Paolo Vitelli durante i festeggiamenti per i 150 anni di Benetti
Paolo Vitelli, il nostro ricordo del fondatore del Gruppo Azimut Benetti
È stata un’uscita di scena improvvisa quella di Paolo Vitelli, una dipartita clamorosa sia per il valore della persona ma anche perché causata, almeno così sembra, da un banale incidente domestico per di più avvenuto nel giorno che per tutti è una festa, l’ultimo dell’anno. Ne siamo tutti spiazzati.
“Intraprendente, immaginifico, spregiudicato, visionario, ma sempre con dei parsimoniosi piedi per terra.” Così Roberto Franzoni, fra i giornalisti a lui più vicini negli oltre 50 anni di vita nella nautica, ha scritto di Paolo Vitelli su PressMare, qualche tempo fa. Possiamo solo aggiungere di aver sempre nutrito per lui quella stima e quel rispetto che meritano le grandi persone. È stato un onore conoscerlo, intervistarlo ma anche soltanto scambiare informalmente due chiacchiere sul nostro comune mondo delle barche. Sempre illuminante, sempre lucidamente avanti.
Quando all'ultimo Monaco Yacht Show abbiamo incontrato sua figlia Giovanna, ci ha raccontato dell’intensa estate trascorsa dal papà, scorrazzando felice in mare, col suo tender, da una caletta all’altra. Vogliamo immaginarlo ancora e per sempre così.
Buon vento, Paolo Vitelli.
Quello che segue è il testo dello “Speciale PressMare” scritto da Franzoni in occasione dei 50 anni di Azimut/Benetti. La storia del Gruppo e quella del suo fondatore sono inscindibili, pensiamo quindi sia la cosa migliore ricordare ai nostri lettori il percorso che ha portato entrambi a eccellere nell’ambito del comparto nautico, italiano e internazionale.
Il nostro Speciale è focalizzato sul cantiere da lui portato ai vertici della yacht industry globale, ciò che non viene menzionato è l’attività che ha visto impegnato Paolo Vitelli prima nel mondo associativo poi anche in politica.
Vitelli ricoprì la carica di presidente UCINA, oggi Confindustria Nautica, per due mandati, dal 1998 al 2006, creò i presupposti allo sviluppo del processo di internazionalizzazione del Made in Italy nautico e cercò di aprire un dialogo con politica e istituzioni per migliorare i rapporti e la sensibilità verso il mondo imprenditoriale legato alle barche, cantieri e filiera. Fra le iniziative più importanti nate durante la sua presidenza, la Legge sulla nautica del 2013 "Disposizioni per il riordino e il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico" e l'introduzione del leasing nautico.
Nel 2015 fu anche uno dei promotori di Nautica Italiana, associazione a sua volta confluita sotto l’egida di Altagamma, che accolse una cinquantina di aziende in contrasto con UCINA ma che fu poi sciolta nel 2019. La successiva riunificazione, avvenuta sotto la presidenza di Saverio Cecchi, non vide però l’adesione del Gruppo Azimut/Benetti, ancora oggi fuori da Confindustria Nautica.
Da marzo 2013 a settembre 2015 è stato deputato della Repubblica, eletto nella Lista Scelta Civica con Monti per l’Italia; è stato membro del Comitato per la Sicurezza della Repubblica (COPASIR) e delle Commissioni Trasporti e Finanza.
1969: nella nautica sorge la stella di Paolo Vitelli. Nasce Azimut
Chissà se il sedicenne e sorridente Paolo Vitelli, nel 1963, al timone del più popolare motore fuoribordo dell’epoca, l’Evinrude, poteva immaginare che la sua futura azienda, da attività commerciale originata da una passione e da un passatempo, si sarebbe trasformata in un'attività industriale d'avanguardia, nel più grande produttore mondiale di motoryacht e mega e giga yacht a motore, diventando un trend setter di soluzioni e applicazioni tecniche e tecnologiche, punti di riferimento per tutto il settore?
