Uno stabilimento balneare a Jesolo

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Concessioni demaniali turistico-ricreative: un’interessante sentenza

Portualità

22/06/2020 - 11:49

Il Giudice Civile, competente in materia di determinazione dei canoni, torna ad affrontare il tema delle concessioni demaniali a uso turistico-ricreativo, spingendosi, con una sentenza di matrice evolutiva, verso principi innovativi e di notevole rilevanza relativi al tema.

I due argomenti più rilevanti della pronuncia possono essere rintracciati nel focus sulla visione imprenditoriale del concessionario, con riferimento agli investimenti aziendali e alla durata dell’autorizzazione (il legittimo affidamento), in rapporto ai provvedimenti normativi che hanno inciso sulle decisioni aziendali e nell’inquadramento dell’attività svolta, in particolare nel rapporto tra bene concesso ed autorizzazione.

Il primo argomento viene affrontato nell’esaminare la domanda svolta, in via riconvenzionale, dall’amministrazione demaniale ed avente ad oggetto la richiesta di condanna della società concessionaria al pagamento di una somma pari al triplo del canone a titolo di sanzione per l’occupazione sine titulo ai sensi dell’art. 8, d.l. n. 400/93, formulata sulla base della Sentenza della Corte di Giustizia (cause riunite C-458/14 e C-67/15, cd. Promoimpresa), in merito all’incompatibilità con la normativa eurounitaria del meccanismo di estensione della durata delle concessioni demaniali marittime previsto dall’ordinamento italiano (Legge 145/18).

La concessione rilasciata alla società attrice, in vigore alla data di entrata in vigore del d.l. n. 194/2009, presentando una scadenza anteriore al 31.12.2011, rientra a parere del Tribunale, nell’ambito di applicazione dell’art. 1 co. 18 del d.l. cit., che aveva previsto la proroga fino al 31.12.2012, poi posticipata al 31.12.2015 nonché, ai sensi dell’art. 34 d.l. n. 221/2012, conv. nella l. n. 294 del 2012, al 31.12.2020.

Il Tribunale, ben cogliendo la differenza tra una proroga ex lege ed un provvedimento adottato nelle more di una complessiva riforma, sottolinea, condividendone quindi l’applicazione, come, ai sensi dell’art. 3 septies, l. n. 160/2016, tale estensione della durata sia stata prevista “nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea, per garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l’interesse pubblico all’ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità, conservano validità i rapporti già instaurati e pendenti in base all’articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25”.

Il Tribunale interpreta il senso della Sentenza Promoimpresa, analizzando la natura del compendio dei beni aziendali, inserendosi nel concetto di valutazione caso per caso, che effettua, e del bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco, ossia la tutela della concorrenza e massima partecipazione, ma considerate in astratto, e il legittimo affidamento, questo concretamente inteso.

E così, è corretto e va valorizzato l’affidamento, persino se illegittimo purché incolpevolmente riposto dalla società concessionaria, nella normativa statale che ha disposto l’estensione delle concessioni demaniali marittime (e la sentenza fa riferimento a quella attualmente vigente al 2033).

Il punto è conforme alla recente giurisprudenza del Tribunale di Genova nell’ormai noto caso Liggia che ha precisato che “di fronte ad uno Stato che nonostante l’avvio della procedura di infrazione per la vigenza di norme in contrasto con principi di rango sovranazionale, ha adottato plurime leggi con le quali ha protratto nel tempo nell’asserita attesa di un riordino del settore l’efficacia di titoli concessori che dovrebbero ritenersi spazzati via a seguito della pubblicazione della direttiva Bolkestein, risulta rispettosa di quei principi cardine dell’ordinamento penale la scelta delle Sezioni Unite di richiamare lo Stato inadempiente alle sue responsabilità nei confronti dell’Unione europea piuttosto che scaricare sul cittadino concessionario l’obbligo di uniformarsi sua sponte”.

Il secondo argomento, di non minore rilievo, è quello effettuato dal Tribunale ai fini della corretta determi-nazione del canone di concessione dovuto dalla società attrice, cui la consulenza tecnica d’ufficio ha ritenu-to applicabili i parametri OMI riferibili al settore terziario (turistico-ricreativo).

Il Tribunale distingue, con ragionamento di pregevole rilevanza e profondità, il termine “attività commerciale” di ispirazione civilistica, riferito a tutte le attività e imprese commerciali aventi scopo di lucro e sog-gette ad iscrizione nel registro delle imprese (cfr. Art. 2084 c.c.), con la più circoscritta nozione di “destinazione commerciale” riferita alla tipologia immobiliare O.M.I.

Secondo tale qualificazione non sono, infatti, necessariamente a destinazione commerciale tutti gli immobili ove si esercita una delle attività indicate dall’art. 2195 c.c., dovendosi verificare se trattasi di attività e di immobili destinati alla produzione di beni, o al commercio, o ad altre attività terziarie come nel caso in esame (richiamando anche Corte di Appello di Venezia, sez. II, 12 marzo 2018, n. 580).

Alla luce di quanto puntualmente chiarito dalla giurisprudenza citata in merito alla distinzione tra attività commerciale ai sensi dell’art. 2195 c.c. e sulla base dei criteri indicati per la qualificazione dell’attività svolta secondo i parametri O.M.I., il Tribunale ha accertato l’attività esercitata dalla concessionaria deve essere ricondotta al settore terziario-ricreativo consistendo, quanto all’utilizzo delle pertinenze demaniali, nella locazione a terzi di singole unità abitative arredate, con aggiunta della fornitura di energia elettrica, acqua e gas e di ulteriori servizi accessori; l’attività in questione risulta caratterizzata dalla stagionalità, e richiede un’organizzazione d’impresa per la gestione delle prenotazioni, l’accoglienza e l’assistenza dei turisti, gli interventi di manutenzione e riparazione dei fabbricati, e va ricondotta al novero delle attività aventi ad oggetto la gestione, in forma imprenditoriale, di una struttura ricettiva extralberghiera.

Si valorizza qui, con una considerevole attività ermeneutica, l’importanza del compendio aziendale dell’impresa balneare, sottolineando - come solo può fare la prospettazione del giudice civile - che sia l’impresa autorizzata alla disponibilità del bene demaniale il punto di vista principale e non più la mera ren-dita di questo, spostando l’attenzione verso il più elevato concetto di formazione della ricchezza che solo attraverso un’impresa può determinarsi.

Piero Bellandi, Cristina Pozzi

 

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