Katia Balducci: dalla favola della sua infanzia al successo di Overmarine
Priscilla Baldesi ha intervistato Kakia Balducci, Managing Director di Effebi, questo il suo ruolo operativo nella società del Gruppo Overmarine con Mangusta ed Elettromare, l'azienda di famiglia. Assieme a lei ripercorriamo la storia del Gruppo fondato da Giuseppe Balducci, oggi presidente, del quale col fratello Maurizio, è al timone. Poi le barche, la vision e anche un po' di sé.
Quando si parla di nautica immaginiamo quasi sempre yacht da fiaba che cavalcano le onde facendo rotta per posti inesplorati o inesplorabili se non a bordo di una imbarcazione. Il passo successivo è domandarsi chi sono i fortunati proprietari di questi destrieri galleggianti oppure chi sono coloro capaci di realizzarli, fino a rendere “viva” quell’opera…
Katia Balducci è una di loro: imprenditrice della nautica fin da giovanissima, insieme al fratello Maurizio rappresenta oggi la seconda generazione di Overmarine Group, una “azienda di famiglia” fondata da Giuseppe Balducci nella metà degli anni ‘80, costituita dai marchi Effebi, Elettromare e Mangusta. Quest’ultimo protagonista di un viaggio rivoluzionario che in pochi anni lo ha reso leader mondiale dei maxi open. Ecco l'intervista che ci ha rilasciato.
Pressmare - Tutto comincia dal “Cobra”: è il 1985 e Giuseppe Balducci, suo padre costruisce il primo Mangusta. Uno yacht e un brand che portano il nome di un animale piccolo, apparentemente insospettabile che tuttavia ha saputo farsi strada nel mercato diportistico fino a diventarne un leader indiscusso, con particolare riferimento alle linee open. Vuole raccontarci come è andata?
Katia Balducci – E’ andata proprio così. Era il 1985 quando mio padre fonda il marchio Mangusta: un nome piuttosto singolare ma se si pensa che all’epoca l’open veloce per eccellenza era il Cobra di Tecnomarine, il riferimento alla fiaba di Kipling appare chiaro. Mangusta nasce per battere il primato del Cobra. Una sfida che mio padre ha voluto affrontare con il suo Mangusta, il solo animale capace di sconfiggere il Cobra… e il resto è storia!
PM - Che valore hanno avuto e tutt’ora hanno per voi un elevato standard costruttivo e scelte funzionali e stilistiche di qualità, come quelle introdotte all’inizio della vostra storia dall’indimenticato Stefano Righini?
KB - Il progetto degli Open si è sviluppato proprio con Stefano Righini che, a quel tempo, era un giovane e talentuoso architetto. Venne da noi e ci mostrò tutti i suoi disegni e progetti. Nel 1990 abbiamo realizzato il primo Mangusta 80, uno yacht sportivo per chi ama la velocità ma allo stesso tempo confortevole e vivibile.
PM – Dal Mangusta 80 degli anni ’90 a oggi. Come si sono evoluti i modelli e come sono cambiate le esigenze degli armatori?
KB – Il Mangusta 80 è stato un successo e da allora abbiamo iniziato la nostra collaborazione con Righini, che ha dato vita a due nuovi modelli di successo: il Mangusta 105 e il Mangusta 108.
Dal 1999 le linee del Mangusta 108 sono state declinate su barche più piccole come 72, 92 e 130 e nel 2008 hanno ispirato la costruzione del Mangusta 165: modello di incredibile successo, vera icona dei Maxi Open.
Nello stesso anno abbiamo dovuto affrontare la crisi economica mondiale, che ci ha spinto a cercare una diversificazione. Il mercato Open è sicuramente nel nostro DNA ma è un mercato di nicchia e con la riduzione del mercato globale non bastava da solo a sostenere la nostra attività. Così abbiamo iniziato a produrre yacht in acciaio e alluminio, creando due nuove linee di prodotto: Mangusta Oceano e Mangusta GranSport.
PM – Artigianalità e tecnologia: quale dei due aspetti prevale nella vostra attività produttiva?