Intraprendente, immaginifico, spregiudicato, visionario, ma sempre con dei parsimoniosi piedi per terra, Paolo Vitelli raccoglie i primi fondi dalla vendita di uno tra i numerosi business che lo vedono impegnato durante il periodo universitario: il Tempo Sei, un locale notturno gestito con altri cinque amici.
Nelle estati degli stessi anni Vitelli affitta una barca ed esplora la costa francese: in lui matura una grande passione per il mare e per la navigazione e nasce l’idea di trarne profitto. Assieme a un amico comincia a noleggiare barche a vela al pubblico torinese: è il 1969, nasce Azimut.
Al Salone di Genova del 1970 Vitelli espone le barche che rappresenta, trainate con l'automobile per contenere i costi. Il giovane stand attira tra gli altri Franz Felix, numero due di Amerglass, il cantiere più moderno d'Europa, che offre ad Azimut la concessionaria di Amerglass per l’Italia.
La sfida commerciale prosegue e Azimut ottiene la rappresentanza di altri importanti cantieri, come Powless e Westerly. Con poche spese d'ufficio, poco personale, molta efficienza, e sempre un grande entusiasmo, a 24 anni Vitelli estende l'attività alla produzione.
La joint venture con Amerglass fonde esperienza olandese e artigianato italiano creando l'AZ 43' Bali, tra le più grandi barche in vetroresina dell'epoca prodotte in serie.
Con il mitico AZ 32' Targa nel ’77 nasce invece la più piccola barca per navigare in sicurezza a un budget contenuto: la visione di portare in mare un pubblico ampio è consolidata. Ricco di soluzioni abitative intelligenti, di componentistica di origine automobilistica, quella soluzione del tetto apribile, da cui il nome Targa, ancora una volta di origine automobilistica, consentiva di timonare in piedi con la testa fuori, prendendo il vento nei capelli. Fu una sorta di Ford T, se lo vogliamo paragonare alla motorizzazione di inizio secolo, o di Fiat 500, se pensiamo al nostro dopoguerra. Di certo fu un grande successo, perché trent'anni fa, il modello, molto tempo prima del boom della nautica a motore, fu riprodotto in duecento esemplari, e la sua costruzione continuò all'estero, in Gran Bretagna e in Francia.
Quelli tra il 1982 e il 1985 sono gli anni più significativi di questo periodo. Dopo essere entrato nella fascia dei grandi yacht con l’AZ 60 Solar di 18 metri e aver realizzato a Viareggio altri grandi yacht superiori ai 20 metri, introducendo per la prima volta un sistema di costruzione totalmente in outsourcing e con una rete di terzisti fidelizzati, con una geniale mossa Vitelli si lancia nella costruzione del più grande motoryacht in vetroresina a stampo del mondo – una barca da realizzare in serie! – schizzandone il concept su un tovagliolo di carta per un principe kuwaitiano durante una cena. Torna a Torino col tovagliolo e comunica con disinvoltura al suo piccolo stupefatto staff che costruiranno un 30 metri a stampo!
Nasce così il Failaka 105, che diventa un passaporto per nuove ambiziose imprese. Il suo nome deriva da una piccola isola kuwaitiana, nel Golfo Persico, in onore del suo primo armatore. Il megayacht – almeno per allora! – naviga a ben 32 nodi e offre comfort di bordo mai visti prima. Sbarca sul mercato americano per la prima volta al salone di Miami dove basta il modello di quel gigante per catturare l’interesse di Winthrop Rockfeller, padrone di Allied Marine, la più grande organizzazione di brokeraggio d’America, che ne diventa il concessionario per gli USA.
Lo yacht piace a una clientela modernamente ricca e attratta dal nuovo. Tra questi la coppia Christina Onassis e Thierry Roussel che comprano un Failaka in onore della figlia Athina. La barca porterà il suo nome. I tempi sono stretti e tutti, operai, arredatori, fornitori, danno il meglio. In cento giorni la barca viene consegnata a Skorpios per il battesimo della piccola Athina. Gli operai, che durante il viaggio hanno completato il lavoro, sbarcano poco prima che gli invitati arrivino sull’isola.
