Yacht design: il marketing è il nuovo “Piove governo ladro?”

Editoriale

09/02/2025 - 19:51

La scorsa settimana abbiamo pubblicato "Yacht Design tra marketing, mestiere e mercato: evoluzione o smarrimento?" un editoriale dell'Arch. Massimo Franchini che ha portato l'attenzione dei nostri lettori sul tema delle strategie di marketing riferite alla nautica. Un articolo che ha suscitato discussioni e riflessioni anche all'interno della redazione di PressMare, portando Giacomo Giulietti, un'altra delle nostre autorevoli firme, a dare un proprio taglio, una propria visione dell'argomento

Il marketing è il nuovo “Piove governo ladro?” Rispondo a te, Massimo Franchini e al tuo interessante e per nulla banale articolo pubblicato su questo prestigioso giornale digitale.

Presentati con la competenza, l'esperienza e la piacevolezza di lettura che sai infondere a ciò che scrivi, molti dei tuoi spunti di riflessione possono essere condivisibili. Anzi stimolano a ripensare e ripensarci, specie noi che lavoriamo tra e per le barche.

Leggerti rimane godibile e utile, persino quando ci sono delle parti su cui non si concorda (e meno male, direi: se tutti fossimo sempre d'accordo chi ci farebbe fare un passo avanti nella scoperta che, se non altro, esiste un diverso punto di vista?)

Ma più che per complimentarmi, penso che se si cerca l'assassino della nautica, stai guardando verso il sospettato sbagliato. Per cui mi concentro su ciò che non mi vede concorde.

Parto dal presupposto di non avere accesso a nessuna verità, anche perché se lo fosse sarebbe comunque la mia verità, cosa che per definizione e sostanza è diversa dalla realtà.

Inizio quindi proprio dalla realtà, ovvero dai fatti, e non dalla verità che è come quei fatti io li interpreto o li vedo.

Il Marketing: Strumento Neutro o Capro Espiatorio?

Il marketing è uno strumento. E come qualsiasi strumento non è né buono né cattivo di per sé. A prendere connotati di bontà o cattiveria è l'uso che se ne fa o, se vuoi andare sulle responsabilità, è il fine buono o cattivo, quando non la persona stessa buona o cattiva.

Dire che qualcosa è "responsabilità del marketing" è dire che se la gente si ammazza è colpa dei coltelli. La gente si fa fuori a prescindere dall'arma che gli dai a disposizione e spesso ci riesce anche senza. A meno che tu non interpreti "il marketing" come "l'ufficio marketing" di un'azienda.

Pubblicità e Marketing non sono sinonimi

Mettiamo il caso che sia così. Dunque ti chiedo: quante aziende che operano nella nautica conosci in cui è l'ufficio marketing a dire: "i prossimi prodotti che svilupperemo saranno fatti così e cosà" e poi i prodotti vengono fuori esattamente in quel modo?

Quelle che più modestamente conosco io in genere hanno un padrone che dice: dobbiamo aumentare il fatturato e gli utili, serve un nuovo prodotto e si fa così". E ciò che il reparto marketing si limita a proporre è una strategia pubblicitaria per vendere quelle cose che qualcuno ha deciso di fare perché si deve fare cassa.

Ma appunto quello non è marketing è pubblicità, che se vuoi è una parte del marketing, ma una sola, così come il timone è una parte della barca e non è la barca (anche se averlo o no fa la differenza).

Obiettivi e missione: perché produciamo?

Nel diporto, sostieni, il marketing confonde progettisti e cantieri. E perché nel diporto più che in qualsiasi altra "industry", come dicono gli imparati? Che cosa ha di diverso il diporto dall'alta orologeria, dall'alta moda o dalla vendita di macchine di lusso o di vacanze a 5 stelle?

La complessità del prodotto in sé non rende il marketing più o meno adatto: è una specificità del prodotto non ha niente a che fare con il perché quel prodotto lo si crea. Ed è questo che è il fine ultimo del marketing: il modo di portare qualcosa sul mercato che poi è il significato originale del termine.

Il marketing, come giustamente dici, dovrebbe chiarire gli obiettivi del progetto. Anzi ti dirò di più: dovrebbe chiarire gli obiettivi dell'impresa o meglio ancora, il motivi per cui quell'impresa è al mondo. La domanda di base che il buon marketing ti pone è: perché c'è bisogno di ciò che produci? Che in altri termini si traduce con: come migliori la vita del tuo cliente?

Il buon marketing ti mette in grado di risolvere un problema del tuo cliente, la pubblicità il problema glielo crea.

Aggiungi: i "funzionalisti" si adattano al marketing rivestendo i progetti di graficismi per dare "identità" al prodotto.  Diamolo per vero. Non è però colpa del marketing se riconosciamo ciò che conosciamo. Se riconosco come "di valore" qualcosa che ha la forma di qualcos'altro che già conosco e già reputo di valore.

Non è colpa di qualcuno se noi umani ragioniamo in un certo modo, se abbiamo dei bias cognitivi e del fatto che, volenti o nolenti, "siamo fatti così", come diceva un povero tossico parlando di sé e dei suoi colleghi di sventura. 

Alla fine se c'è una responsabilità finale è quella soggettiva: la scelta ultima che ognuno di noi compie quando compra un bene o un servizio. Dove nasce la convinzione?

