
Andrea Micheli, CCO di Southern Wind
Conversazione sui superyacht a vela con Andrea Micheli, CCO di Southern Wind
Esattamente quattro anni fa, nell’immediatezza del post Covid, avevamo incontrato Andrea Micheli, direttore commerciale di Southern Wind, in video call. Adesso ci siamo incontrati di persona nel quartier generale della branch italiana del gruppo, in un palazzo nobiliare genovese in pieno centro storico, raggiungibile solo a piedi. Una sede dall’indubbio fascino, che riporta ai fasti della Superba, come era chiamata Genova al tempo delle Repubbliche Marinare.
Cosa è cambiato in questi quattro anni e come è cresciuta Southern Wind sulla base della visione che ci avevi illustrato?
Intanto grazie per la visita presso la nostra sede, questo appuntamento quadriennale ha quasi il sapore delle Olimpiadi… speriamo che Southern Wind possa in futuro inseguire per longevità i Giochi olimpici! Prima di incontrarci sono andato a rileggere la nostra precedente intervista e mi con piacere posso dire che abbiamo fatto quanto ci eravamo riproposti allora, c'è stata un'evoluzione inevitabile che è stata molto progressiva, ma accelerata sicuramente negli ultimi quattro anni. Infatti, quattro anni fa eravamo a valle di due eventi importantissimi: il management buy out nel 2018, e l'obiettivo della nostra intervista nel 2021 era quello di misurare dove fosse Southern Wind dopo tre anni. Però nel frattempo c'è stato un secondo episodio gigantesco, impattante: il Covid, che ha rallentato il processo e l'implementazione di tutta una serie di idee che avevamo, soluzioni e migliorie che avevamo deciso di apportare. Possiamo affermare con grande soddisfazione di essere passati bene attraverso quel periodo complicato, però abbiamo avuto un rallentamento. Oggi ci possiamo permettere di dire che quanto fatto in questi ultimi quattro anni è forse quasi di più di quello che abbiamo fatto in quelli precedenti.

Guardando indietro, come valutate la gestione del Covid e del successivo, inaspettato, picco di richieste che ha coinvolto tutto il comparto?
Il Covid ha portato delle sfide tecniche, oltre che umane, importanti. Quando si passa una sfida tecnica e umana se ne esce rafforzati o indeboliti. Noi come team ne siamo usciti rafforzati.
Nel caso mio personale, il Covid mi insegnato a collaborare meglio con gli altri top manager, che erano in Sudafrica, attraverso uno schermo. Di fatto, seppur lontano, mi ha avvicinato maggiormente al cantiere. Ma questo è stato l'aspetto tecnico della sfida, poi c’è quello del mercato: i cicli delle nostre costruzioni sono lunghi e quindi noi abbiamo sempre sentito con un po' di ritardo le crisi o le opportunità, perché abbiamo l'inerzia di un order book che prevede comunque circa 18 mesi dall’inizio della costruzione al varo. Questo ci avvantaggia quando ci sono dei rallentamenti, ma ci frena un po' quando ci sono delle opportunità di mercato da cogliere perché, a differenza di altri cantieri, noi abbiamo tutte le lavorazioni in casa e non utilizziamo terzisti, se non in maniera marginale. Quindi abbiamo affrontato il Covid con lo slancio di un buon order book, ma successivamente abbiamo proporzionalmente faticato di più a causa dell'impennata dei prezzi, in parte giustificata dall’aumento dei prezzi delle commodity, ma in parte causata da una forma di speculazione di alcuni i fornitori che, avendo sofferto precedentemente, hanno colto l'occasione per recuperare aumentando i prezzi. C'è stato un momento in cui i costi sono esplosi, ma i clienti rifiutavano di sentire parlare di prezzi molto più alti. Con questo tipo di prodotto, facciamo una politica di prezzo basata sulla stima del costo e poi cerchiamo di lavorare con quel giusto margine che ci consenta di continuare a essere un’azienda sana.
Dopo questa esperienza avete modificato la vostra contrattualistica in modo che eventuali aumenti nelle forniture vengano assorbiti?
L'abbiamo fatto, anche se marginalmente. Il tema è complesso per noi che costruiamo oggetti raffinati e complessi in materiale composito, è difficilissimo indicizzare la moltitudine di componenti che andiamo a utilizzare e l'impatto del materiale di costruzione rispetto al costo finale è relativo. Quindi ci siamo trovati a discutere con i fornitori sulle ragioni dei loro aumenti, cercando assieme strategie di lungo termine e sul come andare loro incontro, ma al tempo stesso difendendo i nostri margini.