Ma il colpo grosso avviene rilevando il cantiere Fratelli Benetti di Viareggio, reduce dal fallimento a seguito della troppo impegnativa costruzione del Nabila per Adnan Kashoggi, il gigayacht di 86 metri, più piccolo solo del Britannia della Regina Elisabetta.
Negli stessi anni Paolo Vitelli si lancia alla conquista del Blue Ribbon, l’avvincente traversata atlantica senza rifornimento: il Gruppo si trova così al centro della cronaca internazionale, sportiva e mondana. Con un design firmato Pininfarina, nasce per l’occasione l’Azimut Atlantic Challenger, un possente scafo in allumino di 27 metri, costruito dal cantiere Benetti a Viareggio, motorizzato con 4 CRM di 1850 cavalli ciascuno con propulsione a idrogetto Riva Calzoni, un sacco di aziende e sponsor capaci di esprimere ancora un Made in Italy competitivo.
Cesare Fiorio è lo skipper, Dag Pike navigatore, e tutto sembra essere pronto per la partenza. All’ultimo si scopre però che il regolamento impone di trasportare almeno un passeggero pagante: è così che sale a bordo l’amico Winthrop Rockfeller. Al prezzo di un dollaro. La grande sfida che Vitelli vuole vincere è quella dell’autonomia. L’Azimut infatti non si fermerà mai, porterà nella sua pancia 80 tonnellate di gasolio con problemi tecnici non indifferenti per mantenere una velocità superiore a quella del transatlantico United States, detentore del record dal 1954. Problemi tecnici a uno degli invertitori non consentiranno di vincere la sfida, ma lo scopo di Vitelli di rinforzare la presenza commerciale di Azimut negli States è raggiunto.
Lo spirito innovativo, la ricerca dell'originalità, del mai realizzato, se non, addirittura, dello stupefacente, hanno portato Azimut a produrre una lunga serie di motoryacht di grandi dimensioni che, con estrema capacità realizzativa, venivano allungati, allargati, personalizzati, secondo le esigenze dei vari mercati a cui si rivolgevano, dal fishing cockpit per la pesca con un 27 metri nelle acque della Florida, al 118 Penthouse a idrogetto, uno yacht di estremo lusso, di squisito design e di grandi performance.
Parallelamente vengono introdotte tecniche della lavorazione automobilistica che ancora oggi contraddistinguono il marchio nel mondo. Azimut è riuscita a introdurre per prima, e con grande anticipo nel settore dei motoryacht, soluzioni mai viste prima, evoluzioni straordinarie di concetti abitativi e d'uso che hanno, non solo evoluto, ma addirittura rivoluzionato le concezioni di vita di bordo, di spazi, di ambienti, di volumi. Dai tempi dell'AZ 43, con i vetri incollati, una soluzione importata dal mondo automobilistico, ai vetri discendenti o rotanti mossi elettricamente, ancora importati dalla cultura e dalla componentistica dell'auto, alle finestre ellittiche sul 54 e sul 78 Ultra, al garage e alla vasca jacuzzi sul flying bridge del 100 Jumbo, al rivoluzionario layout del 46 con la cabina vip al centro, fino al 68 Plus che propone la cabina armatoriale centrale con le grandi finestrature verticali e svariate soluzioni mutuate dal mondo Benetti, che fanno di un 20 metri un piccolo megayacht, Azimut viene copiata dai cantieri di tutti i continenti, dagli europei, ai nordamericani, ai sudamericani.
Quello della copia, fenomeno insopprimibile che attanaglia la creatività degli innovatori, è sempre stato un problema per Azimut. La differenza fra creare e copiare non sta solo nell'originalità dell'idea, nel primato della creatività, ma è il frutto di un processo industriale da cui il prodotto esce come summa di molteplici competenze, frutto di una complessità di investimenti in tutti gli ambiti dell'interesse progettuale.