KB – Noi siamo dei grandi artigiani, nel nostro lavoro c’è molta tecnologia ma il 60% è alto artigianato dove andiamo a toccare tanti aspetti del Made in Italy. La nostra filosofia non è fare grandi numeri: il nostro target rimane quello di costruire dalle 6 alle 10 imbarcazioni all’anno dai 30 e i 60 metri e, almeno per il momento, non è nostra intenzione andare oltre questo livello di espansione.
PM – Lo yachting non è il solo asset del Gruppo: parte rilevante della sua attività è data anche da Effebi, marchio specializzato nella progettazione e costruzione di unità per i corpi di Polizia a mare e per le Marine Militari di tutto il mondo. Quale è stata la ragione di questa diversificazione, rispetto all’impostazione squisitamente diportistica del brand Mangusta?
KB – Nel 2006 mio padre aveva iniziato a collaborare con il cantiere Intermarine per la costruzione di motovedette destinate alle forze militari ma la passione per questo mondo nasce già dai tempi del suo lavoro presso il cantiere Picchiotti, che allora realizzava imbarcazioni per la Marina Militare.
PM – E’ corretto definire Effebi, l’azienda di cui lei è oggi Managing Director, una “sua creatura”?
KB – La divisione militare del gruppo fa capo a una strategia condivisa con la Famiglia. E’ comunque vero che il mondo militare mi affascina da sempre, ragione per cui appena ho potuto approcciare a questa realtà, le ho dedicato grandi energie e tanta passione.
Inserirmi in questo contesto non è stato facile, poiché maggiormente orientato all’universo “maschile” ma l’entusiasmo e la voglia di fare mi hanno spinta a non fermarmi.
Oggi Effebi è uno dei principali fornitori di imbarcazioni per la Guardia di Finanza, l’impegno di questi anni ci sta ripagando e per me questo è molto gratificante.
PM – Il settore militare sta dando in tempi recenti notevoli soddisfazioni al vostro Gruppo: dalla consegna di “Gabriella” a SAS il Principe Alberto II di Monaco, alla costruzione dell’intercettatore della Guardia di Finanza che dovrebbe essere in consegna quest’anno oltre ad altre importanti commesse in Italia e all’estero. Quali sono le prospettive?
KB - Negli ultimi 2 anni, nonostante il delicato momento storico che ha comportato un rallentamento dell’attività produttiva, Effebi è riuscita a portare a termine la costruzione di tre unità impegnative, quali una imbarcazione militare ibrida di 8 metri, una Vedetta di 24 metri per la Police Maritime di Monaco e un pattugliatore di 44 metri. Il tutto, nel pieno rispetto delle date di consegna pattuite. Proprio in questi primi mesi del 2022 è previsto il riordino di 19 unità della vedetta ibrida e di 6 pattugliatori e la consegna del primo intercettore velocissimo con relativo incarico di produrre ulteriori 20 unità.
PM – A livello produttivo, la costruzione di yacht destinati a leisure e quella di imbarcazioni militari hanno dei punti di contatto? Quali sono le principali differenze a livello di filiera tra i due compartimenti?
KB – E’ nostra politica aziendale dedicarci a ogni imbarcazione nella sua individualità. Ogni progetto è diverso, con caratteristiche proprie e ben distante da logiche di produzione in serie.
Ovviamente la produzione diportistica è nettamente separata da quella militare: nel primo caso parliamo di scafi con specificità funzionali alla crociera e interni rigorosamente di lusso; il compartimento militare prevede invece apparati molto più complessi e sofisticati, che rappresentano la vera essenza della nave. Gli interni sono piuttosto sobri ma nelle costruzioni più recenti abbiamo optato per soluzioni di stampo non tipicamente “militare”, per offrire agli equipaggi arredi e allestimenti più confortevoli e un layout rivisitato per garantire spazi più accoglienti.
PM – Effebi ha iniziato la produzione di droni marini destinati a usi professionali e alle marine militari: quando vedremo uno yacht senza comandante?
KB – Spero mai. L’equipaggio è un elemento fondamentale per uno yacht, per assicurare al suo armatore un adeguato servizio e il comandante è una figura di riferimento necessaria.