In un tuo passaggio sostieni che c'è una diffusa convinzione che quello che si vende siano i volumi e l’abitabilità, quindi i cantieri affidano questo aspetto a specialisti dell’arredamento, che si muovono senza considerare l'architettura navale.

A prescindere dal fatto che tu cantiere sei sempre libero di dire: caro il mio architetto le barche disegnate così non navigano. Ma fingiamo che se io archietto ti intimo: "buttati nel fosso!", tu ti butti nel fosso.

La convinzione che siano volumi e abilità a vendere, arriva dai numeri di barche vendute o da ricerche di mercato su cosa i diportisti desiderano?

A giudicare dal successo che hanno avuto alcuni cantieri con barche che, in termini estetici e di gusto personale, io fatico a chiamare tali, è la ggente che effettivamente cerca i cielini a 2,30 metri e i piatti doccia da un metro e 80 per lato. Ma magari mi sbaglio e sono stati tutti convinti dalla pubblicità.

Spingitori (all'acquisto) di armatori

Oppure la colpa di questa convinzione è frutto del lavoro dell'archistar chiamata dall'armatore in preda al desiderio di farsi notare e del "famolo strano"? tralascio la possibilità che il tizi oche si compra la barca sia sinceramente desideroso di avere "quella roba là" semplicemente perché gli piace nonostante a noi no.

Oppure se siamo arrivati a questo punto è colpa di chi a quell'archistar si ispira e il famolo strano lo vuole riproporre sul 60' di serie.  E qui c'è la domanda: chi obbliga l'armatore a comprare quella barca?

Davvero con l'offerta che c'è oggi uno che vuole una barca diversa non riesce a trovarla? Davvero il povero armatore è vittima di uffici marketing ubriacati dagli effluvi del family feeling e da designer in corto circuito creativo che in barca vogliono imporre mansarde, cantine e giardini all'italiana? Chi ha la pistola fumante in mano?

Tutto vero quello che dici poi: è venuto a mancare il tempo per la riflessione e l’affinamento delle idee. Le barche sono state "consumate" troppo in fretta e gli enormi progressi tecnici non hanno avuto il tempo di consolidarsi.

E qui mi pare che sia una scelta manageriale, da cda più che da marketer.

La pretesa di trattare le barche come fossero automobili ha avuto la sua responsabilità. La logica capitalistica (termine che uso senza giudizio di merito) del perseguire la crescita dei volumi.

Il miraggio della quotazione a Piazza Affari che ha stregato i grandi e ha ispirato i piccini a comportarsi come i grandi, nella speranza di sedere un giorno alla stessa tavola.

Per le logiche della Borsa non è importante quanto guadagni, ma quanto guadagni in più dello scorso anno. Nella folle corsa alla dietro alla crescita infinita. Dove risiede il problema tra omologazione e innovazione?

Come giustamente affermi, si è generata una diffusa omologazione di soluzioni e forme e una concentrazione delle soluzioni tecniche e formali nelle mani di pochi studi. Le dichiarazioni di innovazione e distinzione non corrispondono alla realtà produttiva.

Questo mi pare sia più figlio dell'ignoranza del consumatore finale, sempre meno diportista e sempre più interessato a farsi vedere su un oggetto che galleggia e che si muove il meno possibile: e non solo in termini di rollio e beccheggio. Mi deve portare da Portofino a Paraggi, da Porto Cervo al Pevero, dal Porto di Ponza a Chiaia di Luna. I trasferimenti sono a carico dell'equipaggio e se toccano all'armatore sono comunque semel in anno, una volta l'anno, per cui, licet insanire si può anche fare una pazzia. E se lo dicevano i Romani per cui navigare necesse est, ci possiamo anche credere.

Nonostante ti reputi personalmente uno che ha ancora la testa giovane, noi che abbiamo visto, usato e in alcuni casi anche costruito le barche quando era più facile che fossero in legno che in vetroresina siamo molto meno tolleranti, flessibili e possibilisti.

Chi siamo noi oggi? È vero che tra pinne, giroscopi e sale macchine con cavallerie a tre zeri, la tecnologia viene in soccorso anche a chi ha meno mestiere, oltre a dare delle possibilità in più anche a "quelli buoni".

Teniamo comunque conto che pur nel nostro piccolo, siamo anche noi vittime e allo stesso tempo carnefici.

E ti chiedo: secondo te, un grafico di quelli che ancora oggi disegna con le mani, magari usando una tavoletta grafica, ma sempre partendo da uno stilo tenuto tra le dita, oppure un fotografo che magari usa una fotocamera digitale, ma che ancora regola manualmente tempo di esposizione, apertura diaframma e ISO che cosa ne pensano delle immagini generate dalla AI che sono a corredo del tuo pregevole scritto?

Giacomo Giulietti

Dopo questo articolo, sull'argomento è intervenuto anche Michele Ansaloni: qui il suo editoriale https://pressmare.it/it/comunicazione/press-mare/2025-02-12/nautica-loop-omologazione-possibile-un-cambio-di-rotta-82125; poi Roberto Franzoni https://pressmare.it/it/comunicazione/press-mare/2025-02-14/nuove-barche-marketing-decide-tendenze-mercato-nautico-82131; l'editoriale di Angelo Colombo https://pressmare.it/it/comunicazione/press-mare/2025-02-18/evoluzione-yachting-responsabilita-marketing-82196

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