La qualità costruttiva, a partire dai materiali, l'ingegnerizzazione raffinata e minuziosa del progetto, le tecnicalità dell'impiantistica, la sicurezza di tutte le componenti della barca e quindi della barca in navigazione, sono il background, il "dietro le quinte" di scelte stilistiche avanzate e coraggiose, che rappresentano certo l'aspetto più attraente, ma che possono essere applicate solamente se parte di un processo complessivo. Non è stupefacente che tanti copino, o anche semplicemente adottino soluzioni identiche, è il destino dei capiscuola.
Ma le copie sono limitate alla facciata, a una porzione del tutto. Sono solo il recupero di alcune parti, certo importanti, di quel processo ideativo, costruttivo, industriale, che fa di una barca Azimut un prodotto unico nel settore.
Le dinamiche interne del cantiere, il centro studi, il centro stile, l'ufficio tecnico, i centri di ricerca, la robotizzazione non sono copiabili, sono interiorizzati nel Dna dell'Azimut e non sono né identificabili, né leggibili da nessuno. Questa organizzazione industriale, e questa approfondita specificità nel sistema produttivo, consentono di offrire agli armatori Azimut la Master Guarantee sui motori, sull'osmosi e sugli scafi per cinque anni, e il Master Service con l'innovazione del doppio tagliando ancora una volta di origine automobilistica. Questi tipi di service, e questa attenzione all'after sale, caratteristiche del mondo maturo e iperconcorrenziale dell'auto, sono stati molto apprezzati da una clientela sempre più esigente, sempre più coccolata, fino a essere viziata, dai produttori di beni di consumo, dalle auto alle cucine, dalle moto agli hi-fi. Azimut è il primo gruppo produttore di motoryacht ad aver metabolizzato questa cultura del servizio post vendita, ad averla trasformata in una dinamica attiva verso il consumatore.
La qualità costruttiva, a partire dai materiali, l'ingegnerizzazione raffinata e minuziosa del progetto, le tecnicalità dell'impiantistica, la sicurezza di tutte le componenti della barca e quindi della barca in navigazione, sono il background, il "dietro le quinte" di scelte stilistiche avanzate e coraggiose, che rappresentano certo l'aspetto più attraente, ma che possono essere applicate solamente se parte di un processo complessivo.
Azimut, fin dai suoi esordi, ha contribuito a creare quell'humus di intelligenze, di elaborazioni, di soluzioni che, dall'industria più avanzata del Paese, si potevano riversare a pioggia anche su altri settori di caratteristiche più artigianali e manifatturiere, nel senso etimologico del termine, come l'industria nautica. Certamente Vitelli e i suoi uomini hanno sempre avuto il coraggio di lanciare non solo il cuore, ma anche il cervello e le idee oltre l'ostacolo, per proporre al mercato non soltanto prodotti, ma prodotti originali, che addirittura potessero diventare generatori di comportamenti d'uso, di stili di vita, di modi nuovi di vivere il mare.
Dai primi passi nella produzione Azimut ha cercato, promosso e sponsorizzato la creatività di giovani architetti e designer. A parte una firma sicura come quella dell’ingegnere genovese Ugo Costaguta per la carena del 105 Failaka, Azimut ha lanciato nel firmamento dei grandi progettisti Terry Disdale, divenuto poi uno dei protagonisti sulla scena della progettazione di megayacht.
Negli anni 90 nasce la collaborazione con il giovane e vitale designer Stefano Righini, un’artista prima di essere uno yacht designer, che Vitelli adotta come stilista della casa e che da allora firma la gran parte delle imbarcazioni del cantiere. Il suo stile personalissimo ha fatto scuola, imponendo il design Azimut come standard dell’industria nautica mondiale, a partire da quella finestra ovale che ha segnato la svolta stilistica degli yacht di Avigliana, alle finestre a pinna di squalo che per il decennio successivo li hanno caratterizzati, alle finestrature a riquadri della serie S.