Un cantiere è rappresentato dalle barche che produce, ma anche dalla sua cultura aziendale. Ci avevi parlato per esempio della multiculturalità che caratterizza Southern Wind. Come vi siete evoluti in questo senso?
Ci siamo evoluti in continuità con i nostri valori, stiamo raccogliendo quanto abbiamo seminato e continuiamo a seminare. Abbiamo implementato nuove tecnologie e nuovi processi produttivi. Inoltre, ci siamo resi pressoché autonomi e a impatto zero dal punto di vista energetico, grazie ai pannelli solari adottati sul nostro sito produttivo, che si è ampliato. Anno dopo anno i nostri yacht diventano sempre più complessi e rifiniti, attualmente abbiamo un output di produzione in termini di ore annuali abbastanza simile a quello di 7-8 anni fa, però anziché varare tre barche all'anno ne variamo due, molto più ricche. A parità di ore produzione abbiamo dunque meno unità varate, detto questo abbiamo deciso di fare un passo importante: aumentare gradualmente la capacità produttiva almeno del 15% e forse fino al 20%, visto l'attuale order book e l'inserimento del SW123 che è una barca di dimensioni importanti, che richiede più ore per essere costruita. In Europa affideremmo l’aumento di capacità a nuovi terzisti, ma qui stiamo facendo una scelta ponderata: crescere con cautela per tutelare il team. La contrazione produttiva è per noi potenzialmente dolorosa, perché implicherebbe tagli al personale. È per questo che cresciamo lentamente e rallentiamo ancora più lentamente: rispetto ad altri cantieri, le nostre oscillazioni sono più contenute. La sostenibilità imprenditoriale è la nostra regola fondamentale e guida ogni decisione.

Quanti dipendenti diretti avete attualmente?
Stiamo rapidamente raggiungendo le 350 persone, con un team manageriale sempre più integrato tra figure locali e professionisti provenienti dall’Europa. A Cape Town siamo gli unici a costruire superyacht: non possiamo attingere competenze dal territorio, quindi le importiamo e le sviluppiamo internamente. In questo contesto, il governo locale mostra apertura verso la superyacht industry, con infrastrutture adatte in particolare al refit e una volontà politica di attrarre talenti. Questo approccio si allinea con le nostre esigenze: flessibilità nell’ingresso di manager internazionali e meno burocrazia. Collaboriamo già con diverse università europee e sudafricane — tra cui Politecnico di Milano, Università di Genova, La Spezia e Southampton University — accogliendo stagisti in programmi di sei mesi, con un significativo periodo in produzione. All’interno di questo programma riusciamo a individuare talenti che poi scelgono di proseguire il loro percorso con noi.

A proposito di protezionismo, essere in Sudafrica potrebbe facilitarvi rispetto alle vendite in USA?
È quello che stiamo cercando di capire, un dollaro forte potenzialmente aiuta a vendere negli USA e la nostra presenza fisica lontano dalle aree di tensione dovrebbe aiutare. Sinora la guerra in Ucraina ha impattato ben più dei dazi, perché la corsa agli armamenti ha determinato un'impennata del costo del titanio e del carbonio che sono materiali che noi usiamo in abbondanza. Più che i dazi è dunque la situazione geopolitica che impatta, il nostro rimane un prodotto di nicchia per un cliente di altissimo livello. Non è il costo oggettivo ad allontanarlo, ma la sua propensione a spendere in una fase di incertezza.
L’intervista di Giuliano Luzzatto ad Andrea Micheli prosegue in una seconda parte di prossima pubblicazione, nella quale verranno approfonditi il concetto di Smart Custom con il quale sono state costruiti i modelli più recenti, lo spirito che anima la community degli armatori Southern Wind, il SW Rendez-vous & Trophy in programma a Porto Cervo e le altre esclusive iniziative che il brand riserva ai propri armatori.
Giuliano Luzzatto
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