperti. Il loro peso scarso e la grande superficie velica, impongono che ogni persona a bordo sappia quello che fa e lo faccia rapidamente.
Dicevamo della grande superfice velica e del peso scarso: questi due dati, per barche di proporzioni medie, rappresentano la stabilità. Se vogliamo una barca popolare in senso buono, cioè apprezzata da tanti, abbiamo bisogno di una barca piccola, ma relativamente stabile. Da una parte si potrebbe andare verso i piccoli catamarani che, larghi e leggeri, a scapito della abitabilità consentono prestazioni ottime, mentre dall’altra parte, rimanendo sulla tipologia dei monoscafi, bisognerebbe tornare ai Golif. Questa barchetta partecipò a una OSTAR timonata da un francese, Jean Lacombe, nel 1964. Questo Lacombe era un professionista e che attraversò parecchie volte “lo stagno”, come chiamano l’Atlantico i sudditi della regina, su piccole barche.
Quello per cui possiamo ricordarlo meglio, però, è che scelse per la sua impresa una piccola barca molto marina stabile e non lenta, realizzata industrialmente a prezzo basso: il Golif. Nel 1995, per quello che ricordo, la maggior parte dei cantieri proponeva ancora la piccola barca di 7,5 m, cabinata figlia in un qualche modo di quel Golif. Quindi, per ben 30 anni, persone con mezzi relativamente modesti, hanno potuto divertirsi in mare con un mezzo di proprietà, uno yacht a tutti gli effetti. Poi cosa è successo? Tre cose semplici: i porti storici che mantenevano marine a gestione pubblica hanno privatizzato, consentendo la speculazione a danno delle barche più piccole; il charter ha preso piede e tantissime persone hanno fatto esperienza di vacanza su barche grosse che rimangono loro estranee e sono viste come delle mini navi da crociera; dulcis in fundo, i soldi si sono accumulati in alto sulla fascia dei più abbienti (oligarchi) lasciando il popolo lavoratore con risorse troppo modeste per pensare allo yachting in qualsiasi forma.
Michele Ansaloni