Negli interni la lunga collaborazione con Carlo Galeazzi ha contribuito a una definizione forte di uno stile Azimut combinato dagli esterni di Righini e dagli interni di Galeazzi che hanno esportato nel mondo quel Made in Italy raffinato ed esclusivo di cui Azimut è divenuto ambasciatore qualificato.
Con i primi anni 2010 entrano in cantiere altre figure creative come Francesco Guida, affermato stilista e designer di composita esperienza, Achille Salvagni, raffinato architetto d’interni, e più recentemente Alberto Mancini, giovane archistar di grande successo già pluripremiato a meno di 40 anni. Tutti introducono linguaggi contemporanei, che rileggono in chiave lussuosa un minimalismo confortevole composto di ricca semplicità, un apparente ossimoro che raggiunge invece vertici espressivi senza fronzoli, ma con la sostanza del segno e del materiale. Appassionato di car design, Mancini si ricollega a quella cultura dell’auto che aveva caratterizzato le origini del cantiere, origini torinesi, origini vicine al più grande fabbricante di auto d’Italia.
La tecnologia è stato un altro leit motiv progettuale e produttivo che ha caratterizzato l’excursus cinquantennale dell’azienda che dalle iniziali soluzioni mutuate e importate tout-court dall’automotive è passata a introdurre soluzioni tecniche tipiche del mondo nautico, dalla laminazione a infusione, a un uso sempre crescente del carbonio per le parti della sovrastruttura con lo scopo di alleggerire l’intero manufatto e di abbassarne notevolmente il baricentro per una migliore efficienza energetica ma anche per una più calibrata distribuzione dei pesi e una sempre migliore tenuta di mare.
La laminazione per infusione è nata principalmente per migliorare la qualità del laminato, e ha un vantaggio tecnico e uno ecologico. Nel processo, l'uomo non applica resina, ma si limita a posare i tessuti a secco, curando la precisione di posa. Il numero degli strati e la loro forma, viene determinato dal calcolo di struttura, eseguito da una macchina automatica da taglio. Il processo nacque nei paesi nordici, proprio per annullare le emissioni, poiché le leggi antinquinamento imponevano, già negli anni ottanta, emissioni di stirene inferiori a 40 mg/m3.
Azimut ha scelto come partner per il suo processo di infusione la svedese Diab, leader mondiale della tecnologia. Tutto lo stabilimento di Avigliana opera con il sistema a infusione, e il beneficio non si riflette solo sui suoi prodotti, ma anche sull'ambiente di lavoro, sul benessere dei lavoratori, sull'ambiente circostante in generale.
Dal punto di vista meccanico, dopo aver applicato tutti i tipi di propulsione disponibili dalla tradizionale linea d’asse all’idrogetto, alle eliche di superficie Arneson, oggi è stato adottato su larga scala il sistema Volvo Ips, che in 20 anni ha conquistato il mercato per la sua facilità d’uso per la facile manovrabilità a 360° che offre all’utilizzatore e per la capillarità della rete di assistenza.
Anche il mondo Benetti, così più sfaccettato e complesso per dimensioni degli yacht e variegatura dei suoi mercati, ha fruito della stessa dinamica propulsiva, innovativa e imprenditorialmente audace, a partire dalla vasta sede di Livorno sul sedime originario del cantiere Orlando, che Vitelli ha acquisito con coraggiosa visione – un’altra volta – per dare allo storico cantiere viareggino spazi degni di un cantiere navale di cui in Europa nessuno dispone in dimensioni similari.
Benetti oggi progetta, costruisce e commercializza imbarcazioni in composito, acciaio e alluminio da 29 a 45 metri, e imbarcazioni in alluminio e acciaio da 45 fino a oltre 100 metri. Sono 5 le categorie della gamma: Class, Oasis, B.YOND, B.Now e Custom. Class comprende gli yacht Benetti realizzati in vetroresina e include i modelli Delfino 95, Mediterraneo 116, Fast 125 e Diamond 145.