Il drone che abbiamo realizzato e che abbiamo battezzato “SAND”, è nato con uno scopo diverso dal sostituire la componente umana a bordo delle imbarcazioni. L’obiettivo primario è offrire all’uomo una risorsa preziosa per salvaguardare la sua incolumità in situazioni difficili o di pericolo, come una imprevista dispersione di sostanze nocive, per fare un esempio. Altri utili impieghi del drone SAND sono il monitoraggio dell’ambiente, l’assistenza nelle operazioni di soccorso dei migranti in mare e nelle operazioni di salvataggio in caso di naufragio.
PM – Katia Balducci e la sua attività nella nautica: lei ricopre l’incarico di Presidente di Navigo che, lo ricordiamo, è attualmente la più estesa rete di aziende di nautica da diporto della Toscana e una delle principali in Europa. Quanto conta e costa, a livello di impegno, questo suo ruolo?
KB – Il ruolo che ricopro in Navigo come Presidente è un ruolo prevalentemente strategico, che richiede una visione globale delle richieste del mercato e delle necessità dei singoli soci. Navigo è una società che opera tanto nel settore privato quanto nel pubblico. Coadiuva lo sviluppo di progetti di ricerca e territoriali a livello regionale, nazionale ed europeo. Navigo è altresì gestore del distretto tecnologico nautico più importante al mondo e ciò implica un aggiornamento continuo e un confronto costante con le tecnologie più avanzate di settore e le risorse provenienti dagli altri comparti, oltre che dal mondo delle università.
PM – Una delle maggiori carenze del settore nautico, specie in momenti come quelli che stiamo vivendo, con i cantieri al massimo della produzione, è la carenza di manodopera specializzata. Navigo si occupa anche di formazione? Come?
KB – La necessità dei cantieri è sempre più legata alla ricerca di personale specializzato. Proprio per questo da anni Navigo è attiva nella formazione di figure professionali legate all’industria nautica, inserendosi specialmente negli ambiti non coperti dall’offerta formativa degli istituti scolastici. Guidato da questa motivazione, nasce ISYL che si prefigge l’obiettivo di formare le future generazioni di professionisti del settore, educandoli tramite un metodo condiviso e in accordo con le normative vigenti.
Proprio in questi giorni è stato lanciato GIOYA: un progetto internazionale della Fondazione ISYL e di Navigo che mira a fornire al settore della nautica da diporto formazione universitaria sia per professionisti che per giovani studenti, riconoscendo e integrando esperienze professionali e di apprendimento pregresse.
PM – Il modello Navigo Toscana sembra funzionare molto bene e qualche tempo fa è stato “esportato” anche in Sardegna: perché non altrove?
KB – Navigo ha sede in Toscana ma ha una vocazione tutt’altro che regionale: eroga servizi in tutto il territorio italiano e non solo. Esiste infatti Navigo Malta ed è in fase di lancio una Navigo International che opererà sui territori mediterranei, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, oltre che per la parte produttiva, anche per quella del refit e della portualità.
PM – Parliamo di passione: è pensiero comune e forse troppo superficiale, che per essere imprenditore basti avere una solidità economica e una buona dose di intraprendenza; per quanto entrambe si possano possedere, un percorso imprenditoriale richiede prima di tutto passione. Che valore ha per lei e quale significato gli attribuisce?
KB – La passione è ciò che da sempre guida l’agire della mia Famiglia. Mio padre ha iniziato a lavorare fin da molto giovane guidato dalla grande passione per il mare e questa, unitamente alla sua estrema dedizione e all’esperienza maturata negli anni, ha caratterizzato la mia crescita. Siamo un’azienda che rimane fedele ai propri valori, ma che ha da sempre lo sguardo rivolto verso il futuro. Non potremmo farlo se non avessimo passione.
PM - Un’ultima domanda: e lei? Come donna, mamma, imprenditrice e manager, quali sono i suoi sogni nel cassetto?
KB – Mi ritengo molto fortunata. Ho due figlie meravigliose che non mancano di regalarmi soddisfazioni e un lavoro che mi appaga e a cui non potrei mai rinunciare. I sogni nel cassetto che avevo qualche anno fa, oggi sono diventati realtà…
Priscilla Baldesi