Oasis è sviluppata insieme allo studio inglese RWD per rispondere alle ultime tendenze in materia di design e progettualità ed esprime un concetto di lifestyle mai interpretato prima. Lo yacht è il frutto della collaborazione tra il cantiere e lo studio inglese RWD: un lavoro che è riuscito a coniugarsi con lo sviluppo degli interni realizzati dal prestigioso studio newyorkese Bonetti/Kozerski Architecture. B.YOND è il più recente prodotto Benetti: una nuova categoria di Expedition progettata secondo la tradizione e i desideri degli armatori. Uno yacht pensato all’insegna di una concreta razionalizzazione dei volumi e degli ambienti di bordo, della praticità e della privacy in tutti e 4 i ponti dell’imbarcazione.
B.YOND assicura comode e lunghe navigazioni con ridotto impatto ambientale grazie all’architettura propulsiva E-Mode sviluppata da Siemens per il cantiere. Il primo modello nato della categoria, B.Yond 37M, con scafo in acciaio e sovrastruttura in alluminio, ha volumi chiusi prossimi ad un megayacht da 50 metri e 500 GT in soli 37 metri distribuiti su 4 ponti. I 4 modelli presenti nella categoria B.Now sono offerti in quattro diverse lunghezze (50, 55, 63 e 68 metri) e nascono dalla collaborazione fra il cantiere e lo studio di architettura inglese RWD. Questi modelli incontrano le richieste degli armatori che desiderano grandi yacht e con tempi di consegna ridotti. La categoria Custom è composta da due famiglie di prodotto di yacht in acciaio e alluminio progettati su misura per gli armatori più esigenti, i Mega, imbarcazioni da 45 a 80 metri, e i Giga dagli 80 a oltre 100 metri di lunghezza.
Benetti è oggi l’unico cantiere privato in Italia, e uno dei pochissimi in tutto il mondo, in grado di costruire Giga yacht, la cui costruzione implica capacità tecniche, produttive, progettuali e finanziarie all’avanguardia. Nel corso del 2019 sono stati consegnati i primi tre 100+ per la cui costruzione sono stati realizzati appositamente a Livorno tre enormi capannoni e costituite squadre di tecnici dedicate.
Attualmente la produzione del gruppo si divide nei sei cantieri di proprietà: Avigliana, Viareggio, Livorno, Fano, Savona e Itajiaì (Brasile). Con 500 milioni di investimenti complessivi, un valore della produzione attuale di circa un miliardo (di cui il 50% circa generato dal marchio Benetti), il gruppo di Avigliana da vent'anni occupa stabilmente il primo posto in tutte le classifiche stilate da magazine ed enti internazionali, nell'ambito della nautica di super lusso, quella degli yacht oltre i 24 metri di lunghezza.
Anche nella comunicazione Azimut continua a essere un’azienda di riferimento. Nel 2018 ha esposto un S7, 21 metri di ultima generazione Azimut S7 alla Triennale Design Week di Milano, collocando l’imbarcazione nello spazio antistante l’ingresso principale del Palazzo dell’Arte sede della Triennale, tempio del design, con accanto, un’installazione multimediale per fare apprezzare la vista degli interni e provare un po’ dell’emozione della navigazione.
Nel 2019 un Azimut S6, 18 metri, sbarca nella celebre Times Square di New York, un coup de theatre con un'esclusiva installazione organizzata e realizzata con la collaborazione di Design Pavilion, e creata da FeelRouge Worldwide Show, già al fianco di Azimut per l'evento-esposizione alla Triennale di Milano.
Paolo Vitelli può essere soddisfatto di questi primi cinquant’anni che hanno portato Azimut a diventare il protagonista mondiale della nautica a motore e alla figlia Giovanna, nelle cui mani sta passando il testimone della gestione dell’impressa, resta la responsabilità dei prossimi cinquant’anni.
Roberto Franzoni
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